La regolazione dei servizi ambientali (di Simone Lucattini)
1.- Le presenti riflessioni prendono spunto dalla recente attribuzione all’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico delle competenze regolatorie in materia di rifiuti[1]; le questioni, tra mercato e ambiente[2], poste dall’ultima estensione della regolazione indipendente[3], dopo quella del 2011 al settore idrico[4], verranno però affrontate nella misura in cui possano gettare luce sui mutamenti del paradigma classico della regolazione, una volta applicato al più variegato mondo dei servizi pubblici locali (e, in particolare, dei servizi ambientali: idrico e rifiuti), e non più soltanto ai grandi servizi a rete (energia, telecomunicazioni).
A contatto con il mondo dei servizi pubblici locali ambientali (e delle società partecipate, oggetto di discipline inscindibili destinate a intersecarsi[5]), il paradigma classico della regolazione sembra infatti mutare, evolversi, facendo registrare alterazioni o adattamenti dello schema applicato, in origine, ai grandi servizi pubblici a rete. I principali mutamenti appaiono riconducibili: A) alla diversa natura delle cose oggetto di regolazione che, nel settore dei rifiuti come nell’idrico, sprigionano esigenze di regolazione multilivello, in aderenza alle specificità dei territori: una regolazione legata quindi ai concetti di bacino di programmazione, ambito territoriale ottimale, bacino di affidamento, nella quale s’impone un delicato esercizio di ars combinatoria tra poteri dei regolatori locali (enti di governo dell’ambito) e del regolatore centrale (ARERA); B) sul piano più propriamente ontologico, ai differenti presupposti (gli assetti di mercato) e, quindi, ai fini: se, infatti, nei grandi servizi a rete nazionali la regolazione persegue il proprio fine tipico, di “affermare la par condicio nel contraddittorio”[6] concorrenziale, nei servizi pubblici locali deve invece fare quasi sempre i conti con l’assenza di un mercato rilevante in cui poter anche soltanto simulare la concorrenza[7].
2.- La relazione servizi pubblici locali/regolazione appare biunivoca, connotata cioè da reciproci influenze e condizionamenti, e può pertanto prestarsi ad una lettura duale, in termini di “assenza”/“presenza” della regolazione. Un binomio che, specie nell’attuale fase di “rinascita” della regolazione per autorità indipendenti[8], sembra assumere un inaspettato valore euristico: ragion per cui, prima ancora dei vari e differenziati poteri attribuiti ai regolatori (e dei loro limiti)[9], paiono potersi utilmente elevare a oggetto di studio le reazioni di determinati settori (i servizi ambientali) alla introduzione della regolazione indipendente e come, d’altra parte, la regolazione si adatti, plasticamente, alle specificità di quei settori[10].
L’“assenza” della regolazione costituisce, peraltro, una critica ricorrente alle varie discipline succedutesi nel tempo in materia di servizi pubblici locali: si è osservato come all’“affollamento istituzionale” (comuni, autorità d’ambito, autorità nazionali – Autorità di vigilanza sui contratti pubblici/Autorità nazionale anticorruzione e Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) –, agenzie cittadine) caratteristico del settore sia corrisposta, solitamente, la mancanza di un disegno regolatorio complessivo, coll’istituzione, in apice al sistema, di autorità regolatrici[11]. Questo vuoto è stato, però, colmato a partire dal 2011, con l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti[12], e, come detto, con l’attribuzione all’Autorità per l’energia di competenze regolatorie, prima nel settore idrico, eppoi, da ultimo, in quello dei rifiuti. Non è più, dunque, una questione d’“assenza” assoluta di regolazione indipendente, ma piuttosto di spazi ad essa riservati e di funzionamento del sistema regolatorio complessivo.
Concentrandosi sugli spazi normativamente riconosciuti alla regolazione, e rinviando al successivo paragrafo l’analisi dei profili funzionali, si può intanto osservare come la “presenza” della regolazione si facesse fortemente sentire nel testo unico sui servizi pubblici locali, rimasto però, come noto, a livello di schema a seguito dell’intervento della Corte costituzionale[13]; al contrario, nel testo unico partecipate non compare alcun riferimento alla “regolazione in senso proprio”, ossia la regolazione delle autorità regolatrici semi-indipendenti, per natura diverse dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), autorità di garanzia per definizione[14].
Più in dettaglio, lo schema di testo unico sui servizi pubblici locali, al capo II – “Competenze delle Autorità indipendenti” –, del Titolo IV – “Organizzazione e allocazione dei poteri di regolazione, vigilanza e controllo” –, attribuiva alle autorità di regolazione di settore il potere di predisporre schemi di bandi di gara e contratti tipo, nonché di individuare i costi standard dei servizi pubblici locali e i livelli minimi di qualità. Le medesime autorità potevano, inoltre, svolgere un ruolo di consulenza degli enti d’ambito, esprimendo un parere circa i profili economici e concorrenziali (unitamente all’AGCM) relativi alla suddivisione in lotti degli affidamenti (art. 15). All’Autorità per l’energia venivano, già allora, attribuite nuove competenze regolatorie in materia di rifiuti (art. 16) e, infine, erano modificate le competenze dell’Autorità di regolazione dei trasporti, chiamata ad esempio, nel trasporto pubblico locale, a definire gli schemi di contratto di servizio per quelli esercitati in house da società pubbliche o a partecipazione pubblica maggioritaria (art. 17).
Diversamente, il recente testo unico sulle società partecipate non contempla il ruolo delle autorità di regolazione, facendo riferimento soltanto ad AGCM cui vanno trasmessi, ai sensi dell’art. 5, comma 3, gli atti deliberativi di costituzione di nuove società o di acquisizione di partecipazioni, dirette o indirette, in società esistenti di modo che il Garante della concorrenza possa valutare l’esercizio dei poteri di impugnazione previsti dall’art. 21-bis legge 10 ottobre 1990, n. 287. All’Antitrust sembra così riconoscersi una funzione lato sensu regolatoria, che va oltre quella tipica di garantire la concorrenza sanzionando ex post gli illeciti antitrust; e ciò specialmente attraverso la diffida-parere[15] che se, da un lato, costituisce presupposto processuale indefettibile per l’azione giurisdizionale[16], dall’altro, può servire a stimolare l’adeguamento delle pubbliche amministrazioni ai principi di concorrenza, quale indiretto strumento di conformazione del mercato.
