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Smart city: l’intreccio di riferimenti normativi e l’innovazione tecnologica nella gestione dei servizi pubblici locali (di Sandra Antoniazzi)

Sommario: 1.  Il modello di smart city che emerge dagli atti programmatici e di soft law dell’Unione Europea. – 2. La dimensione territoriale urbana, gli enti locali e le norme di legge statale: i necessari obiettivi di innovazione tecnologica e ambientale. - 3. La gestione dei servizi pubblici locali mediante società multiservizi, soggetti protagonisti dell’attuazione di progetti e interventi per la smart city.

 

1. La città intelligente, sostenibile, di benessere sociale, espressione di sviluppo del territorio è da tempo un obiettivo prioritario delle politiche europee e una ricostruzione completa è contenuta nell’Agenda urbana europea[1], in via di attuazione anche mediante finanziamenti dell’UE. Si è diffuso in Europa come valore distintivo il principio guida di governo degli insediamenti urbani secondo criteri di qualità di vita e di lavoro e da ciò l’elaborazione di soluzioni di intervento riconducibili al modello di azione di smart city.

 La nuova idea di città moderna e intelligente emerge da alcuni riferimenti e progetti a partire dal 2000 per perfezionarsi nella Carta di Lipsia del 2007, documento sullo sviluppo sostenibile delle città e sull’incentivazione di politiche urbane integrate, fino alle strategie europee “Europa 2020[2] per la rigenerazione urbana mediante l’efficienza energetica, il miglioramento dei trasporti e il rinnovamento nella gestione dei servizi. Gli ulteriori obiettivi sono contenuti nell’Agenda territoriale dell’Unione europea 2020[3], come il risparmio energetico e la sostenibilità dello sviluppo dei territori urbani, la progressiva riduzione del consumo del suolo, secondo una visione integrata che coinvolge tutti i settori e diverse autorità amministrative e non solo gli enti locali. 

  Come è noto, l’UE non ha una competenza in materia di smart city, di conseguenza gli interventi possibili consistono in azioni e progetti che prevedono aiuti collegati alla realizzazione di programmi settoriali[4] oppure in iniziative specifiche con riferimento al partenariato pubblico-privato (ad es., European Innovation Partnership on Smart cities and Communities[5]), disciplinati da comunicazioni e da atti di soft law non giuridicamente vincolanti (ma convincenti) e con il fine di orientare gli enti territoriali e gli operatori economici ad adottare soluzioni smart. Nelle politiche di coesione dell’UE vi sono diversi programmi per la città, ad es. Urbact[6] in cui si riscontrano concetti e obiettivi evoluti di sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata contestualmente ad un elevato livello di tutela ambientale. Dal 2013 si assiste ad un incremento delle azioni settoriali (città, ambiente, energia, trasporti, ecc.) dell’UE come conseguenza di una specifica politica europea per le smart cities e ulteriori obiettivi sono espressi nella Comunicazione della Commissione[7] (2014) “La dimensione urbana delle politiche dell’UE – Elementi fondanti di un’Agenda urbana UE” per politiche comunitarie successive e per la programmazione dei fondi europei 2014-2020; si pone nella stessa direzione la Risoluzione[8] del Parlamento europeo del 9 settembre 2015, in tema di dimensione urbana delle politiche dell’UE. Questi documenti programmatici esprimono il più recente indirizzo sulla questione urbana e le esigenze specifiche del territorio, al fine di una progettazione integrata secondo gli obiettivi della città europea del futuro, superando la visione tradizionale in senso prevalentemente urbanistico. Prevalgono il criterio dell’integrazione delle politiche settoriali, un maggiore coinvolgimento delle autorità locali anche secondo un’estensione più ampia della regione di appartenenza e l’obiettivo di includere le tematiche urbane nella legislazione dell’UE.

  Nonostante l’evoluzione sovranazionale, non risulta agevole delineare un inquadramento giuridico o individuare una definizione esaustiva di smart city, dato che non esiste una definizione normativa in senso stretto, ma una nozione ampia dai confini giuridicamente incerti, che deriva soprattutto da fonti di soft law e da programmi; tuttavia, può essere utile come riferimento uno studio[9] del Parlamento europeo da cui emerge una nozione di sintesi di smart city, spesso richiamata e che in effetti include gli aspetti essenziali[10].

