Dialogo tra un imprenditore vitivinicolo (Bernardino Sani[1] ) e un avvocato esperto del settore (Paolo Biasin[2])
Risposte a qualche caso pratico in viticoltura
IMPRENDITORE: Buongiorno Avv. Biasin, come può immaginare operare in Italia in un settore come quello della viticoltura è divenuto oramai un percorso a ostacoli, tra centinaia di disposizioni locali, nazionali e comunitarie, spesso tra loro non coerenti e soggette a diverse interpretazioni, ostacoli burocratici e adempimenti amministrativi.
ESPERTO: Buongiorno Dott. Sani, purtroppo anche dalla mia esperienza, Le confermo che molti imprenditori del settore, nostri assistiti, debbono quotidianamente districarsi in una vera e propria selva di adempimenti e prescrizioni burocratiche.
IMPRENDITORE: Guardi avvocato, tra le tante tematiche critiche, si può partire – è proprio il caso di dire “dal basso” – dalla concimazione… Ebbene, mi chiedevo cosa prevede esattamente il quadro normativo circa i quantitativi massimi di distribuzione di letame per ettaro (nitrati nel terreno)? Valgono tali limiti anche per un qualsiasi concime chimico di sintesi?
ESPERTO: Per quanto riguarda la concimazione, osserviamo che tutta la tematica è oggetto di particolare attenzione sin dall’introduzione della c.d. direttiva “Nitrati”, n. 91/676/CEE. Con tale normativa, diretta principalmente alla tutela delle acque dall’inquinamento da azoto nitrico conseguente all’attività zootecnica ed agricola, l’Unione Europea ha fissato un limite allo spandimento degli effluenti zootecnici pari a 170 kg di azoto per ettaro (210 kg/ha per i primi quattro anni). Inoltre la direttiva ha imposto alla normativa nazionale e, successivamente, a quella regionale di individuare determinate zone vulnerabili (già inquinate o sottoposte a rischio senza un adeguato intervento) per le quali predisporre specifici programmi d’azione (ovvero presentare una specifica comunicazione ovvero un piano di utilizzazione agronomica PUA).
Le normative regionali in genere – quali ad esempio quelle della Toscana e del Veneto – nel definire la normativa di dettaglio, si sono in effetti concentrate, più che sui fertilizzanti di sintesi, principalmente sull’utilizzo degli effluenti da allevamento (letami e liquami) per i quali sono state previste delle restrizioni specifiche in tema di spandimento, stoccaggio etc., aspetti che evidentemente poco interessano i concimi chimici. Ciò anche in ragione del contenuto della direttiva comunitaria la quale prevede appunto la possibilità di stabilire specifiche restrizioni nell’impiego di concimi organici animali.
IMPRENDITORE: Ma Le sembra corretta la possibilità di regimi differenziati a seconda dei casi?
ESPERTO: La possibilità di un “regime differenziato”, ovvero della mancanza di un limite massimo di nitrati per ettaro, in caso di utilizzo di concimi chimici rispetto ai limiti espressamente indicati per i liquami, non sembra affatto coerente con le finalità della direttiva comunitaria. E’ proprio la direttiva a stabilire che i programmi di azione possono comportare l’adozione di misure dirette a limitare l’impiego di fertilizzanti contenenti azoto, indiscriminatamente sia di origine animale sia chimica e di sintesi; del resto, la principale finalità della direttiva è, come detto, proprio la tutela delle acque e la riduzione dell’inquinamento idrico.
Pertanto, pur essendo possibile rilevare una mancata esplicitazione normativa, si può comunque ritenere che si debba garantire la tutela dal rischio ambientale di inquinamento delle acque in tutti i casi in cui si utilizzino fertilizzanti contenenti azoto.
IMPRENDITORE: Interessante. Mi vien voglia di sottoporLe un altro tema spinoso, quello sull’abbruciamento dei residui agricoli.Mi risulta che lo scorso anno sia stata approvata una legge che non permette di bruciare i residui agricoli come avveniva in passato. Adesso, a distanza di un anno, sembra che si vada per quantitativi minimi giornalieri. In poche parole se uno fa un falò tutti i giorni può bruciare più di prima e nessuno può controllare. In concreto, noi lo scorso anno abbiamo acquistato una costosa macchina cippatrice di cui potevamo fare a meno per adeguarsi alla nuova legge.
ESPERTO: Per quanto attiene l’abbruciamento dei residui agricoli la normativa, sebbene anche in questo caso oggetto di vari interventi “stratificati”, risulta per certi versi più chiara e semplice. La disciplina di settore va rinvenuta nella legge n. 116/2014, di conversione del decreto legge n. 91/2014 (c.d. “Decreto Competitività”) e in particolare nell’art. 14 del decreto n. 91/2014, che disciplina vari aspetti relativi allo smaltimento dei rifiuti. Per quel che ci interessa, con riferimento alla bruciatura dei residui colturali, viene confermata l’esclusione dalla gestione dei rifiuti di una quantità giornaliera inferiore ai tre metri steri ad ettaro. Il testo definitivo della norma è il seguente:
“Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti.
Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata.
I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”.
Come si vede, la possibilità di bruciare, entro limiti giornalieri stabiliti, i residui colturali, non viene più presentata come una semplice deroga ma come una normale pratica colturale.Inoltre, i Comuni possono indicare non più i luoghi e i periodi in cui tale pratica è consentita, ma, al contrario, luoghi, tempi e modalità vietati. Per completezza, si deve anche considerare che, in sede di conversione del decreto n. 91/2014, è stata introdotta – sempre nel comma 8, recante le modifiche al Codice ambientale – una nuova norma di modifica dell’art. 256-bis (articolo, quest’ultimo, che aveva inserito nel Codice ambientale le sanzioni penali per la bruciatura dei rifiuti) escludendo da tali sanzioni la bruciatura di materiale vegetale.
Il testo è il seguente: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato”.Questa norma è senz’altro positiva, perché corregge un’evidente sproporzione – più volte segnalata da molte associazioni di categoria – che l’introduzione dell’articolo 256- bis nel Codice ambientale aveva creato.
IMPRENDITORE: Ma allora ciò significa una sorta di totale depenalizzazione dell'abbruciamento di materiale?
ESPERTO: No questo non deve essere interpretato come una totale depenalizzazione della bruciatura dei materiali vegetali. Infatti, nei casi in cui non vengano rispettati i limiti ed i termini fissati dalla legge, l’attività di abbruciamento dei materiali vegetali resta comunque sottoposta al regime sanzionatorio previsto dall’art. 256 dello stesso Codice ambientale (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata).
IMPRENDITORE: Avvocato La ringrazio molto per questi primi spunti, avere la possibilità di confrontarsi sul piano giuridico su questi temi è un’opportunità preziosa.
ESPERTO: Dott. Sani è stato un piacere. Sono felice che, grazie ad un rivista come “Il Merito”, attenta alle esigenze concrete degli imprenditori, ci sia l’occasione di condividere con chi opera “sul campo” queste nuove tematiche del settore vitinicolo.
[1] Il dott. Bernardino Sani è un noto imprenditore del settore: enologo, è amministratore delegato dell’azienda agricola Argiano S.p.A – Montalcino (SI).
[2] L’avv. Paolo Biasin è avvocato presso lo Studio Macchi di Cellere Gangemi di Verona, esperto di agro alimentare.