Una analisi diacronica consente, tuttavia, di affermare che la regolazione “in senso proprio”, quella cioè delle autorità di regolazione, fino a poco tempo fa – come visto – assente almeno all’interno della disciplina dei servizi pubblici locali, costituisce però, da sempre, una presenza percepita e percepibile nel mondo delle partecipate e dei servizi pubblici. Il legame tra partecipate e autorità indipendenti di regolazione è persino “genetico”: già l’art. 1-bis del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332 subordinava espressamente le dismissioni delle partecipazioni azionarie pubbliche nei settori strategici (energia, telecomunicazioni) alla istituzione di “organismi indipendenti per la regolazione delle tariffe ed il controllo della qualità dei servizi di rilevante interesse pubblico”. Ciò per affermare a pieno la par condicio concorrenziale. Riemerge qui la differenza di fondo, già delineata in premessa, tra servizi pubblici locali e grandi servizi a rete: in questi ultimi si è affermata la concorrenza nel mercato; nei primi la formula, per così dire, “ridotta” – una editio minor – della concorrenza per il mercato (con le società per azioni in house[17] e le società concessionarie miste): pertanto, in quest’ambito, la regolazione non può perseguire il proprio fine tipico, di creare o simulare la concorrenza. La regolazione dei servizi locali deve, quindi, essere teleologicamente adattata. Seguendo il filo del ragionamento intrapreso, lungo la sequenza “assenza”/”presenza”, si tratta pertanto di verificare come la regolazione possa comunque riuscire ad affermare la propria “presenza” anche nel mondo dei servizi pubblici locali, in particolare nei servizi ambientali. Il punto è centrale perché costituisce il presupposto dell’“oltrepassamento” del paradigma classico[18]. Ebbene, le finalità tipiche della regolazione – pro-concorrenziali e, quindi, di tutela dei consumatori[19] –, sembrano poter essere ancora perseguite, in primo luogo, favorendo le possibili esternalizzazioni; in secondo luogo, rendendo “sopportabile” l’in house. Sul primo versante, la continua oscillazione tra “municipalizzazione” (in house) ed “esternalizzazione” (affidamento tramite evidenza pubblica o a società mista il cui socio sia scelto con evidenza pubblica) può essere condizionata dalla “presenza” di una autorità di regolazione, nel senso che il ruolo “di garanzia” (di ritorno di investimenti di lungo periodo che necessitano di un quadro regolatorio tendenzialmente stabile) svolto da tale soggetto potrebbe arginare la tentazione di considerare quella della gestione diretta pubblica o dell’in house come l’unica soluzione[20].
Quanto all’in house, unicamente per effetto di una forte attività regolatoria pare poter essere accettata la diffusa opzione per gli affidamenti in house, senza far registrare pregiudizi in capo ai consumatori[21]. Ciò mediante una regolazione che miri a definire standard di qualità nell’erogazione del servizio, presidiati da un sistema di indennizzi automatici, e che magari si chiuda con un sistema extragiudiziale di risoluzione delle controversie dei consumatori[22]. In quest’ottica, dovrebbero essere altresì sviluppati strumenti di regolazione output-based[23], caratterizzati dal passaggio dalla remunerazione tariffaria degli input (costi operativi e spese in conto capitale), alla remunerazione delle performance e degli output, a beneficio dei consumatori e dell’ambiente: dai “mezzi” al “risultato”, in estrema sintesi, in modo da scongiurare il rischio che i gestori reagiscano ad azioni regolatorie volte a contenere i costi abbassando la qualità dei servizi offerti.
3.- La regolazione, messa a contatto col più variegato e meno permeabile (alla concorrenza) mondo dei servizi pubblici locali e delle società erogatrici, sembra discostarsi, sotto più profili, dal suo paradigma classico, inventato dal Prof. Littlechild e inveratosi negli anni Ottanta in Gran Bretagna[24]. Pare di assistere ad una specie di “oltrepassamento” (Verwindung), nel senso heideggeriano del termine[25], in cui ciò che è oltrepassato muta, sì, ma rimane comunque legato a ciò che oltrepassa: a ben vedere, infatti, finalità generali, modalità e tecniche d’intervento, pur adattandosi ed evolvendosi, rimangono pur sempre riconducibili al paradigma originario, mentre i principali profili di alterazione dello “schema britannico”, stando almeno all’esperienza italiana, sembrano riguardare piuttosto: a) una accentuazione finalistica della regolazione; b) la creazione di un regolatore multisettoriale; c) il disegno complessivo di governance, reticolare e multilivello; d) il rafforzamento della regolazione giustiziale a protezione dei consumatori.
- Una regolazione finalistica
La regolazione dei servizi pubblici locali, e dei servizi ambientali in particolare, appare definibile per lo più “in negativo”, come non pro-concorrenziale, “distante sul piano teleologico dall’archetipo di attività regolatoria” proprio dei settori dell’energia e delle telecomunicazioni[26]. La tendenziale scomparsa del fine tipico pro-concorrenziale[27] potrebbe quindi far pensare ad una “regolazione dimezzata” o comunque teleologicamente depotenziata. In realtà, la regolazione appare, qui, più finalisticamente orientata - diretta a predefinire determinati esiti del mercato[28] -, proprio perché manca la concorrenza. Paradigmatica, in tal senso, appare l’attività svolta da ARERA nel settore idrico ispirata a tre “macro obiettivi”: rafforzare l’assetto industriale del settore, ovvero delle imprese che forniscono il servizio, al fine di raggiungere caratteristiche industriali nell’organizzazione e nell’erogazione; colmare, attraverso nuovi investimenti, il deficit infrastrutturale (specie nei segmenti della fognatura e della depurazione); tutelare i consumatori idrici i quali, a differenza che nei settori energetici, non possono scegliere tra una pluralità di fornitori[29].
Realismo vuole che, nell’impossibilità di intervenire sugli assetti strutturali del settore, la regolazione debba basarsi, dunque, su penetranti politiche tariffarie, sulla trasparenza contabile, sulla definizione di standard qualitativi, sulla predeterminazione di modelli contrattuali.
Il carattere finalistico di questa regolazione emerge soprattutto dal metodo tariffario approvato dall’Autorità che mira, oltreché a premiare l’efficienza dei gestori, a superare la frammentazione gestionale, favorendo le aggregazioni e incentivando l’attivazione della gestione unica per ambito ottimale[30]. Ciò in linea con la spinta verso i processi di aggregazione[31] impressa dal decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. decreto “sblocca Italia”) che ha introdotto, nell’art. 172 del codice dell’ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), il principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale[32]. In coerenza con tale quadro normativo, la deliberazione 664/2015/R/IDR (“Approvazione del metodo tariffario idrico per il secondo periodo regolatorio MTI-2”), all’articolo 10 – “Casi di esclusione dell’aggiornamento tariffario” –, ha quindi escluso dall’aggiornamento tariffario i gestori che eserciscono il servizio in violazione del principio di unicità della gestione. L’effetto indotto è stato, in poco tempo, una riduzione del numero di operatori censiti dall’Autorità, da circa 2.600 nel 2014 a poco più di 2.100 nel 2016[33]. La regolazione tariffaria – attraverso il blocco di ogni adeguamento tariffario – ha pertanto svolto una efficace funzione selettiva, punendo la violazione del fondamentale principio di unicità, nonchè disincentivante rispetto a situazioni anomale, quali la mancata adozione della carta dei servizi o la prassi della fatturazione di un consumo minimo impegnato alle utenze domestiche (anch’esse causa di esclusione dall’aggiornamento tariffario). Attraverso la tariffa ARERA ha, dunque, perseguito il duplice obiettivo di rafforzare l’assetto industriale del settore e di dare tutela ai più deboli consumatori idrici.
