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Oltrepassamento della regolazione. Il nuovo paradigma dei servizi pubblici locali (di Simone Lucattini)

Il nuovo volto delle società pubbliche che erogano servizi d’interesse economico generale può essere osservato anche da una prospettiva per così dire "esterna" rispetto a quella che si concentra sulle deroghe al diritto delle società, sull’estensione a tali società delle discipline sull’attività amministrativa, sulla disciplina applicabile ai dipendenti e sui regimi societari: la prospettiva della regolazione ad opera di autorità amministrative indipendenti. Regolazione che costituisce una presenza condizionante, in grado di incidere sugli assetti e sulle linee d’azione delle società a partecipazione pubblica erogatrici di servizi pubblici a livello locale (acqua, rifiuti, trasporti). Di riflesso, a contatto con il mondo dei servizi pubblici locali e delle partecipate (oggetto di discipline inscindibili destinate a intersecarsi), il paradigma classico della regolazione sembra mutare, evolversi, facendo registrare scostamenti, alterazioni, variazioni di accenti e tonalità.

 

La relazione partecipate-servizi pubblici locali/regolazione locali appare, dunque, biunivoca e si presta ad una lettura duale, in termini di presenza/assenza della regolazione.

 

 

Assenza/presenza della regolazione

 

Nel mondo dei servizi pubblici locali e delle società partecipate il binomio presenza/assenza della regolazione assume valore euristico per effetto dell’incompletezza e lacunosità delle normative (l’assenza) e della capacità di incisione mostrata dalla regolazione (la presenza). Ma procediamo per ordine.

L’assenza della regolazione costituisce una critica ricorrente alle varie discipline succedutesi nel tempo in materia di servizi pubblici locali: si è osservato (Cammelli) come all’"affollamento istituzionale" (comuni, autorità d’ambito, autorità nazionali – Autorità di vigilanza sui contratti pubblici/Autorità nazionale anticorruzione e Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) – agenzie cittadine) caratteristico del settore corrispondesse, solitamente, l’assenza di un disegno regolatorio complessivo, coll’istituzione, in apice al sistema, di autorità regolatrici di settore. Il vuoto è stato colmato nel 2011, con l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti, e con l’attribuzione all’Autorità per l’energia delle competenze regolatorie nel settore idrico e, forse chissà in un prossimo futuro, in quello dei rifiuti.

La regolazione faceva invece sentire con forza la propria presenza nel TU sui servizi pubblici locali, rimasto però come noto a livello di schema a seguito dell’intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 251 del 2016); al contrario, nel TU partecipate (decreto legislativo n. 175/2016) non compare alcun riferimento alla "regolazione in senso proprio", ossia la regolazione delle autorità di regolazione, quelle semi-indipendenti, per natura diverse dall’Antitrust, autorità di garanzia per definizione.

Più in dettaglio, lo schema di TU sui servizi pubblici locali, al capo II – "Competenze delle Autorità indipendenti" –, del Titolo IV – "Organizzazione e allocazione dei poteri di regolazione, vigilanza e controllo" –, attribuiva alle autorità di regolazione di settore il potere di predisporre schemi di bandi di gara e contratti tipo, nonché di individuare i costi standard dei servizi pubblici locali e i livelli minimi di qualità. Le medesime autorità potevano inoltre svolgere un ruolo di consulenza degli enti d’ambito, esprimendo un parere circa i profili economici e concorrenziali (unitamente all’AGCM) relativi alla suddivisione in lotti degli affidamenti (art. 15). All’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico venivano poi attribuite nuove competenze regolatorie in materia di rifiuti (art. 16) e, infine, modificate le competenze dell’Autorità di regolazione dei trasporti, chiamata ad esempio, nel trasporto pubblico locale, a definire gli schemi di contratto di servizio per quelli esercitati in house da società pubbliche o a partecipazione pubblica maggioritaria (art. 17).