  Le città devono partecipare attivamente allo sviluppo territoriale, economico e sociale dell’UE secondo il modello della città intelligente, creativa e sostenibile, in linea con le moderne tecnologie e con adeguate modalità di comunicazione; tuttavia, si prospetta in concreto il problema di ricondurre i vari interventi ad una visione complessiva di città del futuro che orienti i cittadini verso un’effettiva dimensione innovativa. Tra l’altro, l’attuazione spetta a diversi livelli di governo, statale, regionale e locale, di difficile coordinamento per le molteplici azioni e finalità; gli enti locali spesso aderiscono alle politiche di innovazione per acquisire finanziamenti per singoli interventi, in assenza di un’effettiva strategia più ampia per il territorio urbano.

L’indirizzo europeo più recente persegue, invece, con decisione il superamento delle politiche settoriali e il coinvolgimento degli enti territoriali nell’elaborazione delle strategie urbane che s’incentrano sugli obiettivi di smart city e sull’Agenda urbana europea, come complessiva visione di intervento rivolta alle città e alle aree urbane, da attuare nel lungo periodo come politica complessiva e disciplina di livello europeo. Questa nuova linea, anche se in via di approfondimento, emerge già nelle politiche di finanziamento per il 2014-2020 e nell’Accordo di partenariato[11] 2014-2020 per l’utilizzo di fondi strutturali e investimenti dell’UE che prevede un compito di progettazione delle trasformazioni urbane in un sistema più ampio che coinvolge le Regioni, come emerge dal programma “Città metropolitane[12] e dalle azioni dell’ “Agenda urbana”.

  In particolare, l’Agenda urbana italiana, che include i programmi regionali FESR-FSE 2014-2020 con più ampie possibilità di finanziamento, si basa sull’accordo di partenariato e l’obiettivo generale è quello di realizzare territori urbani in cui vi sia un’integrazione di politiche di sostenibilità e di competitività, derivanti dalla progettazione comune di autorità urbane (le città) e autorità di gestione (Regioni). 

2. Le condizioni che dovrebbero caratterizzare gli ambienti urbani per l’attuazione di sistemi innovativi secondo la politica di smart city attengono ad una visione di ambiente positivo per molteplici profili e, tra questi, rilevano l’accessibilità per le scelte di mobilità sostenibile, l’adattabilità per l’applicazione di meccanismi intelligenti in relazione alla complessità dei servizi e delle problematiche urbane, la capacità di attrarre capitali e talenti, il contributo positivo al ruolo degli enti pubblici e delle imprese private anche mediante collaborazione in partnership[13] e la promozione della diffusione della conoscenza e dello scambio di informazioni tra cittadini, amministrazioni e parti interessate con una forte connotazione tecnologica ed informatica[14]. In effetti, il ruolo della tecnologia nel rapporto tra ambiente urbani, servizi pubblici e cittadini utenti è centrale; inizialmente l’idea di smart city si ricollega alla dotazione di infrastrutture tecnologiche per le città innovative e competitive nell’organizzazione dei servizi da erogare ai cittadini, nel senso di soluzioni di elevata tecnica per problemi di carattere ambientale e di politica dei servizi. Più di recente, la visione si è ampliata includendo molteplici finalità e interventi diversi fino ad una visione di smart community con una maggiore attenzione per nuove forme di partecipazione. Gli esempi concreti di smart city sono ancora progetti solo in parte realizzati per le infrastrutture tecnologiche sulla base di sistemi integrati (smart grid, telecomunicazioni e reti informatiche, reti di servizi energetici e idrici); le finalità più complesse (servizi orientati ai reali bisogni degli utenti mediante un maggiore loro coinvolgimento nelle procedure) sono in fase di elaborazione e di sperimentazione. Le reti intelligenti possono meglio adeguare l’offerta dei servizi alle esigenze dell’utente, consentire più fonti di erogazione (ad es., anche l’energia rinnovabile), nuovi sistemi di misurazione[15] e piani di investimento; le sperimentazioni sono sostenute dall’UE e, in Italia, per il settore elettrico anche dal regolatore Arera[16]; questa evoluzione, allo stato non ancora compiuta, potrà incrementare la competizione tra le imprese di gestione dei servizi pubblici e la sostenibilità ambientale.