La regolazione, a ben vedere, ha indotto anche un altro effetto selettivo, o più propriamente evolutivo. L’interlocuzione e il confronto con il regolatore nazionale – una figura nuova, una strana “essenza” che si aggira oggi nel mondo dei servizi pubblici locali – richiedono infatti un “salto di qualità” da parte sia degli enti d’ambito – i regolatori locali (dell’idrico e dei rifiuti) – che dei gestori. Gli enti d’ambito dovranno applicare i raffinati schemi tariffari predisposti dal regolatore[34], nell’ottica dell’efficienza del servizio in termini di recuperi d’efficienza e promozione degli investimenti infrastrutturali; tra i gestori dovrà, invece, svilupparsi una koinè regolatoria, un linguaggio comune: non è soltanto una questione di expertise tecnica, bensì anche una diversa forma di dialogo e di coordinamento, la capacità di giocare al gioco cooperativo della regolazione.
- Un regolatore multisettoriale
A cambiare, rispetto al paradigma classico (caratterizzato da regolatori monosettoriali, tipici dell’esperienza inglese, come Ofgem e Ofwat[35]), è anche la configurazione del regolatore centrale. La vera novità, nell’ambito della regolazione italiana, è infatti la comparsa di un regolatore multisettoriale, dotato di poteri variegati (regulation, enforcement, disputes resolution), e incidenti su di una pluralità di settori: l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, con competenze estese anche ai rifiuti.
Il punto è se un regolatore multisettoriale, come quelli già presenti in Spagna (Comision Nacional de los Mercados y la Competencia) o in Germania (Bundesnetzagentur)[36], possa costituire un vantaggio o rischi piuttosto di diluire la specializzazione tecnica del regolatore (un tempo soltanto) energetico, gravandolo sotto il peso di eccessive funzioni[37]. Utile potrebbe rivelarsi, in quest’ottica, l’individuazione di una corretta “funzione di produzione” dell’attività di regolazione, per valutarne poi le economie di gamma[38]. Si potrebbero quindi ipotizzare due insiemi di competenze regolatorie (le variabili indipendenti della predetta funzione): il primo, comune a tutti i settori e avente natura istituzionale, giuridica; il secondo più sector-specific e avente natura tecnica ed economico-industriale. La combinazione efficiente dei due input dovrebbe permettere il disegno di regolatori efficaci. In tale prospettiva, andrebbe considerato anche il grado di eterogeneità dei settori regolati: tanto più eterogenei, maggiori saranno i c.d. costi di transazione (da sopportare per coordinare abilità diverse)[39], e tanto più difficilmente si otterrà un sinergico mix di funzioni. Nel caso di ARERA tale obiettivo, stante le piuttosto evidenti omogeneità industriali tra settore idrico e rifiuti[40], appare comunque realizzabile. Tanto più se si considerano le affinità metodologiche tra regolazione dei servizi energetici e ambientali, che consentono di sfruttare a pieno le competenze maturate ed affinate dall’Autorità di regolazione in anni di regolazione dei mercati energetici, applicando metodi e strumenti ormai perfezionati e consolidati. Restando nel più ristretto ambito dei servizi ambientali (idrico e rifiuti) sembra peraltro replicabile, con i dovuti adeguamenti, un medesimo percorso di regolamentazione, come stanno già a dimostrare i primi atti adottati da ARERA nel settore dei rifiuti, volti a definire la struttura tariffaria e fissare la regolazione della qualità[41] nella logica, propria anche del settore idrico, di una tariffa-corrispettivo[42] del servizio fissata tenendo anche conto della qualità offerta[43].
Nella diversa prospettiva dei soggetti regolati, l’attribuzione ad un’unica autorità di poteri di regolazione trasversali pare riflettere le sottostanti dinamiche di mercato, laddove accanto a operatori di modeste dimensioni, si vanno affermando più grandi aziende multiutility. Queste imprese potranno, d’ora in poi, avvantaggiarsi del rapporto con un unico soggetto; circostanza, questa, particolarmente apprezzabile soprattutto se si considera che ad una pluralità di regolatori potrebbero anche corrispondere differenti, e tra loro incoerenti, approcci regolatori. Un unico regolatore potrà, invece, assicurare una certa coerenza di principi, norme, schemi e metodologie e quindi garantire, da un lato, economie di apprendimento; dall’altro, certezza e affidamento[44].
- Una regolazione accentrata di servizi locali
La regolazione dei servizi pubblici locali si caratterizza per una configurazione reticolare, da un lato, e accentrata, dall’altro, attorno ad un perno: il regolatore nazionale-ARERA, collocato al centro di una trama di poteri multilivello. Il coordinamento tra regolatore centrale e regolatori locali (enti d’ambito) è necessario per garantire una omogeneità regolatoria che tenga però anche conto delle specificità territoriali. Un quadro asimmetrico, impensabile nella regolazione duale dei grandi servizi a rete dove, almeno a livello nazionale, la dialettica tra poteri si esaurisce nel rapporto (sempre più spesso conflittuale) col Governo[45].
In un ideale assetto regolatorio multilivello, mutuando gli schemi utilizzati dalla Corte costituzionale (sentenza n. 41/2013) per il trasporto pubblico locale, le funzioni attribuite all’autorità centrale non assorbono completamente le competenze locali ma “le presuppongono e le supportano”, in quanto compito di tale autorità è “dettare una cornice di regolazione economica” all’interno della quale si muovono i regolatori locali, predisponendo i piani d’ambito e stabilendo le tariffe in applicazione del metodo tariffario definito dal regolatore nazionale. Una simile governance multilivello impone, a sua volta, di pensare la regolazione come una regulatory enterprise[46]: come un progetto collaborativo, condiviso tra autorità, Governo, comunità. In questo progetto l’indipendenza del regolatore – fulcro del modello britannico – è condizione necessaria ma non sufficiente: i vari attori istituzionali coinvolti debbono infatti, soprattutto, cooperare e coordinarsi, nella logica della leale collaborazione. Nondimeno, un’immagine irenica della regolazione come “universo pacificato” appare destinata a scontrarsi con la realtà dove i rapporti che il regolatore intreccia (con il Governo, con i regolatori locali, con le altre autorità indipendenti, AGCM in primis) non sempre risultano cooperativi, ma assai spesso conflittuali e/o scoordinati[47], con potenziali gravi pregiudizi per la certezza delle regole. Perciò il legislatore (art. 10, comma 14, lett. d), decreto legge 13 maggio 2011, n. 70), nel settore idrico, ha dotato ARERA di un incisivo potere sostitutivo in materia tariffaria[48]. Il meccanismo di determinazione della tariffa potrebbe, infatti, incepparsi per la condotta inerte o ostruttiva degli enti d’ambito che potrebbero non predisporre la tariffa da sottoporre all’approvazione finale dell’Autorità. Mediante il potere sostitutivo, la competenza dell’autorità locale può essere invece attratta nella sfera dell’autorità nazionale, instaurando un rapporto diretto tra Autorità di regolazione e i gestori del servizio: la regolazione tariffaria, in questi casi, si applica quindi direttamente, senza l’intermediazione dei regolatori d’ambito, consentendo in tal modo di superare l’inerzia e/o il conflitto istituzionale, in funzione di certezza di regole e condizioni applicabili.