Come si diceva, il TU partecipate non contempla il ruolo delle autorità di regolazione, menzionando soltanto AGCM cui vanno trasmessi gli atti deliberativi di costituzione di nuove società o di acquisizione di partecipazioni, dirette o indirette, in società esistenti affinché valuti l’eventuale esercizio dei poteri di impugnazione ex art. 21-bis legge 287/1990. All’Antitrust sembra volersi così riconoscere una funzione lato sensu regolatoria, che va oltre quella sua tipica di garantire la concorrenza sanzionando ex post gli illeciti antitrust. AGCM sembra infatti possedere un potere di ricorso e, indirettamente, anche di conformazione del mercato attraverso la diffida-parere che se, da un lato, costituisce presupposto processuale indefettibile per l’azione giurisdizionale, dall’altro, serve a stimolare l’adeguamento delle pubbliche amministrazioni ai principi di concorrenza.

Ci si può chiedere a questo punto che spazio debba riconoscersi alla regolazione "in senso proprio", quella delle autorità di regolazione. La risposta è che la regolazione, assente nelle norme, costituisce però una presenza percepita e percepibile nel mondo delle partecipate e dei servizi pubblici locali.

In realtà, il legame tra partecipate e autorità indipendenti di regolazione è persino "genetico". Già l’art. 1-bis del decreto legge n. 332/1994 subordinava espressamente le dismissioni delle partecipazioni azionarie pubbliche nei settori strategici (energia, telecomunicazioni) alla istituzione di "organismi indipendenti per la regolazione delle tariffe ed il controllo della qualità dei servizi di rilevante interesse pubblico". Ma tra servizi pubblici locali e grandi servizi a rete v’è, come noto, una differenza di fondo: in questi ultimi si è affermata la concorrenza nel mercato; nei primi la formula, per così dire "ridotta" - una editio minor - della concorrenza per il mercato (con le società per azioni in house e le società concessionarie miste). Come c’insegna Merusi, nel mondo dei servizi pubblici nazionali la regolazione indipendente persegue il proprio fine tipico, di affermare o simulare la concorrenza; nei servizi pubblici locali deve invece fare quasi sempre i conti con l’assenza di un mercato rilevante in cui poter anche soltanto simulare la concorrenza. E allora come può la regolazione affermare la propria presenza anche nel mondo dei servizi pubblici locali? In due modi, essenzialmente. In primo luogo, favorendo – di fatto – le possibili esternalizzazioni; in secondo luogo, rendendo "sopportabile" l’in house.

Sul primo versante, la continua oscillazione tra "municipalizzazione" (in house) e "esternalizzazione" (affidamento tramite evidenza pubblica oppure affidamento a società mista il cui socio sia scelto con evidenza pubblica) può essere condizionata dalla presenza di una autorità di regolazione, nel senso che il ruolo "di garanzia" (di garanzia del ritorno di investimenti di lungo periodo che necessitano di un quadro regolatorio tendenzialmente stabile) svolto da tale soggetto potrebbe arginare la tentazione di considerare quella della gestione diretta pubblica o dell’in house come l’unica soluzione (Fracchia).

Quanto all’in house, unicamente per effetto di una forte attività regolatoria pare poter essere accettata l’opzione massicciamente seguita per gli affidamenti in house, senza far registrare pregiudizi in capo agli utenti (Boscolo). Mi riferisco qui soprattutto ad una regolazione che miri a definire standard di qualità nell’erogazione del servizio, presidiati da un sistema di indennizzi automatici, e che magari si chiuda con un sistema extragiudiziale di risoluzione delle controversie dei consumatori e utenti.

 

 

L’oltrepassamento della regolazione

 

La regolazione, messa a contatto col variegato mondo dei servizi pubblici locali e delle società erogatrici, sembra discostarsi dal suo paradigma dogmatico classico, quello inventato dal Prof. Littlechild e inveratosi negli anni Ottanta in Gran Bretagna. Si assiste ad una sorta di oltrepassamento, quasi nel senso heideggeriano del termine, in cui ciò che è oltrepassato muta, sì, ma rimane comunque legato a ciò che oltrepassa: a ben vedere, infatti, modalità e tecniche d’intervento della regolazione rimangono sempre riconducibili al paradigma originario.

I principali profili di alterazione del paradigma originario riguardano piuttosto l’essenza, natura e fini, della regolazione e la sua geometria: dove si indirizzano i poteri del regolatore – verso un unico ambito oggettivo o, a raggiera, verso una pluralità di settori – e il disegno complessivo di governance, che appare sempre più reticolare.