  La dimensione territoriale in cui si è evoluta la diffusione delle smart grid[17] è proprio quella urbana della città, in fase di trasformazione in molti Paesi per la densità abitativa, per le risorse a disposizione di natura pubblica e privata (con una partecipazione rilevante) e le problematiche ambientali. Alcune recenti manifestazioni nel settore dell’energia, hanno suscitato nuove forme di “aggregazione”, ad es. le comunità energetiche che acquisiscono energia con sistemi diversi, eventualmente anche in collegamento con altre comunità nella medesima dimensione urbana, da cui derivano soluzioni frammentate ma innovative che però non si adattano al tradizionale livello di governo di un ente locale. In effetti, il riferimento alle comunità con esigenze differenziate richiedono la ridefinizione di funzioni amministrative adeguate alle esigenze di aree territoriali di dimensione più circoscritta o più ampia rispetto al Comune e con requisiti di flessibilità per l’utilizzo ormai necessario delle tecnologie; di conseguenza, l’esercizio delle funzioni non coincide con i rigorosi limiti territoriali intesi in senso tradizionale e, quindi, le innovazioni tecnologiche impongono trasformazioni degli enti locali in forme di governo più complesse.

  La l. 7 aprile 2014, n. 56 (c.d. “Legge Delrio”) , le città metropolitane assumono un ruolo più significativo sulla base delle funzioni di “area vasta” che consentono interventi di carattere strategico per lo sviluppo economico e sociale del territorio e, quindi, compiti di programmazione dello sviluppo urbano, in effetti, riconducibili all’obiettivo di smart city. L’Agenda urbana, che prevede una revisione della città, contiene, tuttavia, interventi settoriali; è, quindi, indispensabile applicare il criterio della progettazione in collaborazione con la Regione, dato che gli enti locali già adottano come tendenza generale quella di scegliere le soluzioni più facilmente realizzabili (illuminazione pubblica o sistemi di gestione del traffico), spesso non inserite in una visione strategica complessiva di innovazione della città e del territorio.  La città metropolitana è disciplinata secondo una nuova impostazione: il principio di differenziazione attuato dall’autonomia statutaria, che può prevedere ambiti territoriali secondo zone omogenee, ulteriori livelli di amministrazione e nuovi strumenti di governo, funzioni di pianificazione strategica e di coordinamento. L’art. 1, comma 44, lett. c) della l. n. 56/2014 prevede per la città metropolitana la funzione di “strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano” come espressione di governo delle reti, secondo una logica che è pienamente riconducibile al tema esaminato; mentre la lett. b) attribuisce ad essa la funzione di approvazione della pianificazione territoriale generale che delinea “le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano”. La città metropolitana, sulla base di questi dati giuridici, può in effetti rappresentare un modello di governo adeguato delle reti proprio per la struttura differenziata. Tuttavia, nel governo delle smart grid non sono coinvolti solamente i livelli di amministrazione locale, peraltro, con problemi di coordinamento, ma anche l’Arera per la funzione di regolatore del mercato e degli operatori con varie misure di incentivazione per le reti intelligenti[18] nonché il livello europeo mediante gli aiuti di Stato; infatti, il reg. UE n. 651/2014 esclude dall’obbligo generale di notifica gli aiuti per le infrastrutture energetiche[19], in quanto ritenuti compatibili con l’ordinamento europeo.  

   A parte questi suggestivi riferimenti normativi, più in generale, la riforma delle autonomie con la l. n. 56/2014 delinea un riordino, comunque assai discusso, delle funzioni amministrative con conseguenze dirette anche per la gestione dei servizi pubblici, nonostante l’assetto non sia ancora consolidato, dato che l’attuazione spetta alle leggi regionali adottate a rilento e con poco entusiasmo[20]. Il riordino funzionale è stato sempre inserito tra gli obiettivi degli ultimi interventi normativi per fronte alla crisi e al debito pubblico, dato che la sovrapposizione delle competenze e dei ruoli si ricollega a questioni di inefficienza risalenti e irrisolte e a leggi di riforma di fatto disapplicate. Peraltro, la l. “Delrio” contiene un intento di riforma parziale riferita alle funzioni provinciali e volta a ridimensionare i compiti degli enti territoriali minori; è di certo centrale la logica di razionalizzazione della spesa[21] che ha anche condizionato le leggi regionali di attuazione. Si aggiunge la novità della cooperazione tra le Province come fase che precede la riorganizzazione delle funzioni per “area vasta” come nuovi enti di dimensione interprovinciale, dimensione già operante, ad es., nel settore dei servizi sanitari[22].