In questo assetto di governance reticolare e multilivello, non è comunque possibile trascurare il tema dell’indipendenza del regolatore, da intendersi, però, in un significato almeno in parte diverso e più ampio da quello proprio dei servizi a rete di rilevanza nazionale. Lì si tratta, essenzialmente, di indipendenza da un unico soggetto, il Governo; qui il tema dell’indipendenza si pone anche con riferimento agli enti di governo d’ambito e, specialmente, nel momento della determinazione tariffaria: una tariffa che più difficilmente potrà perseguire la via dell’efficienza (rectius dei recuperi d’efficienza) se la logica della separazione tra regolazione (locale) e gestione non riuscirà ad affermarsi a pieno[49]. Del resto, mentre nella visione tradizionale la regolazione indipendente si rivolge a uno o più imprenditori che forniscono beni o servizi ad una platea di utenti o di consumatori, cercando di armonizzare obiettivi economici e sociali chiaramente distinti in capo all’uno o all’altro attore, nel mondo dei servizi pubblici locali si registra invece un’ampia e diffusa presenza della pubblica amministrazione, in una molteplicità di ruoli: soggetto competente all’adozione delle scelte pubbliche (ad esempio le programmazioni d’ambito), gestore del servizio, e anche consumatore[50]. Tale commistione, che vede i Comuni partecipare alle autorità di ambito – tra l’altro chiamate, nel nuovo assetto, ad elaborare la tariffa da far approvare dal regolatore centrale – e, ad un tempo, mantenere in molti casi il controllo totalitario o maggioritario del gestore in house, potrebbe compromettere la funzionalità della regolazione, ostacolando, ove possibile, la promozione della concorrenza nel mercato. Il regolatore centrale dei rifiuti dovrà, pertanto, come avvenuto nel settore idrico col “Metodo tariffario”, pre-definire scrupolosamente le voci di costo e selezionare gli interventi da remunerare in tariffa, nonché instaurare un collegamento trasparente e uniforme su tutto il territorio nazionale tra variazioni dei corrispettivi tariffari, obblighi assunti dai gestori e qualità delle prestazioni erogate. Una puntuale regolazione tariffaria ex ante appare, infatti, senz’altro preferibile rispetto ad una dialettica ex post (in fase di approvazione della tariffa) coi regolatori locali, foriera di incertezza e in grado di scoraggiare gli investimenti privati.
- La regolazione giustiziale a tutela dei consumatori
Un ulteriore effetto dell’estensione del perimetro della regolazione ai servizi ambientali pare costituito dal rafforzamento e dall’ampliamento dei poteri giustiziali di ARERA, un tempo marginali rispetto a quelli di regolazione e di esecuzione/sanzione. Una funzione, quella di risoluzione delle controversie, che va acquisendo crescente importanza soprattutto nell’ottica della tutela dei consumatori, laddove ARERA ha di recente dato vita ad un sistema di tutela dei consumatori energetici articolato su tre livelli[51]: in prima battuta, il reclamo del consumatore all’operatore che fornisce il servizio; poi, se la controversia non trova soluzione, la conciliazione obbligatoria (nei settori energetici) ex 141, comma 6, lettera c), del codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2015, n.130)[52] e, infine, al terzo livello, una procedura giustiziale, alternativa rispetto al giudizio civile, attivabile ad istanza di parte, e che si conclude con una decisione vincolante dell’Autorità, impugnabile dinanzi al giudice amministrativo[53]. Il principale vantaggio di questo modello, oltre al contenimento dei tempi e alla specializzazione, sembra rinvenibile nella uniformità interpretativa (“nomofilachia”) in ordine alla disciplina regolatoria in materia di consumatori: l’Autorità, come una sorta di “istanza apicale”, chiude difatti il sistema delle tutele alternative con le proprie decisioni, che possono costituire sicuri precedenti invocabili dai consumatori in sede di reclamo all’operatore (primo livello) o a cui i conciliatori potranno utilmente rifarsi al fine di stimolare l’accordo conciliativo (secondo livello); in questo modo, si dovrebbe, dunque, anche facilitare la risoluzione delle controversie ai primi due livelli, prima dell’approdo dinanzi al regolatore[54].
Il descritto modello a tre step pare destinato a trovare applicazione anche nei nuovi settori regolati, a cominciare dal settore idrico dove l’estensione delle tutele vigenti nei settori energetici dovrà avvenire “garantendo le specificità e la valorizzazione delle esperienze territoriali”[55] e, quindi, il ruolo degli enti di gestione d’ambito anche in funzione di risoluzione delle controversie[56]. Del resto, l’esigenza di ampliare e rafforzare la tutela dei consumatori è, come accennato, ancora più forte in settori non aperti alla concorrenza nel mercato, dove gli utenti finali non sono in condizione di scegliere tra una pluralità di fornitori, come avviene invece da tempo nei più avanzati mercati energetici.
4.- A contatto con il più variegato mondo dei servizi pubblici locali, il paradigma classico della regolazione – un “gioco giuridico evoluzionista”[57] di matrice britannica volto a realizzare/simulare la concorrenza attraverso regole di tipo condizionale; “giocato” da un regolatore, indipendente e monosettoriale, e dalle imprese regolate – è chiamato ad adattarsi ed evolversi. In tale percorso la regolazione ha fin qui dimostrato plasticità e attitudini pragmatiche, in coerenza con la sua natura evoluzionista. Dall’impatto avuto dalle nuove regole emerge, anzitutto, come le torsioni della nozione classica di regolazione non ne abbia inficiato l’efficacia: nel settore idrico, ad esempio, la presenza del regolatore indipendente ha fatto sì che la spesa per infrastrutture sia salita da 961 milioni di euro, nel 2012, a 1,49 miliardi nel 2015, con un incremento del 55%[58]. La regolazione sembra dunque essere riuscita a creare quella certezza del quadro regolatorio che è condizione essenziale per gli investimenti infrastrutturali connotati da lunghi tempi di ritorno; certezza peraltro fondamentale per aprire agli investimenti privati anche il settore dei rifiuti[59], come appare chiaro fin dall’avvio del primo procedimento di regolazione tariffaria[60].