 

I fini

La regolazione dei servizi pubblici locali appare definibile per lo più "in negativo", come non pro-concorrenziale, distante quindi sul piano teleologico dall’archetipo dell’attività regolatoria formatosi nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni (Boscolo). Ma, a ben vedere, in questo settore il ruolo della regolazione appare tanto più decisivo proprio perché manca la concorrenza. Il distacco dal paradigma teorico britannico si giustifica, quindi, sulla base del realismo. In effetti, il concetto classico di regolazione potrebbe trovare qui applicazione soltanto nei rari casi in cui l’affidamento avvenga tramite gara; negli altri casi - realisticamente - si tratta invece di impedire che gestioni affidate in via diretta, senza alcun confronto concorrenziale, inducano condotte monopolistiche in danno degli utenti.

Paradigmatica, in tal senso, è proprio l’attività svolta dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI) nella regolazione idrica. Realismo vuole che, nell’impossibilità di intervenire sugli assetti strutturali del settore, la regolazione si debba imperniare sulle politiche tariffarie, sulla trasparenza contabile, sulla definizione di standard qualitativi, sulla predeterminazione di modelli contrattuali. Si tratta di una regolazione tendenzialmente finalistica. Tre sono i "macro obiettivi": rafforzare l’assetto industriale del settore, ovvero delle imprese che forniscono il servizio, al fine di raggiungere caratteristiche industriali nell’organizzazione e nell’erogazione; colmare, attraverso nuovi investimenti, il deficit infrastrutturale (specie nei segmenti della fognatura e della depurazione); tutelare gli utenti idrici i quali, a differenza che nei settori energetici, non possono scegliere tra una pluralità di fornitori (Bortoni).

Il carattere finalistico emerge soprattutto dal metodo tariffario approvato dall’Autorità che mira, oltreché a premiare l’efficienza dei gestori, a superare la frammentazione gestionale, favorendo le aggregazioni e incentivando l’attivazione della gestione unica per ambito ottimale. Ciò in linea con la spinta verso i processi di aggregazione impressa nel 2014 dal decreto legge n. 133 (c.d. decreto "Sblocca Italia"), che ha introdotto nell’art. 172 del codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006) il principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale. In coerenza col nuovo quadro normativo, la deliberazione 664/2015/R/IDR (Approvazione del metodo tariffario idrico per il secondo periodo regolatorio MTI-2), all’articolo 10 – Casi di esclusione dell’aggiornamento tariffario –, ha escluso dall’aggiornamento tariffario i gestori che eserciscono il servizio in violazione del principio di unicità della gestione. L’effetto indotto è stato, in poco tempo, una riduzione del numero di operatori censiti dall’Autorità da circa 2.600 nel 2014 a poco più di 2.100 nel 2016. La regolazione tariffaria – attraverso il blocco di ogni adeguamento tariffario – ha dunque svolto una efficace funzione disincentivante rispetto a situazioni anomale, quale appunto la violazione del fondamentale principio di unicità, nonché la mancata adozione della carta dei servizi o la prassi della fatturazione di un consumo minimo impegnato alle utenze domestiche (anch’esse causa di esclusione dall’aggiornamento tariffario).

Allargando l’angolo visuale, ci si accorge che la regolazione produce anche un altro effetto selettivo, o comunque evolutivo. L’interlocuzione e il confronto con il regolatore nazionale – una figura nuova, una strana "essenza" che si aggira nel mondo dei servizi pubblici locali – richiedono infatti un "salto di qualità" da parte degli enti d’ambito – i regolatori locali (dell’idrico) – e degli operatori; i primi chiamati ad applicare i raffinati schemi tariffari predisposti dal regolatore, nell’ottica dell’efficienza del servizio in termini di recuperi d’efficienza e promozione degli investimenti infrastrutturali; in generale, deve svilupparsi, anche tra gli operatori, una più diffusa koinè regolatoria, un linguaggio comune: non è solo tecnica, è una diversa forma di dialogo e di coordinamento, la capacità di giocare al gioco cooperativo della regolazione.

