Il regime di incompatibilità dei docenti universitari (di Luca Busico)
Sommario: 1) Premessa. - 2) Le incompatibilità dei docenti universitari. - 3) Le consulenze. - 4) Brevi conclusioni.
- Premessa
L’aggiornamento 2017 al Piano nazionale anticorruzione 2016, approvato dall’Autorità nazionale anticorruzione con la delibera n. 1208 del 22 novembre 2017[1], concentra l’attenzione su alcune amministrazioni “caratterizzate da notevoli peculiarità organizzative e funzionali”, tra cui le istituzioni universitarie. Lo scopo dell’aggiornamento è di indicare ai soggetti, che nel sistema universitario assumono le decisioni pubbliche più rilevanti, come procedere all’individuazione dei rischi di corruzione, di malamministrazione o di conflitto di interessi, nonché di suggerire alcune possibili misure, organizzative e procedimentali, di prevenzione.
L’Autorità nazionale anticorruzione, dopo aver ricordato che le università, essendo ricomprese nel novero delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2 del d.lgs. n. 165/01, sono tenute ad adottare il piano triennale di prevenzione della corruzione, individua varie aree a rischio corruzione presenti negli atenei, tra cui, in particolare, la ricerca, la didattica, il reclutamento del personale docente e le incompatibilità del personale docente.
Le indicazioni contenute nel suddetto aggiornamento sono state recepite dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che ha adottato apposito “Atto d’indirizzo” rivolto alle Università[2].
2. Le incompatibilità dei docenti universitari
La materia delle incompatibilità dei docenti universitari é disciplinata dall’art. 6, commi 9, 10, 11 e 12 della l. n. 240/10[3], da cui emerge una tripartizione tra incompatibilità assolute, incompatibilità relative e attività liberalizzate.
Per quanto concerne le incompatibilità assolute, l’art. 6, co. 10 prevede che la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria. La previsione, che ricalca l’art. 60 del D.P.R. n. 3/57, è funzionale alla realizzazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), che risulterebbero vanificati dall’espletamento da parte dei pubblici dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto. Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti attività caratterizzate da intensità, continuità e professionalità, potrebbero, infatti, turbare la regolarità del servizio, o attenuare l’indipendenza del dipendente e il prestigio della pubblica amministrazione[4].
Nell’ampia nozione di esercizio del commercio e dell’industria rientra anche l’assunzione di cariche gestionali in società costituite a fini di lucro (amministratore, consigliere, sindaco, liquidatore)[5], mentre la mera titolarità di quote del patrimonio sociale a soli fini di investimento finanziario con conseguente acquisizione dello status di socio è ovviamente compatibile[6].
I regolamenti di diversi atenei hanno individuato, quale fattispecie esclusa dall’incompatibilità in questione, la figura dell’amministratore indipendente, prevista dall’art. 147-ter, co. 4 del d.lgs. n. 58/98 (T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), in base alla considerazione che trattasi di soggetto dotato unicamente di poteri di controllo della correttezza dei processi decisionali e della qualità degli assetti organizzativi, ma privo di poteri esecutivi. Di diverso avviso si è mostrato il Consiglio di Stato in sede consultiva, che ha ritenuto non compatibile con lo status di docente l’incarico di amministratore indipendente, in quanto equiparato, per responsabilità, poteri di sorveglianza e di controllo, all’amministratore esecutivo[7].
Inoltre, l’art. 6, co. 9 della l. n. 240/10 dispone per i docenti a tempo pieno il divieto di esercizio di attività libero-professionale[8], la quale, in base al costante indirizzo della Corte di Cassazione[9], é una nozione aperta, qualificata per la presenza dei requisiti di professionalità (intesa sotto il profilo della continuità del suo esercizio) e di intellettualità (intesa come erogazione a favore dei terzi di prestazioni a carattere tecnico-intellettuale) e identificabile anche laddove non sia imposta, a chi intenda esercitarla, l'iscrizione in appositi albi o elenchi.
La Corte dei Conti ha evidenziato che l’esercizio di attività libero-professionale ricorre anche nell’ipotesi di una pluralità di attività astrattamente ricomprese tra quelle liberamente espletabili, se poste in essere occasionalmente e sporadicamente, ma connotate in concreto da inequivoci profili di continuità, intensità e sistematicità[10].
Lo svolgimento di attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative è, invece, consentito, ai sensi dell’art. 6, commi 10 e 12 della l. n. 240/10, ai professori e ai ricercatori a tempo definito, purché ciò non determini situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza[11].
Per quanto concerne le incompatibilità relative, l’art. 6, co. 10 della l. n. 240/10 individua alcune attività, che i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere previa autorizzazione del rettore: attività didattiche, attività di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro[12].