E, con vent’anni di regolazione alle spalle, dovrebbe essere ormai possibile evitare, o quantomeno prevedere e attenuare, gli inconvenienti e le distorsioni del potere regolatorio: in primo luogo le tentazioni della regolazione finalistica, dietro la quale può celarsi un certo “dirigismo”[61]; il rischio di difettosi coordinamenti o conflitti istituzionali (col Governo, coi regolatori locali, con altre autorità indipendenti, AGCM in primis); l’“entropia” delle regole[62], che può minare la certezza della regolazione, per troppo “ardore regolatorio”[63]; la regolazione (rectius il potere normativo di regolazione) come succedaneo dell’enforcement - fenomeno cui si assiste nell’iper-regolato settore energetico, dove i problemi vengono forse troppo spesso risolti creando nuove regole piuttosto che spingendo sul controllo e la vigilanza, per garantire l’applicazione/esecuzione delle regole esistenti -; la regulation by litigation, quando perde di vista il fine tipico, la risoluzione di controversie intersoggettive, per divenire strumento di regolamentazione generale[64].
Il potere regolatorio, come ogni potere del resto, è sempre soggetto alla tentazione di disegnare perfette geometrie e splendidi edifici di regole: “perso nel suo monumento”[65], senza fare i conti con la razionalità limitata di ogni decisore pubblico e con le naturali imperfezioni dei mercati. Tentazione, questa, che diviene più forte quando la regolazione assume connotati più marcatamente finalistici, come nel caso dei servizi pubblici locali. Può tornare allora utile ricordarsi dell’ammonimento che viene dall’immaginifico Istituto per la regolazione degli orologi dell’omonimo romanzo di Tanpinar[66], simbolo di una regolazione perfetta e concentrata in sé, nei suoi fini e nelle sue tecniche, tanto autoreferenziale quanto inutile. L’opposto dell’“oltrepassamento” (della regolazione)[67] o, se si vuol evocare altra dinamica categoria filosofica, del dialettico “contraddirsi per svilupparsi”, per cui “ad ogni sfida cui si è risposto efficacemente, l’identità si consolida e l’alterità viene inglobata”[68]. E’ il caso della regolazione idrica (e, negli auspici, della regolazione dei rifiuti), dove i cambiamenti del paradigma aderiscono alla natura e alle esigenze delle (nuove) cose da regolare[69] e obiettivo ultimo dell’attività regolatoria è infondere certezza e fiducia nei contesti di riferimento[70].
(3 dicembre 2018)
[1]L’art. 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio di previsione 2018) ha esteso le competenze del regolatore dell’energia e dell’acqua al settore dei rifiuti, stabilendo che le funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti urbani ed assimilati siano esercitate dall’Autorità - ora denominata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). La regolazione ha fatto quindi ingresso nel mondo dei rifiuti con la deliberazione di ARERA 4 gennaio 2018 1/2018/A, recante “Avvio delle necessarie attività funzionali alla prima operatività dei compiti di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti urbani ed assimilati, attribuiti all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), ai sensi dell’articolo 1, commi da 527 a 530, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”. Per un quadro delle specifiche competenze attribuite ad ARERA, cfr. L. MUSSELLI, La regolazione della gestione dei rifiuti: verso nuove competenze dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, in F. MERUSI – S. ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, cit., 278 ss.
[2]Profili su cui si soffermano i saggi raccolti in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia, Bologna, 2018. Si vedano in particolare, per i profili concorrenziali, A. POLICE, La gestione dei rifiuti urbani come servizio pubblico: forme organizzative e modalità di affidamento tra regole di concorrenza e resistenze locali, 261 ss.; G. OLIVIERI, Monopolio e concorrenza nei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, 317 ss.; per quelli ambientali, F. DE LEONARDIS, Economia circolare: saggio sui suoi tre diversi aspetti giuridici. Verso uno Stato circolare?, 23 ss.
[3]Su regolazione e autorità indipendenti, nell’ambito di una letteratura ormai sterminata, si vedano M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005; M. D’ALBERTI - A. PAJNO (a cura di), Arbitri dei mercati. Le autorità indipendenti e l’economia, Bologna, 2010.
[4]Cfr. l’art. 21, comma 19, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.
[5]Sulla nuova disciplina delle società partecipate (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175), cfr. G. MORBIDELLI (a cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, 2018.
[6]F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, il Mulino, 2000, 95.
[7]“E se non c’è un mercato rilevante, non è possibile parlare di Regolazione. Almeno non nel senso di regolazione per determinare la concorrenza o, se non determinabile, simularla con strumenti di diritto amministrativo”, osserva F. Merusi, Note conclusive, in M. Midiri - S. Antoniazzi (a cura di), Servizi pubblici locali e regolazione, Napoli, 2015, 329.
[8]G. NAPOLITANO, La rinascita della regolazione per autorità indipendenti, in Giorn. dir. amm., 2012, p. 229 ss.
[9]In tema, G. Morbidelli, Il principio di legalità e i c.d. poteri impliciti, in Dir. amm., 2007, nonché, recentius, ID., Introduzione, in F. MERUSI – S. ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, cit., 9 ss.; cfr. anche P. PANTALONE, Autorità indipendenti e matrici di legalità, Napoli, 2018.
[10]In generale, sul carattere adattativo della regolazione, cfr. M.R. FERRARESE, Soft law: funzioni e definizioni, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, 2009, 87 ss., che definisce la regolazione come “una produzione normativa di carattere strategico, pragmatico e adattativo”.
[11]Cfr. M. CAMMELLI, Concorrenza per il mercato e regolazione dei servizi nei sistemi locali, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, 148.
[12]Cfr. art. 36 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1.
[13]Già per effetto dell’art.16, comma 2, dello schema di decreto legislativo recante “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale” (Atto del Governo n. 308), infatti, l’Autorità per l’energia avrebbe dovuto assumere il nome di Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), con competenze estese ai rifiuti. La Corte costituzionale, con sentenza n. 251 del 2016, ha tuttavia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t) e u), della legge di delega 7 agosto 2015, n. 124, “nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata”.
[14]La distinzione autorità di regolazione/garanzia è chiaramente tracciata da G. AMATO, Autorità semi- indipendenti ed autorità di garanzia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, 645 ss.
[15]Cfr. M.CLARICH, I poteri di impugnativa dell’Agcm ai sensi dell’art. 21-bis l. 287/90, in www.giustizia-amministrativa.it, 2013, 6.
[16]Cfr. F. GOISIS, Il potere di iniziativa dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ex art. 21-bis l. 287 del 1990: profili sostanziali e processuali, in Dir.proc.amm., 2013, 494.