 

Un regolatore multisettoriale

A cambiare, come avvertito, è anche la geometria della regolazione e l’ambito di produzione dei suoi effetti. La prima vera novità è un regolatore multisettoriale dotato di poteri variegati (regulation, enforcement, disputes resolution), ma incidenti su di una pluralità di settori. Penso ad AEEGSI, che regola energia, gas e acqua o alla prefigurata (dal TU servizi pubblici locali) Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, con competenze estese ai rifiuti; e, per contrasto, ai regolatori monosettoriali tipici dell’esperienza inglese (Ofgem; Ofwat).

Il punto è se avere un regolatore multisettoriale, con competenze su vari settori come già avviene in Spagna o in Germania, possa essere un vantaggio o rischi piuttosto di diluire la specializzazione tecnica del regolatore (Bardelli).

Vantaggio del modello multisettoriale sono sicuramente le forti affinità metodologiche tra regolazione dei servizi energetici e ambientali, che consentono di sfruttare a pieno le competenze maturate ed affinate in anni di regolazione dei mercati energetici, applicando metodi e strumenti ormai perfezionati e consolidati anche nel settore idrico. Nella diversa prospettiva dei soggetti regolati, l’attribuzione ad un’unica autorità di poteri di regolazione trasversali pare riflettere le sottostanti dinamiche di mercato, laddove accanto a operatori di modeste dimensioni, si vanno affermando più grandi aziende multiutility. Queste imprese potranno, d’ora in poi, avvantaggiarsi del rapporto con un unico soggetto; circostanza, questa, particolarmente apprezzabile soprattutto se si considera che ad una pluralità di regolatori potrebbero anche corrispondere differenti, e tra loro incoerenti, approcci regolatori. Un unico regolatore potrà, invece, assicurare una certa coerenza di principi, norme, schemi e metodologie e quindi garantire, da un lato, economie di apprendimento; dall’altro, certezza e affidamento.

 

Una regolazione accentrata di servizi locali

Proseguendo nell’intrapreso ragionamento more geometrico, si può osservare come la regolazione dei servizi pubblici locali vada assumendo una configurazione reticolare e accentrata. Si innesca pertanto, inevitabilmente, un complesso rapporto, una trama di poteri, tra regolatore centrale e regolatori locali (enti d’ambito), necessario per tenere conto delle specificità territoriali. Un quadro asimmetrico, impensabile nei grandi servizi a rete.

In un ideale assetto, mutuando gli schemi utilizzati dalla Corte costituzionale (sentenza n. 41/2013) per il trasporto pubblico locale, le funzioni attribuite all’Autorità centrale non assorbono completamente le competenze locali ma "le presuppongono e le supportano", in quanto compito di tale Autorità è "dettare una cornice di regolazione economica" all’interno della quale si muovono i regolatori locali, predisponendo i piani d’ambito e stabilendo le tariffe in applicazione del metodo tariffario definito dal regolatore nazionale.

Una governance multilivello impone, a sua volta, di pensare la regolazione come una regulatory enterprise (Prosser); come un progetto collaborativo, condiviso tra autorità, governo, comunità. In questo modello l’indipendenza del regolatore – fulcro del modello britannico – è condizione necessaria ma non sufficiente. I vari attori istituzionali coinvolti debbono cooperare e coordinarsi, nella logica della leale collaborazione. Eppure, realisticamente, non si può pensare alla regolazione come ad un "universo pacificato": i rapporti che il regolatore intreccia a livello nazionale (con il governo, con i regolatori locali, con le altre autorità indipendenti, AGCM in primis) non sono sempre cooperativi. Perciò il legislatore (art. 10, comma 14, lett. d), decreto legge n. 70/2011) ha opportunamente dotato l’AEEGSI di un potere sostitutivo, da esercitarsi nel settore idrico, in materia tariffaria. Il meccanismo di determinazione della tariffa potrebbe, infatti, incepparsi per la condotta inerte o ostruttiva degli enti d’ambito che potrebbero non predisporre la tariffa da sottoporre all’approvazione finale dell’Autorità. Mediante il potere sostitutivo, la competenza dell’autorità locale può essere invece attratta nella sfera dell’autorità nazionale, instaurando un rapporto diretto tra Autorità di regolazione e i gestori del servizio: la regolazione tariffaria, in questi casi, si applica quindi direttamente, senza l’intermediazione dei regolatori d’ambito, consentendo in tal modo di superare l’inerzia e/o il conflitto istituzionale, in funzione di certezza di regole e condizioni applicabili.