  In relazione ai servizi pubblici locali, si pone il problema di come la dimensione di “area vasta” si concili con il territorio del Comune, dato che è certamente un riferimento più ampio del Comune e non è noto un concetto di servizio pubblico provinciale; inoltre, questo ente di secondo livello non è un ente locale rappresentativo, ma al massimo potrà considerarsi un ente strumentale. In base all’art. 1, comma 90, della l. c.d. Delrio, “Nello specifico caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica prevedano l’attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, si applicano le seguenti disposizioni, che costituiscono principi fondamentali della materia e principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica” e, in particolare, è prevista la soppressione di enti o agenzie con d.p.r. o con legge regionale e “l’attribuzione delle funzioni alle Province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con Regioni e Comuni, da determinare nell’ambito del processo di riordino di cui ai commi da 85 a 97, secondo i principi di adeguatezza e sussidiarietà, anche valorizzando, ove possibile, le autonomie funzionali” in realtà inesistenti, dato che esse hanno funzioni strumentali rispetto ad altri enti; invece, il servizio pubblico locale si ricollega da sempre ad un ente dotato di autonomia.

  In sostanza, l’attuazione delle smart cities si dimostra assai complessa per la varietà degli atti giuridici e programmatici di diversi enti pubblici nazionali e di livello europeo e più recentemente, per il nostro ordinamento, in conseguenza delle nuove riforme in materia di riordino delle autonomie, di società a partecipazione pubblica e di norme finanziarie delle annuali leggi di stabilità con evidenti difficoltà di coordinamento. Peraltro, pur essendo ormai chiaro che i presupposti necessari (ma non sufficienti) delle smart cities consistono nella diffusa connettività e nella digitalizzazione dei servizi e delle comunicazioni negli enti locali, il legislatore non ha ad oggi indicato una nozione giuridica di riferimento, mentre ha previsto l’espressione generale “comunità intelligenti” come rubrica dell’art. 20, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (l. di conversione 17 dicembre 2012, n. 221) senza definire il concetto, anche se rappresenta il più rilevante riconoscimento normativo. La disposizione prevede competenze per l’Agenzia per l’Italia digitale e per il Comitato tecnico delle comunità intelligenti e si riferisce all’attuazione delle varie iniziative per una città intelligente previste dall’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea[23], obiettivo che consente di accedere al sostegno finanziario dell’UE.

  A parte le recenti riforme in corso di applicazione e di approvazione, nel nostro ordinamento l’attuazione del modello smart city si ricollega inevitabilmente all’ente locale Comune che ha, comunque, una struttura e funzioni amministrative adeguate alle caratteristiche e alle dimensioni della smartness, se consideriamo, ad. es., i servizi energetici, la gestione dei rifiuti, del traffico e della mobilità urbana; il ruolo svolto dai Comuni è stato determinante per applicazione dei diversi interventi ed è possibile affermare che l’ente svolge per la smart city un compito di diretta amministrazione[24]. La dimensione della smartness si è affermata soprattutto mediante l’esercizio delle funzioni comunali, anche se non in via esclusiva, ma in ogni caso i Comuni rappresentano gli enti locali di più certo riferimento in quanto giuridicamente titolari delle funzioni che consentono l’attuazione locale della smart city, come livello di governo che coincide con la dimensione urbana. L’art. 20 del d. l. n. 179/2012, introduce il concetto “le comunità intelligenti”, in relazione alle attività per il sistema di monitoraggio, coinvolge l’Anci[25] nell’individuazione di un sistema di misurazione basato su indicatori statistici e di “meccanismi per l’inclusione progressiva, nel sistema di monitoraggio, anche dei Comuni che non abbiano ancora adottato misure rientranti nel piano nazionale delle Comunità intelligenti”; dunque, la norma accenna solamente ai Comuni. Di certo, non è un richiamo che esprime il ruolo centrale effettivo dell’ente locale[26]; in seguito, come già rilevato, un’esplicita maggiore considerazione è stata prevista per la Città metropolitana per le funzioni di promozione e di gestione dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione (art. 1, comma 2, l. n. 56/2014) e quelle di indirizzo, pianificazione, coordinamento e di supporto ai Comuni dell’area metropolitana, in particolare riguardo alla promozione e al coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione (art. 44, lett. f), l. n. 56/2014), compiti che sono determinanti nel necessario coordinamento tra livello centrale e livello locale per l’attuazione dell’Agenda digitale e le Comunità intelligenti.  E’, quindi, evidente l’esigenza di chiarezza e certezza delle competenze degli enti coinvolti per l’intreccio di norme contenute in discipline con oggetto diverso: la prossima evoluzione dovrebbe essere un sistema smart per integrare le norme e gli attori nella realizzazione della città smart.