Per quanto l’autonomia regolamentare non possa spingersi a innovare il quadro normativo primario, non vi è dubbio che la regolamentazione diffusa possa essere causa di ulteriori incertezze applicative. Per tali ragioni l’Atto d’indirizzo ministeriale del maggio 2018, su indicazione contenuta nell’aggiornamento 2017 al Piano nazionale anticorruzione 2016, ha dettato delle linee al fine di rendere omogenee e univoche le fattispecie di cui all’art. 6, co. 10 della l. n. 240/10.
Oggetto di diversi contenziosi è la questione della possibilità di rilascio da parte degli atenei di autorizzazione postuma a sanatoria di incarichi già espletati. La giurisprudenza esclude tale possibilità, in quanto la normativa in materia depone nel senso della necessità di autorizzazione preventiva degli incarichi esterni, al fine della verifica della sussistenza di conflitti di interesse e della possibile incidenza sul regolare svolgimento delle attività istituzionali[13].
L’espletamento di tali attività non deve determinare situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, né produrre detrimento al corretto e proficuo svolgimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali.L’art. 6, co. 10 della l. n. 240/10 dispone che i professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche a titolo oneroso, le seguenti attività: valutazione e referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, collaborazione scientifica e consulenza, comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, attività pubblicistiche ed editoriali. La genericità e l’indeterminatezza di alcune delle suddette nozioni (come la consulenza, la collaborazione scientifica, la comunicazione e la divulgazione scientifica e culturale) rende difficoltosa l’individuazione di ciò che è libero e ciò che è vietato[14]. Inoltre ciascun ateneo, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, ha differentemente disciplinato le attività liberalizzate, sia per quanto concerne la definizione e l’individuazione delle stesse, sia per quanto concerne la gestione concreta. Diversi atenei, o per verificare l’esatta interpretazione delle vigenti norme, o per asserite esigenze di riscontro dei conflitti di interesse, prevedono nei propri regolamenti una comunicazione (destinata a mera presa d’atto) da parte del docente. In tal caso la mancata comunicazione, a differenza di quanto avviene per la mancata autorizzazione, non può avere conseguenze sul piano disciplinare in assenza di un obbligo legislativo sul punto.
3. Le consulenze
L’art. 6, co. 10 della l. n. 240/10 indica le consulenze tra le attività liberamente espletabili dai docenti a tempo pieno.
Al concetto di consulenza è riconducibile uno spettro di attività piuttosto ampio e variegato, soprattutto tenendo conto delle diverse aree disciplinari coinvolte.
Due recenti sentenze della Corte dei Conti si sono soffermate sulle consulenze svolte da professori universitari a tempo pieno[15].
La sezione regionale emiliana della Corte ha affermato che il più volte citato art. 6, co. 10, nell’elencare le attività liberamente svolgibili, utilizza locuzioni composte da due parole appartenenti alla medesima categoria e unite dalla congiunzione “e” in relazione di uguaglianza o quasi-uguaglianza tra i due termini, per cui ogni singolo termine del binomio si pone in rapporto di specificazione, completando il significato dal termine a esso collegato. Seguendo tale impostazione l’attività di consulenza non può essere intesa come qualcosa di diverso dalla collaborazione scientifica, di cui conserva la stessa natura e caratteristiche.
La prima sezione centrale d’appello della Corte ha richiamato il suddetto percorso argomentativo, precisando che la consulenza non può in alcun modo essere volta alla risoluzione di problematiche concrete, in quanto finirebbe per coincidere con l’attività libero-professionale, incompatibile, in base all’art. 6, co. 9 della l. n. 240/10, per i docenti a tempo pieno.
Tale conclusione desta qualche perplessità, perché finisce per ridurre al minimo la possibilità per i professori a tempo pieno di espletare attività di consulenza, che generalmente presuppone la necessità di fornire soluzioni a problemi pratici e concreti[16].Alcuni dei suddetti parametri risultano piuttosto farraginosi e forieri di complicazioni: non sarà per niente agevole stabilire in concreto quali attività siano riconducibili o meno alla figura professionale di riferimento, quali tematiche siano connesse o meno all’ambito disciplinare di appartenenza.
La giurisprudenza del giudice contabile è stata presa in debita considerazione nell’Atto d’indirizzo ministeriale del maggio 2018, che prova a definire i caratteri della consulenza lecita. Nel dettaglio secondo l’atto ministeriale la consulenza deve essere: 1) non abituale, ma saltuaria; 2) non caratterizzata da attività tipicamente riconducibili alle figure professionali di riferimento; 3) espletata in qualità di esperto della materia, in quanto studioso della relativa disciplina e mediante applicazione dei risultati conseguiti con i propri studi, nelle tematiche connesse al proprio ambito disciplinare; 4) conclusa mediante rilascio di un parere, una relazione o uno studio.