[17]Ancora oggi percorse da una “irrisolta ambivalenza” (così A. MALTONI, Le società in house nel T.U. sulle partecipate pubbliche, in Urb.app., 2017, 22), equiparate ad un ufficio interno dell’amministrazione e considerate come enti pubblici in forma societaria, “gli enti strumentali di oggi” (li definisce G. MORBIDELLI, Gli enti strumentali di oggi, in atti del convegno “Il governo dell’economia. Nel centenario della nascita di Vittorio Ottaviano” (in corso di pubblicazione), sulla scia di V. OTTAVIANO, Considerazioni sugli enti pubblici strumentali, Padova, 1959). L’ampio spazio dell’in house nei servizi pubblici locali diversi è stato di recente sottolineato da G. PERICU, In ricordo di Franco Bonelli: brevi note in tema di privatizzazione dei servizi pubblici, in G. MORBIDELLI (a cura di), Le privatizzazioni, Firenze, 2018, 67.
[18]Su cui cfr. infra, il paragrafo 3.
[19]La promozione della concorrenza, insieme alla protezione dei consumatori, rappresentano valori fondamentali nel sistema della legge 14 novembre 1995, n. 481 (art.1, comma 1), ormai assurta a legge generale della regolazione: ogni volta, infatti, che il legislatore estende le competenze dell’Autorità di regolazione rinvia ai principi e ai poteri della legge istitutiva: cfr., da ultimo, il sopracitato art. 1, comma 527, l. n. 205/2017 (“… con i medesimi poteri e nel quadro dei princìpi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481…”); per primo fu l’art. 21, comma 19, d. l. n. 201/2011 a trasferire al regolatore dell’energia “le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici”, da esercitarsi “con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481”.
[20]In tal senso, quasi testualmente, F. FRACCHIA, Pubblico e privato nella gestione sei servizi pubblici locali: tra esternalizzazione e municipalizzazione, in Federalismi.it, 2016, 23.
[21]In questi termini, E. BOSCOLO, Il modello di regolazione indipendente nel settore idrico, in Annuario di diritto dell’energia, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia, Bologna, 2017, 269.
[22]Sull’importanza della tutela dei consumatori, come obiettivo dei regolatori, cfr. S. LITTLECHILD, Customer engagement, in The London School of Economics and Political Science -centre for analysis of risk and regulation, Discussion Paper, n. 82, febbraio 2016, 8 ss.
[23]La più avanzata frontiera della regolazione incentivante ha, ancora, matrici britanniche, rinvenibili nel c.d. RIIO Model (Revenue=Incentives+Innovation+Outputs), inventato da Ofgem per la regolazione delle infrastrutture a rete: cfr. il decision document Regulating energy networks for the future: RPI-X@20> del 4 ottobre 2010, in www.ofgmem.uk. In argomento, M. POLO - G. CERVIGNI - F. MARIA D’ARCANGELO - F. PONTONI (a cura di), La regolazione delle reti elettriche in Italia, IEFE, Research Report n. 15, giugno 2014, 23 ss.; C. CAMBINI – A. CROCE - E. FUMAGALLI, Output-based incentive regulation in electricity distribution: evidence from Italy, in Energy Economics, 45, 2014, 205 ss.
[24]L’origine di tutto è S. LITTLECHILD, Regulation of British Telecommunications’s Profitability, Report to the Secretary of State (1983), in Utilities policy, special issue, vol. 31, dicembre 2014. La genesi britannica della regolazione, e il suo schematismo di fondo, sono efficacemente descritte da F. MERUSI, La regolazione dei servizi d’interesse economico generale nei mercati (parzialmente) liberalizzati: una introduzione, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, cit., 2
[25] M.HEIDEGGER, Identità e differenza, trad. it. G. Gurisatti, Milano, 2009.
[26]Cfr. E. BOSCOLO, Il modello di regolazione indipendente nel settore idrico, cit., 239.
[27]In effetti, il concetto classico di regolazione potrebbe trovare qui applicazione soltanto nei rari casi in cui l’affidamento avvenga tramite gara; negli altri casi si tratta invece di impedire che gestioni affidate in via diretta, senza alcun confronto concorrenziale, inducano condotte monopolistiche in danno degli utenti.
[28]Sulla differenza tra regolazione finalistica e condizionale, volta invece a fissare le condizioni per il corretto svolgersi dell’attività d’impresa, cfr. L. TORCHIA, Il controllo pubblico della finanza privata, Padova, 1992.
[29]Cfr. G. BORTONI, La regolazione dell’Aeegsi e le sfide del sistema idrico, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia 2017, cit., 400.
[30]Al riguardo, leggasi A. TRAVI, La disciplina tariffaria nel servizio idrico integrato, in Riv.regolazione mercati, 2014, 126 ss., il quale, con gran realismo, osserva come “ogni tariffa rappresenta un punto di equilibrio fra esigenze diverse alle quali è attribuito rilievo, in un dato momento, ai fini della gestione del servizio. E’ il “prisma” attraverso il quale i diversi valori coinvolti assumono concretezza, superando e talora contraddicendo le affermazioni enfatiche che sono così frequenti nella normativa sui servizi pubblici”.
[31]Cfr., in proposito, B. CARAVITA DI TORITTO, La definizione degli ambiti territoriali ottimali e i processi di aggregazione, in G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia, Bologna 2014, 191 ss.
[32]In argomento, M. PASSALACQUA, La regolazione amministrativa degli ATO per la gestione dei servizi pubblici locali a rete, in Federalismi.it., 2016, 2 ss.; con riferimento al settore dei rifiuti, F. GIGLIONI, La determinazione degli ambiti ottimali e le Autorità di governo locale nell’organizzazione e gestione del servizio rifiuti, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia 2018, cit., 223 ss. Diversamente dal settore idrico, nella maggior parte delle regioni italiane, con l’eccezione di Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Puglia e Sicilia, non sono stati ancora istituiti gli enti d’ambito-regolatori locali; ragion per cui il regolatore ARERA centrale dovrà, in molti casi, interfacciarsi direttamente con gli enti locali.
[33]Cfr. la memoria ARERA 623/2017/I/idr, depositata nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sull’emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla svolta dalla Commissione VIII, Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati.
[34]In particolare, gli enti d’ambito formuleranno una proposta tariffaria, sulla base del metodo definito dal regolatore nazionale, che dovrà quindi approvare la proposta dei regolatori locali. Sul meccanismo di determinazione della tariffa idrica, articolato sul duplice livello nazionale/locale, si veda l’analitica ricostruzione di V. PARISIO, La gestione del servizio idrico (integrato): valorizzazione della specialità e vuoto normativo, in Trattato di diritto dell’ambiente, diretto da P. DELL’ANNO - E. PICOZZA, vol. II, Discipline ambientali di settore, Padova, Cedam, 2013, 154 ss.
[35]Sulle differenze tra il modello monosettoriale inglese e il modello multisettoriale sperimentato invece in Spagna, Estonia e Olanda, di “super-regulator”, cfr. R. Price - C. Ross, A Better Deal for Consumers and an Attractiveenviroment for Investors: The Regulator’s Perspective on the Development and Use of Regulatory and Competitionpowers, in Utilities Policy, 31, 2014, 183.
