Canone RAI in bolletta: diminuisce la capacitazione del cliente finale e si aggrava il rischio credito per i venditori.
(di Francesco Piron)
Morosità nel mercato retail dell’energia elettrica e Bolletta 2.0.: un lungo percorso regolamentare a favore dei clienti finali e degli esercenti la vendita che rischia una battuta d’arresto con la recente approvazione della legge di Stabilità. Tutti gli effetti perversi del canone RAI in bolletta.
Il tema della morosità nel mercato retail dell’energia elettrica (ma lo stesso si potrebbe dire per i mercati del gas naturale, dei servizi idrici integrati, della telefonia ecc.) e la conseguente esigenza di tutela del credito sono sempre più all’attenzione degli esercenti la vendita di energia elettrica per i significativi effetti sulla loro gestione finanziaria e sui processi gestionali.
Sino a qualche anno fa la regolazione in materia era quasi esclusivamente volta alla tutela del consumatore ed alla promozione della concorrenza; non erano contemplati, di converso, a favore degli esercenti la vendita adeguati strumenti per contrastare i casi divenuti sempre più frequenti di morosità (complice anche la congiuntura economica), aggravati dal fenomeno, del pari in forte crescita, del c.d. “turismo energetico”. Ossia il comportamento di alcuni clienti finali che non pagando le ultime bollette, in vista del contestuale passaggio ad altro fornitore (switching), costringono il vecchio fornitore di energia a non disporre più di strumenti efficaci (ad es. la sospensione della fornitura) per tutelare il proprio credito, tenuto anche conto della circostanza che, nella maggior parte dei casi, gli importi insoluti sono tali da non giustificare il ricorso alla tutela giudiziaria.
Più di recente invero si è preso coscienza che prevenire il rischio di morosità ha lo scopo fondamentale di rendere più efficiente il mercato riducendo gli oneri di gestione del credito, apportando un beneficio a tutti gli operatori e, in particolare, ai clienti finali del servizio stesso, anche per l’incidenza che il rischio morosità ha nella determinazione del prezzo di mercato della fornitura di quel determinato servizio. Già nella consultazione avviata l’anno scorso con il DCO 477/2014/R/COM l’Autorità per l’energia elettrica, e il gas ed il sistema idrico rileva che il fenomeno della morosità ha “un impatto potenzialmente rilevante sui prezzi pagati dai clienti finali per le forniture di energia elettrica e di gas naturale”. In particolare la morosità nei mercati retail dell’energia determina sia un aumento indiretto di componenti presenti in bolletta previste per socializzare il credito di fornitori istituzionali sia un incremento sempre maggiore degli oneri finanziari e di gestione a carico delle società di vendita con conseguente ricadute sulla determinazione del prezzo offerto.
Più di recente, l’aggravarsi del fenomeno della morosità nel mercato elettrico - complice la congiuntura economica - hanno portato il regolatore di settore (l’Autorità per l’energia, appunto) ad introdurre, altresì, una specifica normativa confluita in un apposito testo integrato: Testo Integrato Morosità Elettrica – TIMOE, Allegato A alla deliberazione 258/2015/R/com (come del resto era già avvenuto a cominciare dal 2011 per il gas naturale con il Testo Integrato Morosità Gas – TIMG, Allegato A alladeliberazione ARG/gas 99/11).
Dopo un percorso iniziato già da diversi anni, la regolazione, ad oggi, sembra pertanto perseguire concretamente degli obiettivi importanti: tutelare i clienti in effettivo stato di difficoltà economica, evitando la sospensione della fornitura, ma allo stesso tempo, limitando i comportamenti opportunistici di alcuni di essi. Inoltre, i provvedimenti regolatori in materia stabiliscono sia misure a favore degli esercenti la vendita nel caso di morosità reiterata, sia una revisione della procedura di switching nel settore del gas naturale, al fine di ridurne le tempistiche e di responsabilizzare i distributori.
Più in generale si può affermare quindi che la riforma regolatoria in atto sul tema morosità (seppure non ancora del tutto completata) rappresenti, complessivamente, il frutto di un equo bilanciamento tra le varie istanze ma che soprattutto possa potenzialmente contenere il crescere del tasso della morosità.
In questo delicato scenario, ecco che il 22 dicembre scorso l’Assemblea del Senato ha approvato, con 162 voti favorevoli e 125 contrari, il disegno di legge di stabilità 2016, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia, e che contiene la contestatissima previsione che introduce l’addebito del canone RAI nelle bollette per le forniture di energia elettrica (da pagarsi in dieci rate). In questo modo, gli esercenti la vendita assumono anche la veste di esattori per lo Stato e, peraltro, “gratis et amore Dei”. Con l’unica nota positiva che la nuova previsione di legge ha quantomeno escluso alcuna forma di anticipazione a carico delle imprese elettriche. Ciò significa che, a differenza di quanto avviene con le componenti tariffarie (es. per il dispacciamento e trasporto dell’energia elettrica) che vengono anticipate dal venditore a prescindere dall’effettivo saldo da parte del cliente finale destinatario della fornitura di energia, l’esercente la vendita non è tenuto a versare all’erario il canone RAI non pagato da parte del consumatore.