 

3. Per tradizione nel nostro ordinamento, la funzione di erogazione dei servizi pubblici può essere esercitata dai Comuni con ampia discrezionalità circa le modalità più adeguate di gestione e la scelta delle forme di affidamento (in house, a società a partecipazione pubblica mista quotate o non quotate, a società private) e per la disciplina si rinvia al TUEL, al d.lgs. n. 175/2016 sulle società a partecipazione pubblica che, peraltro, prevede significativi condizionamenti per le autonomie locali, e al codice civile. E’ assai diffusa la soluzione della società multiservizi che gestisce i servizi pubblici locali di interesse economico generale per più Comuni e in questo schema sono incluse entità societarie che per l’estensione dell’attività sono di “dimensione regionale”, radicate nel territorio per la presenza degli azionisti enti locali e con estensioni nelle regioni limitrofe, in conseguenza di aggregazioni, sollecitate anche dalla legge[27], e per l’incorporazione di medie imprese; nell’azionariato vi è una presenza significativa di azionisti privati che controllano, anche se limitatamente, l’azionariato pubblico[28].

  Il contesto recente deriva da una complessa diversificazione geografica e per settore di servizi, a seguito di procedure di concentrazione a partire dalle ex-municipalizzate per i servizi idrici, di gestione dei rifiuti, di distribuzione del gas e di elettricità fino alle attuali società multiservizi di cui le maggiori sono gruppi quotati e allo stesso tempo controllati da enti locali; le acquisizioni e le fusioni hanno coinvolto territori fuori dai confini di origine, diversificando le partecipazioni in più società e territori anche di più modesta dimensione, ma secondo criteri di scelta che hanno valutato le politiche industriali e i risultati nonché le prospettive innovative adottate dagli enti locali nella politica dei servizi pubblici.

  Queste soluzioni sono tipiche soprattutto del Centro-Nord-Est e se è possibile individuare un modello, questo è dipeso dalle circostanze geografiche e dal ruolo degli enti locali, non ravvisabile in altri territori con questa incidenza favorevole, dato che sono ancora diffuse altrove le imprese di gestione di un solo servizio e di piccole dimensioni. Il contesto è stato favorevole per economie di scala mediante un incremento dei servizi offerti, aspetti concreti che di certo favoriscono l’integrazione e la realizzazione di obiettivi di smart city.

  Un contributo rilevante alla promozione e alla realizzazione della smart city dev’essere certo riconosciuta alle società di gestione dei servizi pubblici locali mediante specifiche strategie innovative che gli enti locali difficilmente sono in grado di organizzare, anche se vi sono svariate soluzioni di incentivi, dato che l’UE promuove aiuti di Stato, ad es., per le reti intelligenti; la partecipazione degli enti locali a queste società, che derivano dall’aggregazione di aziende municipalizzate o di altre forme societarie, ha consentito l’applicazione di meccanismi e modalità smart nelle città di medie e di grandi dimensioni. Più di recente, si consideri il ruolo che queste società potranno svolgere nell’attuazione della c.d. economia circolare in applicazione della disciplina[29] dell’UE che coordina, in una visione complessiva, opportunità economiche ed esigenze di tutela dell’ambiente mediante la riutilizzazione dei beni, al fine di ridurre al minimo i rifiuti e di far uso di meno risorse possibili, obiettivi che inevitabilmente si ricollegano alla smart city.

 

(3 ottobre 2018)

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* L’articolo deriva dal contributo Smart City: quadro generale di atti, programmi e competenze di livello sovranazionale, nazionale e locale, in G. F. Ferrari (a cura di), La prossima città, Mimesis, Milano, 2017, 479 ss.