[36]Nel sistema tedesco un’unica autorità cumula, infatti, competenze in materia di telecomunicazioni, servizi postali, energia, gas e trasporti ferroviari; in Spagna, addirittura, dal 2013, la medesima autorità svolge funzioni sia di regolazione – nel settore delle comunicazioni, energetico, postale e del trasporto ferroviario –, che di tutela della concorrenza. Solamente in Portogallo la stessa autorità (Entite Regulatrice des Services des Eaux et des Residus) regola il servizio idrico e i rifiuti, ma non i grandi servizi a rete energetici. Nel panorama europeo ARERA costituisce pertanto un unicum, almeno per quanto riguarda la sommatoria di settori regolati.
[37]Il punto è stato esattamente colto dal Consiglio di Stato (Adunanza della Commissione speciale, 3 maggio 2016, n. 1075) che, “a fronte del considerevole aumento delle competenze dell’Autorità …, che si occuperebbe ex novo della regolazione di un settore così delicato come quello dei rifiuti”, ha ravvisato “la necessità che allo svolgimento delle suddette funzioni possa provvedersi mediante il reclutamento di nuovo personale dotato di specifiche competenze tecniche”, il cui costo – precisa il Consiglio di Stato – “in ogni caso non graverebbe sulla finanza pubblica in forza del previsto meccanismo di autofinanziamento (la cui previsione risulterebbe altrimenti priva di effettive finalità)”.
[38]“Quando la produzione congiunta di due prodotti è più conveniente rispetto alla produzione separata di ciascuno dei due, si parla di economie di ampiezza (economies of scope) o di gamma (anche economie di varietà)”, C. SCOGNAMIGLIO PASINI, Economia industriale, Roma, 2013, 121.
[39]La cui definizione, alla base della teoria dell’impresa, risale al fondamentale saggio di R.H. COASE, The Nature of the Firm, Economica, 1937, 386 ss.
[40]“caratteri comuni che vanno dall’esistenza di monopoli naturali locali, alla escludibilità (e quindi tariffabilità), alla rivalità al consumo (con i connessi fenomeni di congestione), alla essenzialità e meritorietà della distribuzione all’utenza”, rileva A. PETRETTO, La regolamentazione congiunta del sistema idrico e del ciclo dei rifiuti, in F. MERUSI – S. ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, cit., 254.
[41]Cfr. le deliberazioni 225/2018/R/rif, recante “Avvio di procedimento per l’adozione di provvedimenti di regolazione tariffaria in materia di ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati”, e 226/2018/R/rif, d’“Avvio di procedimento per l’adozione di provvedimenti di regolazione della qualità del servizio nel ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati”. Nel settore idrico, il percorso di regolazione è stato scandito dalla delibera 643/2013/R/idr, di “Approvazione del Metodo Tariffario Idrico e delle disposizioni di completamento”, e dalla delibera 655/2015/R/idr, “Testo integrato per la regolazione della qualità contrattuale del servizio idrico integrato ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono”, fino alla delibera 917/2017/R/idr, sulla “Regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono (RQTI)”.
[42]Lo stesso art. 1, comma 527, lett. f), l. n. 205/2017 fa riferimento a un “metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti ...” (corsivo aggiunto).
[43]Sul punto, A. PETRETTO, La regolamentazione congiunta del sistema idrico e del ciclo dei rifiuti, in F. MERUSI – S. ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, cit., 257.
[44]Sull’importanza della tutela dell’affidamento nei mercati regolati, si segnala Cons. Stato, sez. II, 21 marzo 2012, n. 1683, anche per un interessante tentativo di bilanciare tutela dell’affidamento e flessibilità normativa. In argomento, si vedano le lucide riflessioni di A. TRAVI, Considerazioni critiche sulla tutela dell’affidamento nella giurisprudenza amministrativa (con particolare riferimento alle incentivazioni ad attività economiche), in Riv.reg.mercati, 2016.
[45]Al riguardo, cfr. E. Bruti Liberati, La regolazione dei mercati energetici tra l’autorità per l’energia elettrica e il gas e il Governo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 435 ss. Vedasi poi F.MERUSI, Un’autorità di regolazione fra un “glorioso passato ed un incerto futuro”, in F. MERUSI – S.ANTONIAZZI (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, cit., 288, il quale prevede che non mancheranno in futuro “occasioni per difendere giudizialmente la riserva di regolazione, attribuita e attribuibile all’Arera in materia di servizi relativi alle acque e ai rifiuti”, considerato che “la tentazione di ritornare alla politica economica, per il governo e per il parlamento, si è dimostrata, anche per altre Autorità, tanto più forte quanto più recente è stata la “sottrazione” dell’autonomia della regolazione alla passata politica economica”.
[46]T. PROSSER, The regulatory enterprise, Oxford, 2010.
[47]In argomento, sia consentito rinviare a S. LUCATTINI, Rivalità e coordinamento nel governo dei servizi pubblici, in Dir.soc., 2016, 669 ss.
[48]Auspica l’attribuzione di un analogo potere anche nel settore dei rifiuti A. POLICE, La gestione dei rifiuti urbani come servizio pubblico: forme organizzative e modalità di affidamento tra regole di concorrenza e resistenze locali, cit., 267.
[49]Sul punto, con riferimento al settore idrico, V. PARISIO, La gestione del servizio idrico (integrato): valorizzazione della specialità e vuoto normativo, cit., 159; con riguardo ai rifiuti, L. SALTARI, La regolazione indipendente nel settore dei rifiuti, in L. CARBONE – G. NAPOLITANO – A. ZOPPINI (a cura di), Annuario di diritto dell’energia 2018, cit., 219, nonchè AGCM, Indagine conoscitiva IC49, 2016, 164, in www.agcm.it, 163.
[50]Sulla pubblica amministrazione come cliente (di energia elettrica), cfr. A. TRAVI, Contratti dell’energia e regolazione: la pubblica amministrazione come cliente, in M. DE FOCATIIS - A. MAESTRONI (a cura di), Contratti dell’energia e regolazione, Torino, 2015, 165 ss.
[51]Cfr. la delibera 639/2017/E/com, recante “Approvazione della disciplina della procedura decisoria per la risoluzione delle controversie tra clienti o utenti finali e operatori o gestori nei settori regolati dall’Autorità”.
[52]In particolare, gli strumenti conciliativi previsti sono: la conciliazione del Servizio Conciliazione clienti energia gestita dall’Acquirente Unico, in avvalimento da parte dell’Autorità; le conciliazioni paritetiche, le conciliazioni amministrate dalle Camere di commercio e quelle degli organismi di ADR iscritti nell’elenco tenuto da ARERA (cfr. la delibera 209/2016/E/com – Testo integrato conciliazione).