4. Brevi conclusioni
La materia delle incompatibilità dei docenti universitari è e sarà oggetto di innumerevoli contenziosi, soprattutto con riferimento alle attività liberalizzate. Sarà compito della giurisprudenza delineare i confini delle attività legittimamente espletabili dai docenti a tempo pieno.
Ad avviso di chi scrive è indispensabile tener conto, oltre che dei dettami di legge e dei percorsi della giurisprudenza, del parametro del buon senso: una consulenza sporadica e isolata da parte del docente a tempo pieno è sicuramente ammissibile, non lo sono decine di consulenze l’anno, soprattutto se svolte utilizzando i mezzi (apparecchiature, software)) dell’ateneo di appartenenza.
- Le opinioni espresse sono a titolo personale e non impegnano, in alcun modo, l’Istituzione di appartenenza: Università di Pisa.
[1] In www.anticorruzione.it.
[2] Cfr. Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Atto d’indirizzo 14 maggio 2018 n. 0000039, in www.miur.gov.it.
[3] Cfr. Morzenti Pellegrini, Il regime di incompatibilità proprio dei docenti universitari a tempo pieno, in Il lav. nelle p.a., 2016, 431.
[4] Cfr.: TAR Abruzzo-L’Aquila, sez. I, 25 gennaio 2013 n. 96, in Foro amm. Tar, 2013, 179; C. Conti, sez. I centr. app., 2 novembre 2017 n. 438, in www.corteconti.it.
[5] Cfr.: C. Conti, sez. giur. Liguria, 9 ottobre 2017 n. 155, ivi; TAR Puglia-Lecce, sez. II, 16 novembre 2018 n. 1660, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] Cfr.: Cons. St., sez. IV, 4 giugno 1985 n. 271, in Cons. St., 1985, I, 1088; Cons. St., sez. III, 27 novembre 2014, n. 5865, in www.giustizia-amministrativa.it; C. Conti, sez. giur. Lombardia, 31 ottobre 2018 n. 216, in www.corteconti.it.
[7] Cfr. Cons. St., sez. II, 10 dicembre 2013 n. 4789, in www.giustizia-amministrativa.it.
[8] Cfr.: C. Conti, sez. giur. Campania, 29 marzo 2015 n. 305, in www.corteconti.it; C. Conti, sez. giur. Liguria, 29 ottobre 2015 n. 88, in Lexitalia.it, n. 11/2015 con nota di NIGLIO; C. Conti, sez. giur. Friuli Venezia Giulia, 29 giugno 2018 n. 47, in www.corteconti.it.
[9] Cfr. Cass., sez. un., 10 dicembre 2013 n. 27493, in Foro it., 2014, I, 813 con nota di GRASSO.
[10] Cfr.: C. Conti, sez. giur. Emilia Romagna, 29 giugno 2017 n. 150, in www.corteconti.it; C. Conti, sez. giur. Lombardia, 29 settembre 2017 n. 140, ivi. Nello stesso senso anche TAR Sardegna, sez. I, 21 dicembre 2015 n. 1212, in www.giustizia-amministrativa.it.
[11] Cfr.: Cons. St., sez. III, 15 giugno 2017 n. 2933, in Foro amm., 2017, 1227; TAR Emilia Romagna-Parma, sez. I, 11 luglio 2018 n. 185, in www.giustizia-amministrativa.it.
[12] Cfr. C. Conti, sez. giur. Lombardia, 29 settembre 2017 n. 140, in www.corteconti.it, secondo cui rientra in tale fattispecie autorizzatoria l’incarico di componente del nucleo di valutazione di un istituto scolastico.
[13] Cfr.: TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 7 marzo 2013 n. 614, in in Foro amm. Tar, 2013, 776; TAR Calabria-Reggio Calabria, 14 marzo 2017 n. 195, in Foro amm., 2017, 778; TAR Emilia Romagna-Parma, sez. I, 17 luglio 2017 n. 263, ivi, 1680.
[14] Cfr. Marzuoli, La riforma dell’Università - Lo stato giuridico e il reclutamento: innovazioni necessarie, ma sufficienti?, in Giorn. dir. amm., 2011, 361.
[15] Cfr.: C. Conti, sez. giur. Emilia Romagna, 14 aprile 2015 n. 37, in www.corteconti.it; C. Conti, sez. I centr. app., 17 marzo 2017 n. 80, in Giur. it., 2018, 178 con nota di VALDITARA.
[16] Cfr. Valditara, Riflessioni critiche sull’interpretazione giurisprudenziale del regime di incompatibilità dei professori universitari a tempo pieno nella Legge Gelmini: la nozione di “consulenza” e di “attività libero-professionale”, in Giur. it., 2018, 179.
(3 dicembre 2018)