[1] In www.europa.eu.

[2] La Strategia Europa 2020 (Comunicazione della Commissione europea COM(2010) 2020 del 3 marzo 2010) illustra il concetto di economia “intelligente”, “sostenibile” e “inclusiva” per conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale e lo strumento più rilevante per questi obiettivi è proprio la smart city; inoltre, rientra nella Strategia l’adozione dell’Agenda digitale europea (Comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 def./2 del 26 agosto 2010) e tra gli obiettivi più innovativi vi è la realizzazione di un mercato unico digitale (Comunicazione della Commissione europea COM(2015) 192 final del 6 maggio 2015 “A Digital Single Market Stretegy for Europe”. V. la Dichiarazione di Toledo (2010) “Sulla rigenerazione urbana integrata e il suo potenziale strategico urbano più intelligente, sostenibile e inclusivo nelle città europee” (in www.anci.it).

[3] In www.ec.europa.eu. Documento del 20 maggio 2011, “Verso un’Europa solidale, intelligente e sostenibile delle diverse Regioni”.

[4] Ad es., Horizon 2020, programma di finanziamento della ricerca e dell’innovazione tecnologica, in www.ec.europa.eu/programmes/horizon2020/.

[5] In base alla Comunicazione della Commissione europea C (2012) 4701 final, 10 luglio 2012, in www.ec.europa.eu/eip/smartcities; l’iniziativa è volta a sostenere soluzioni innovative nei settori dell’energia e del trasporto, dell’informazione e della comunicazione per lo sviluppo urbano e territoriale sostenibile mediante soluzioni di partenariato città e comunità intelligenti.

[6] In www.urbact.eu.

[7] Comunicazione, (COM (2014) 490 final), in www.europa.eu.

[8] In www.europarl.eu.

[9] Si rinvia allo studio “Mapping smart cities in the EU”, Directorate-general for internal polices, Policy Department economic and scientific policy, Brussels, January 2014, 21, in www.europarl.europa.eu.

[10] Così “A city seeking to address public issues via ICT-based solutions on the basis of a multi-stakeholder, municipally-based partnership. These solutions are developed and refined through smart city initiatives”; le possibili manifestazioni sono: smart economy, smart mobility, smart environment, smart people, smart living e smart governance. V. il parere del Comitato economico e sociale europeo, “Le città intelligenti quale volano di sviluppo di una nuova politica industriale europea, TEN/568, Bruxelles, 1 luglio 2015 (in www.eesc.europa.eu).

[11] Accordo del 29 ottobre 2014 (C (2014) 8021 final) della Commissione europea, in ec.europa.eu.

[12] V. il Programma operativo nazionale Città metropolitane 2014-2020, approvato dalla Commissione europea il 14 luglio 2015 (in www.ec.europa.eu), che prevede interventi nei settori dell’agenda digitale, di mobilità sostenibile, di efficienza energetica e dell’economia sociale.

[13] La direttiva UE n. 24/2014 nell’art. 31 ha previsto il partenariato per l’innovazione e il d.lgs. n. 50/2016 ha recepito la categoria nell’art. 65; in effetti, il Comitato economico e sociale europeo nel parere 1 luglio 2015 (in www.eesc.europa.eu) afferma che gli investimenti nelle smart cities devono inserirsi nella logica del PPP (punto 2.8.2).

[14] Il primo tentativo di disciplina organica del processo di informatizzazione della pubblica amministrazione risale al d.p.c.m. del 15 febbraio 1989 e alla circolare del Ministero della Funzione Pubblica del 4 agosto 1989 circa il coordinamento delle iniziative di automazione.

[15] Ad es., l’UE ha promosso il rinnovo di misuratori elettronici per favorire le reti intelligenti, v. Raccomandazione 9 marzo 2012, 2012/148/UE sulle misure per l’introduzione di sistemi di misurazione intelligenti (in www.eur-lex.europa.eu) e la relazione della Commissione europea (2014) 356 final “Analisi comparativa dell’introduzione dei sistemi di misurazione intelligenti nell’UE-27, in particolare nel settore dell’elettricità”, in www.ec.europa.eu.

[16] Per atti e documenti si rinvia al sito istituzionale www.arera.it.

