Blockchain: uno sguardo oltre il Bitcoin (di Francesco Laschi)
“In a world with many blockchains and hundreds of tradable tokens built on top of them, entire industries are automated through software, venture capital and stock markets are circumvented, entrepreneurship is streamlined, and networks gain sovereignty through their own digital currency. This is the next phase of the Internet.”
(Olaf Carlson-Wee, Fondatore e CEO di Polychain Capital, ex Risk Manager di Coinbase)
Con la crescita del mercato delle criptovalute, la tanto chiacchierata blockchain sta riscuotendo un grande successo, presentandosi come il nuovo paradigma disruptive, che rivoluzionerà l’odierno internet. Per parlare di questo innovativo tema dobbiamo per forza di cose partire da una definizione - premettiamo - non di facile comprensione. Il sito specializzato Blockchain4innovation (http://www.blockchain4innovation.it/esperti/blockchain-perche-e-cosi-importante/) afferma che il blockchain “più che una tecnologia è un paradigma, un modo di interpretare il grande tema della decentralizzazione e della partecipazione. Per questo come naturale esistono diverse declinazioni, diverse interpretazioni e diverse definizioni della Blockchain”. Il sito ne elenca ben 8, e tutte utili a delineare i tratti di uno strumento, sì complesso, ma fondato su un’idea forte di condivisione, che va ben oltre il tema pur attuale delle criptovalute.
In estrema sintesi, e semplificando, il blockchain è, infatti, un database distribuito: un database che non si trova fisicamente solo su un server (computer), ma su più computer nello stesso momento, tutti perfettamente sincronizzati sugli stessi documenti. In questo modo l’informazione è reperibile in maniera molto rapida, in quanto la potenza di calcolo sfrutta la potenza di tutti i computer connessi. In questo modo si può realizzare una assoluta trasparenza, anche dando vita ad archivi immutabili e condivisi. Le implicazioni con riferimento ai rapporti tra privati e tra privati e pubblica amministrazione sono, ovviamente, assai estese.
In effetti, l’interesse per questa nuova materia nasce soprattutto dalle possibili applicazioni, non soltanto legate a Bitcoin o Ethereum: il blockchain è infatti un ecosistema formato che permette privacy, sicurezza, trasparenza, movimenti peer to peer, costruzione di una community, il tutto tramite un meccanismo “a blocchi”.
Tra le applicazioni, possibili e più interessanti, emergono quelle legate alla privacy. Pensiamo alla massiva presenza dei big tecnologici, come Facebook e Amazon, nel nostro quotidiano e alla mole di dati raccolti quotidianamente; la logica del blockchain fa sì che sia l’utente a comandare su questi dati, con maggior sicurezza, controllo e tracking dei dati stessi. In un futuro perché quindi non aspettarsi addirittura una remunerazione per il trasferimento dei dati privati? Molte start up si stanno muovendo proprio verso questo nuovo universo, per dare all’user finale il potere di disporre e vendere i propri dati.
Altra rilevante applicazione è quella nel campo media, advertising, social media management, dove la “catena di blocchi” apporta numerose migliorie grazie ai caratteri di trasparenza, immediatezza, sicurezza e verifica dei dati immagazzinati. Pensiamo ad esempio ai flussi di fake news con cui social e media combattono ogni giorno: Mindshare, una global media agency, ha stretto una partnership con Zilliqa che, attraverso il suo protocollo blockchain, riesce, da un lato, a prevenire le false notizie e, dall’altro, sta creando un sistema di token payment per i pagamenti degli editori (ad un ritmo di migliaia di transazioni al secondo contro le 3/7 al secondo di Bitcoin).
Lo stesso protocollo potrebbe aiutare l’advertiser a analizzare in tempo reale i movimenti del fruitore, le sue impressioni, il numero di visualizzazioni, rivoluzionando, di fatto, il mercato pubblicitario ed editoriale online. Inoltre, ricordiamo che ogni passaggio in blockchain è verificabile e ciò consente di difendersi meglio da truffe di falsi advertise online.
Anche le nuove professioni social potrebbero trovare nel sistema a blocchi un valido alleato, grazie a peer to peer, real time e trasparenza nel passaggio di informazioni. È il caso delle start up Synereo e Steemit che puntano alla remunerazione in tempo reale dei contenuti prodotti sui social network da parte dei social media manager, attraverso un sistema di pagamenti criptografati.
Infine, pensiamo al mondo degli smart contract, contratti che aggirano e evitano i problemi generati dall’applicazione/interpretazione delle clausole contrattuali, tramite un protocollo online che facilità l’esecuzione dei contratti, nonché verifica e assicura l’efficacia di pagamento e negoziazione[1]. L’introduzione di tali nuove forme di contratto sta già prendendo piede in campo assicurativo: caso esemplare quello di AXA che ha utilizzato i contratti smart per assicurare contro i ritardi degli aerei, in modo da poter offrire una remunerazione immediata dell’assicurato in caso di verificazione dell’evento. Naturalmente, con l’evoluzione dell’automotive, si può facilmente immaginare che simili contratti possano emergere anche nel settore auto e motociclo.
La logica della blockchain è quella di un ritorno alla completa trasparenza, alla disponibilità dei propri dati, in grado di risolvere molte delle problematiche in materia di tutela della privacy.
Da questo punto di vista le implicazioni nella sfera della protezione dei dati possono essere molte. Di sicuro:
- La blockchain garantisce che i dati non vengano manomessi, in quanto distribuita su più blocchi;
- Il sistema distributivo rende accessibili, a tutti gli utenti della catena, i dati mascherati (sotto forma di chiave criptografata);
- La blockchain garantisce maggiore difficoltà di hackeraggio grazie alla distribuzione decentrata dei dati.
In sostanza, la blockchain protegge i dati e maschera il loro contenuto; i problemi nascono quando bisogna individuare provenienza e fonte di elaborazione dei dati (impossibile con il meccanismo a blocchi). Ragion per cui appare molto difficile anche individuare un responsabile del trattamento dei dati.
Inoltre, i dati inseriti nella blockchain sono difficilmente aggiornabili, modificabili e eliminabili in quanto condivisi con più utenti; ciò rende molto difficile garantire il diritto all’oblio di cui parla il regolamento Europeo GDPR (General Data Protection Regulation) all’Art. 17 - “Right to Erasure” - dove si legge:
(…) The data subject shall have the right to obtain from the controller the erasure of personal data concerning him or her without undue delay and the controller shall have the obligation to erase personal data without undue delay (…)
Come si vede, da un lato, la blockchain può, per le sue caratteristiche tecniche, garantire la privacy, ma non pare assolutamente agevole rendere complementare questa tecnologia con la normativa vigente, costruita su un modello di conservazione dei dati totalmente diverso.
(1 marzo 2018)
[1] Per approfondire: http://www.blockchain4innovation.it/mercati/legal/smart-contract/blockchain-smart-contracts-cosa-funzionano-quali-gli-ambiti-applicativi/