 

La regolazione giustiziale

Un ulteriore effetto dell’estensione del perimetro della regolazione ai servizi pubblici locali pare costituito dal rafforzamento dei poteri giustiziali, un tempo marginali rispetto a quelli di regolazione e di esecuzione/sanzione. Una funzione che assume importanza soprattutto nell’ottica della tutela degli utenti.

Su questo fronte, l’AEEGSI sta dando vita ad un sistema di tutela dei consumatori dei settori energetici articolato su tre livelli (cfr. DCO 621/2016/E/com): in prima battuta, il reclamo dell’utente all’operatore che fornisce il servizio; poi, se la controversia non trova soluzione, la conciliazione obbligatoria (nei settori energetici), e, forse, un reclamo di secondo livello da rivolgere all’ente d’ambito nell’idrico; infine, al terzo livello, una procedura giustiziale, attivabile ad istanza di parte e che si conclude con una decisione vincolante dell’Autorità.

Tale sistema è espressione del principio di sussidiarietà: una gradazione di tutele – alternative – diverse, e la giurisdizione come una sorta di extrema ratio cui si ricorre soltanto quando i metodi stragiudiziali – fondati su opzioni volontarie e libere – hanno fallito.

 

Il prefigurato modello a tre step di tutela appare dotato di una certa capacità espansiva (a costo di qualche possibile sovrapposizione con la tutela offerta dal regolatore). Lo confermano le proposte recentemente formulate dalla "Commissione Alpa" - "Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato" -, laddove viene ipotizzato un sistema di ADR denominato "potere decisorio nel campo dei servizi pubblici", applicabile allorché gli enti pubblici che affidano mediante gara ad evidenza pubblica la gestione di un servizio di interesse economico generale inseriscano nello schema di contratto di servizio o comunque negli atti di gara la previsione di sistemi di risoluzione extragiudiziaria delle controversie con gli utenti che derivino dal rapporto di utenza.

L’organismo chiamato a risolvere le controversie è un collegio composto da tre componenti, dotati di adeguata esperienza, nominati dal Presidente del Tribunale, del Tar e della sezione giurisdizionale della Corte conti territorialmente competenti. Anche qui si hanno più livelli di tutela: un primo, conciliativo, affidato al presidente del collegio; e, in seconda battuta, un livello decisorio che sfocia in una decisione amministrativa collegiale. La decisione è impugnabile dinanzi al Tar e l’eventuale rigetto del ricorso comporta delle conseguenze sul piano delle spese processuali, secondo un modello già seguito per i pareri di pre-contenzioso dell’ANAC (art. 211 codice appalti – decreto legislativo n.50/2016). L’azione giurisdizionale è improcedibile finché non sia stato esperito il tentativo di conciliazione: una ipotesi di giurisdizione condizionata, dunque.

 

 

Contraddirsi per svilupparsi

A contatto con il più variegato mondo dei servizi pubblici locali, il paradigma classico della regolazione – un gioco giuridico evoluzionista (Ramajoli, evocando Hayek) di matrice britannica volto a realizzare/simulare la concorrenza; "giocato" da un regolatore indipendente e monosettoriale – è chiamato a evolversi e adattarsi.

Più delle tassonomie e delle ricostruzioni dogmatiche contano, molto brutalmente, i risultati. Bene: nel settore idrico la spesa per infrastrutture idriche è salita da 961 milioni di euro, nel 2012, a 1, 49 miliardi nel 2015, con un incremento del 55%. La regolazione è cioè riuscita a creare quella certezza del quadro regolatorio che è condizione essenziale per gli investimenti infrastrutturali connotati da lunghi tempi di ritorno.