[53]Tale sistema, strutturalmente simile a quello da tempo vigente nel settore delle comunicazioni (cfr. la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 173/07/CONS), è espressione del polivalente principio di sussidiarietà: una gradazione di tutele – alternative – diverse, e la giurisdizione come una sorta di extrema ratio cui si ricorre soltanto quando i metodi stragiudiziali – fondati su opzioni volontarie e libere – hanno fallito.
[54]Già al primo livello (reclamo del consumatore all’operatore) o al secondo livello (conciliazione) è ragionevole prevedere (alla luce anche dell’esperienza dell’Autorità per le comunicazioni, AGCOM) che gli operatori preferiranno trovare un accordo con il consumatore piuttosto che “subire” la decisione dell’Autorità, pubblicata sul sito internet e suscettibile di produrre conseguenze a livello di contenzioso civile (dove la decisione del regolatore può influire sul libero convincimento del giudice) e reputazionale.
[55]Cfr. la delibera 55/2018/E/idr, specialmente i primi due “Ritenuto opportuno”.
[56]Nella direzione della tutela multilivello si muovono anche le proposte recentemente formulate dalla “Commissione Alpa” – “Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato” -, laddove viene ipotizzato un sistema di ADR denominato “potere decisorio nel campo dei servizi pubblici”, applicabile allorché gli enti pubblici che affidano mediante gara ad evidenza pubblica la gestione di un servizio di interesse economico generale inseriscano, nello schema di contratto di servizio o comunque negli atti di gara, la previsione di sistemi di risoluzione extragiudiziaria delle controversie con gli utenti che derivino dal rapporto di utenza. L’organismo chiamato a risolvere le controversie è, qui, un collegio composto da tre componenti, dotati di adeguata esperienza, nominati dal Presidente del Tribunale, del Tar e della sezione giurisdizionale della Corte conti territorialmente competenti. Anche qui si hanno più livelli di tutela: un primo, conciliativo, affidato al presidente del collegio; e, in seconda battuta, un livello decisorio che sfocia in una decisione amministrativa collegiale. La decisione è impugnabile dinanzi al Tar e l’eventuale rigetto del ricorso comporta delle conseguenze sul piano delle spese processuali, secondo un modello già seguito per i pareri di pre-contenzioso dell’ANAC (art. 211 del codice dei contratti pubblici – decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50). L’azione giurisdizionale è improcedibile finché non sia stato esperito il tentativo di conciliazione: una ipotesi di giurisdizione condizionata, dunque.
[57]Così M. RAMAJOLI, Procedimento regolatorio e partecipazione, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, cit., 218, evocando F.A. HAYEK, Legge legislazione e libertà, trad.it P. G. Monateri, Milano, 2000.
[58]Cfr. REF Ricerche, Regole chiare e “governo” del settore: investire nell’acqua, investire in sviluppo, Milano, 2015.
[59]La stessa AGCM, nell’Indagine conoscitiva IC49, 2016, 164, aveva, in quest’ottica, auspicato l’attribuzione delle potestà regolatorie in materia di rifiuti ad un “soggetto terzo rispetto alle imprese regolate, dotato di autonomia funzionale e organizzativa e delle competenze tecniche necessarie per la corretta regolazione del settore”, ipotizzando che tale soggetto potesse essere individuato nell’Autorità per l’energia. In tale prospettiva, cfr., altresì, Cons. St., Adunanza della Commissione speciale, n. 83/2017, ove si sottolineano i “positivi effetti economici, ambientali e sociali che l’avvio di una regolazione indipendente per il settore dei rifiuti avrebbe potuto, potrebbe ancora, e dovrebbe apportare al sistema Paese”.
[60]Dove si mira a realizzare un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, come prevede l’art. 1, comma 1, l. n. 481/1995: cfr. il III “Considerato” della deliberazione 225/2018/R/RIF, recante “Avvio di procedimento per l’adozione di provvedimenti di regolazione tariffaria in materia di ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati”.
[61]Osserva F. MERUSI, Il sogno di Diocleziano. Il diritto nelle crisi economiche, Torino, 2013, 96, che le autorità indipendenti, se la loro attività assume una inclinazione dirigistica, possono risultare dotate di armi ancor più affilate di quelle in possesso dei vecchi pianificatori.
[62]F. MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, in Dir.amm., 2002, 200.
[63]Cfr. S. CASSESE, Dalle regole del gioco al gioco con le regole, in Merc.conc.reg., 2002, 265 ss., nonchè J.B. RUHL-J. SALZMAN, Mozart and the Red Queen: The Problem of Regulatory Accretion in the Administrative State, in The Georgetown Law Journal, Vol. 91: 757, 2002-2003.
[64]Con i connessi rischi di lesione dell’affidamento evidenziati in S. LUCATTINI, Modelli di giustizia per i mercati, Torino, 2013, 217 ss.
[65]M. LUZI, Qui il potere è sommo e confina con la sua assenza, in Le Poesie, Milano, 2014, 561.
[66]A.H. TANPINAR, L’istituto per la regolazione degli orologi, trad. it. F. Salomoni, Torino, 2014.
[67]Verwindung significa, nell’interpretazione di G. VATTIMO, Dialettica, differenza, pensiero debole, in G. VATTIMO – P.A. ROVATTI (a cura di), Il pensiero debole, Milano 1983, 21, “declinazione-distorcimento, e il rimettersi (rimettersi da, rimettersi a, rimettersi nel senso di inviarsi”.
[68]Così R. BODEI, Scomposizioni, Bologna, 2016, 373, rifacendosi a Hegel.
[69]In applicazione della “vecchia” logica romagnosiana (cfr. G.D. Romagnosi, Della ragion civile delle acque nella rurale economia, 4a ed., Prato, 1938, 131), secondo cui è la “qualità interessante” del bene a condizionare le scelte di regolazione. Su questa logica, a proposito della disciplina delle acque, si vedano F. Merusi, Acque e istituzioni, in Dir. econ., 2009, 28, e A. Cassatella, Acqua e livelli di governo, in G. Santucci - A. Simonati - F. Cortese (a cura di), L’acqua e il diritto, Trento, 2011, 355; con riferimento all’energia, G.D. Comporti, Energia e ambiente, in G.P. Rossi (a cura di), Diritto dell’ambiente, Torino, 2008, 259. In generale, sull’attualità del “criterio funzionale romagnosiano”, F. Merusi, Gian Domenico Romagnosi fra diritto e processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 1237 s.
[70]Certezza del diritto che costituisce la “norma principio di chiusura” dell’ordinamento europeo: così F. Merusi, La legalità amministrativa. Altri sentieri interrotti, Bologna, 2012, 9. Cfr., altresì, l’ordine esecutivo del Presidente degli Stati Uniti 13.563 del 18 gennaio 2011, Sul miglioramento della regolazione e sulla sua revisione, laddove si afferma che la regolazione è chiamata, tra l’altro, a “promuovere la prevedibilità e ridurre l’incertezza”.