[17] Le reti intelligenti per i servizi pubblici riguardano gli utilizzi domestici dell’energia elettrica, l’illuminazione pubblica di ampie aree territoriali mediante telecontrollo, l’alimentazione delle auto elettriche, veloci informazioni sul traffico. 

[18] Le misure di incentivazione hanno agito soprattutto sulle tariffe e più recentemente mediante tariffe differenziate; in effetti, le prime iniziative non derivano dagli enti territoriali, ma dall’Aeegsi, che ha adottato provvedimenti per sperimentazioni (v. delibere Aeeg 25 marzo 2010, Arg/elt/39/10, procedura e criteri di selezione di investimenti ammessi al trattamento incentivante; Aeegsi 23 aprile 2015, 183/2015/R/eel, su progetti pilota di smart grid e trattamento incentivante; reperibili in www.arera.it) ed investimenti nel settore delle reti intelligenti (trasmissione e distribuzione), inizialmente in assenza di specifiche competenze, sulla base dell’esercizio di poteri impliciti nella funzione di regolazione e poi acquisite in base all’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011.

[19] V. art. 2, § 130, lett. a) che include le reti intelligenti come qualsiasi attrezzatura, linea, cavo o installazione, a livello di trasmissione e distribuzione a bassa e media tensione secondo una definizione molto approfondita e le diverse modalità di utilizzo nel settore dell’energia elettrica per un sistema efficiente economicamente e sostenibile. Tra gli aiuti ammessi dalla Commissione, quelli a finalità regionale nel periodo 2014-2020 in adesione agli obiettivi della Strategia Europa 2020, v. art. 107, § 3, TFUE.

[20] V. l. 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

[21] Si rinvia all’art. 1, comma 97, della l. n. 56/2014.

[22] V. artt. 100-101 della l. r. Toscana 24 febbraio 2005, n. 40.

[23] Si rinvia al documento “Architettura per le comunità intelligenti: visione concettuale e raccomandazioni alla pubblica amministrazione”, 3 ottobre 2012, dell’Agenzia per l’Italia digitale, in www.agid.it.; tra le definizioni, l’erogazione “di servizi integrati e sempre più intelligenti” e “la digitalizzazione delle comunicazioni e dei servizi”, l’uso intelligente delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è strumento e presupposto di smartness.  

[24] Ad es., quando un intervento comporti l’uso di beni pubblici o di dati in possesso dell’amministrazione; negli altri casi l’ente agisce, in genere, con diverse modalità a seconda della competenza, ad es., per l’erogazione di servizi pubblici mediante la gestione in house oppure l’affidamento a società a partecipazione pubblica, miste o a società private. Peraltro, si consideri il d.lgs. n. 175/2016 sulle società a partecipazione pubblica.

[25] Per iniziativa dell’ANCI è stato istituito l’Osservatorio nazionale Smart city, in www.osservatoriosmartcity.it; si rinvia altresì al documento “Vademecum per le città intelligenti”, che equipara smart cities-comunità intelligenti-Comuni.

[26] La smartness collegata all’applicazione dell’Agenda digitale e all’Agenzia per l’Italia digitale (istituita con d. l. n. 83/2012, convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 134), che coordina il processo di attuazione mediante gli strumenti economici e tecnologici per il progresso delle Comunità intelligenti, ha comportato una diversa considerazione degli enti territoriale coinvolti nella Comunità intelligente, in quanto prevale la competenza statale in materia di coordinamento informativo e informatico.

[27] Il d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. decreto “Sblocca Italia”), convertito nella l. 11 novembre 2014, n. 164, ha previsto un rilancio delle privatizzazioni per le società partecipate dagli enti locali, in particolare nei settori del trasporto locale, servizi ambientali (rifiuti) e dell’idrico.

[28]  Ad es., nel caso di Hera spa, l’azionariato al 30 giugno 2018 è così composto: 48,4% (Patto soci pubblici), 51,6% flottante; si rinvia al Bilancio di sostenibilità 2017, in www.gruppohera.it.

[29] Le direttive del 30 maggio 2018, n. 849-850-851-852/2018/UE (in vigore dal 4 luglio 2018) modificano le direttive preesistenti sui rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettronici e, in particolare, la direttiva “generale” sui rifiuti 2008/98/CE e le direttive “speciali” 1994/62/CE, 1999/31/CE, 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/UE.

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