 

Virtù (talora fulgenti) della regolazione. E con vent’anni alle spalle ("tutto" ebbe inizio con la legge n. 481 del 1995), dovrebbe essere ormai anche possibile scorgere le ombre … tra regolazione finalistica e un certo "dirigismo" sotto mentite spoglie il passo può anche essere breve; dietro l’angolo, il rischio dell’entropia delle regole, che porta a minare la certezza della regolazione, per troppo "ardore regolatorio"; e ancora il rischio di fare della regolazione (rectius del potere normativo di regolazione) un succedaneo dell’enforcement: fenomeno cui si assiste nell’iper-regolato settore energetico, dove i problemi vengono forse troppo spesso risolti creando nuove regole piuttosto che spingendo sul controllo e la vigilanza, per garantire l’applicazione/esecuzione delle regole esistenti (Luiso).

 

Il potere regolatorio, come ogni potere, è sempre soggetto alla tentazione di disegnare perfette geometrie e splendidi edifici di regole: "perso nel suo monumento" (Luzi) senza fare i conti con la razionalità limitata di ogni decisore pubblico e con le naturali imperfezioni dei mercati. Torna alla mente l’immaginifico Istituto per la regolazione degli orologi dell’omonimo romanzo di Tanpinar, simbolo di una regolazione perfetta e concentrata in sé, quanto inutile. L’opposto dell’oltrepassamento (della regolazione) e del dialettico "contraddirsi per svilupparsi" per cui "ad ogni sfida cui si è risposto efficacemente, l’identità si consolida e l’alterità viene inglobata" (Bodei). Vale anche per la regolazione, sempre alla ricerca del più efficiente bilanciamento tra certezza/affidamento e flessibilità/adesività alla natura delle cose da regolare.

 

 

 

(28 luglio 2017)

 

 

 

 

 

Note

M.CAMMELLI, Concorrenza per il mercato e regolazione dei servizi nei sistemi locali, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, 148.

F. MERUSI, Note conclusive, in M. MIDIRI S. ANTONIAZZI (a cura di), Servizi pubblici locali e regolazione, Napoli, 2015, 329

F. FRACCHIA, Pubblico e privato nella gestione sei servizi pubblici locali: tra esternalizzazione e municipalizzazione, in Federalismi.it, 2016, 23.

E. BOSCOLO, Il modello di regolazione indipendente nel settore idrico, in Annuario di diritto dell’energia, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia, Bologna, 2017, 269; 239.

S. LITTLECHILD, Regulation of British Telecommunications’s Profitability, Report to the Secretary of State (1983), pubblicato in Utilities policy, special issue, vol. 31, dicembre 2014.

M.HEIDEGGER, Identità e differenza, trad. it. G. Gurisatti, Milano, 2009.

G. BORTONI, La regolazione dell’Aeegsi e le sfide del sistema idrico, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia, Bologna, 2017, 400.

L.BARDELLI, La regolazione del servizio idrico integrato. Un dialogo con Lorenzo Bardelli, in Il Merito. Pratica per lo sviluppo, www.ilmerito.org, 31 marzo 2017.

T. PROSSER, The regulatory enterprise, Oxford, 2010.

M. RAMAJOLI, Procedimento regolatorio e partecipazione, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, 218.

F.A. HAYEK, Legge legislazione e libertà, trad.it di P. G. Monateri, Milano, 2000.

F. LUISO, L’iper-regolazione come succedaneo dell’enforcement, in Il Merito. Pratica per lo sviluppo, www.ilmerito.org, 30 marzo 2017.

M. LUZI, Qui il potere è sommo e confina con la sua assenza, in Le Poesie, Milano, 2014, 561.

A.H. TANPINAR, L’istituto per la regolazione degli orologi, trad. it. F. Salomoni, Torino, 2014.

R. BODEI, Scomposizioni, Bologna, 2016, 373.

 

 

 

 

 

 

Il testo costituisce una rielaborazione e un ampliamento, con l’aggiunta di note bibliografiche, della relazione tenuta al convegno “Il nuovo volto delle società pubbliche partecipate, fra tradizione ed innovazione. Dialoghi a margine della riforma Madia”, Pisa, Scuola superiore Sant’Anna, 31 maggio 2017. Le opinioni espresse sono a titolo personale e non impegnano l’Istituzione d’appartenenza: Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico.

 

 

 

 

 

 

 

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