Come assolutamente prevedibile, gli effetti di una simile previsione porteranno molteplici effetti negativi per gli esercenti la vendita di energia elettrica ma – il che è ancor più grave – per gli stessi utenti finali (!).
Anzitutto, l’aumento esponenziale e patologico della morosità, come dimostrato da recenti esperienze in ambito europeo. L’idea del canone in bolletta è, infatti, già stato sperimentato da qualche tempo, ad esempio in Grecia, con un risultato catastrofico. Circa due milioni di clienti sono attualmente morosi e rischiano di vedersi tagliata l'elettricità e il credito dell’azienda elettrica statale nei confronti delle famiglie greche è superiore ai 2 miliardi di euro (!). Nell’ingenua aspettativa, che sarebbe aumentata la compliance sul pagamento del canone televisivo, è accaduto invece che una fetta consistente della popolazione si è resa morosa non solo sul canone ma anche sui consumi di energia fatturati in bolletta.
A ciò si aggiunga, specie nella prospettiva degli esercenti la vendita, il sicuro profilarsi – senza adeguata “copertura” o riconoscimento economico da parte della regolazione – di nuovi e pesanti oneri a carico di tali società. Si pensi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, all’inevitabile incremento dell’attività di back office e di interfaccia con il cliente finale; all’esigenza di assumere nuove risorse dedicate alla gestione del credito; alle complicazioni gestionali legate alla gestione dei RID che dovrebbero essere programmati per importi diversi a seconda che la bolletta/fatturazione periodica comprenda o meno la rata del canone (con conseguente ovvio incremento delle revoche delle domiciliazioni, con danni conseguenti); all’incremento dell’attività di gestione delle rendicontazioni esterne relative ai canoni non pagati dai clienti finali.
Tutto ciò accade, oltretutto, in un delicata fase in cui, da un lato, si impongono nuovi ed onerosi adempimenti a carico degli esercenti la vendita per rendere la bolletta più chiara e comprensibile agli utenti finali (il riferimento è alla recente riforma regolatoria nota come “Bolletta 2.0.”) mentre, dall’altro, si delinea un percorso per il superamento della maggior tutela scommettendo su di un’effettiva competizione nei mercati retail tra operatori e su di una capacitazione del cliente finale.
Il regolatore conscio che oramai la previsione del disegno di legge “Stabilità” sull’inserimento del canone RAI in bolletta era cosa praticamente fatta, molto di recente è intervenuto con un’apposita delibera, la n. 610 del 2015. Tale provvedimento prevede che gli importi del canone RAI dovranno essere indicati in bolletta separatamente, nella voce “canone di abbonamento RAI”; che i clienti del servizio di fornitura di energia elettrica siano informati circa i mesi cui si riferiscono le rate addebitate e che, nella prima bolletta in cui verrà inserito il canone, sia contenuta una apposita comunicazione informativa.
Ora, seppure è apprezzabile il tentativo del regolatore di minimizzare al massimo le nefaste conseguenze dell’introduzione del canone in bolletta sui pilastri della riforma della bolletta, ossia la intellegibilità e la trasparenza della fattura energetica (entrambi quest’ultimi fondamentali per la tanto sbandierata esigenza di capacitazione del consumatore), è assolutamente ragionevole prevedere che il sovraccarico in bolletta di informazioni che nulla hanno a che spartire con il consumo di energia elettrica aumenterà significativamente la difficoltà di comprensione della bolletta per l’utente finale. A ciò si aggiunga che l’alternanza di bollette, alcune che includono il canone e altre no, aumenteranno esponenzialmente le difficoltà per il consumatore finale nel calcolare la relazione consumi/importi fatturati.
Ma ancor peggio, è più che probabile che l’anticipazione periodica delle spese per il canone RAI possa influenzare negativamente la disponibilità marginale a pagare, da parte degli utenti finali, alcuni servizi aggiuntivi offerti dagli esercenti la vendita. E’ possibile ad esempio che un utente finale, a fronte del maggiore esborso periodico per il canone RAI, possa decidere di rinunciare a servizi ulteriori assolutamente innovativi e utili come il monitoraggio dei propri consumi e altri connessi a interventi di efficienza energetica.
Ecco, alla luce di un tale scenario ci si chiede se il nostro legislatore abbia svolto la dovuta analisi costi-benefici, necessaria per un intervenire in un ambito così delicato e già regolamentato (senza poche difficoltà) dall’Autorità di settore. La risposta a tale retorico interrogativo sta in quanto fin qui detto.
(27 gennaio 2016)