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Note sull’impugnabilità dei bandi, aspettando l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (di Luca Bertonazzi)

SOMMARIO: 1. La fattispecie su cui intervenne la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2003. – 2. La Plenaria n. 1/2003: parabola argomentativa e conclusioni. – 3. I ripetuti tentativi di superamento della Plenaria n. 1/2003 – negli anni 2011, 2012 e 2013 – da parte della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara. – 4. I più recenti tentativi di superamento della Plenaria n. 1/2003 – nell’anno 2017 – da parte della Terza Sezione del Consiglio di Stato, sempre nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara. – 5. Corretta impostazione del problema: attitudine o inattitudine della lex specialis di gara a ledere immediatamente sfere giuridiche altrui, sua natura sostanziale (oscillante tra provvedimento e atto endoprocedimentale, a dispetto della o in linea con la sua ubicazione all’interno della procedura), individuazione dell’oggetto del giudizio, dell’efficacia oggettiva della sentenza di annullamento e del suo effetto conformativo. – 6. Corollario della corretta impostazione del problema: sostituzione dell’alternativa tra impugnabilità postergata e immediata della lex specialis di gara con l’alternativa fra non impugnabilità tout-court e impugnabilità (immediata quando predicabile). – 7. Assumendo l’alternativa fra non impugnabilità tout-court della lex specialis e sua impugnabilità (immediata quando predicabile): normale non impugnabilità della lex specialis, stante la sua inidoneità a ledere immediatamente l’interesse all’aggiudicazione, unico interesse sostanziale protetto facente capo ai concorrenti (trascurando per il momento le clausole preclusive della partecipazione). – 8. Inconsistenza degli argomenti alla base dei ripetuti tentativi da parte della Sesta Sezione, negli anni 2011, 2012 e 2013, di dilatare, e finanche generalizzare, l’onere di immediata impugnazione della lex specialis. – 9. Inconsistenza degli argomenti addotti da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 e Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 in favore, rispettivamente, dell’onere di immediata impugnazione della lex specialis di gara nella parte in cui stabilisce il criterio di aggiudicazione e della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara. – 10. Clausole preclusive della partecipazione: una rivisitazione del diritto vivente nel segno della negazione della loro immediata impugnabilità (rectius: negazione della loro impugnabilità tout-court). La (tendenziale) generalizzazione della non impugnabilità della lex specialis di gara.

 

  1. La fattispecie su cui intervenne la sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2003.

Nell’ambito di una procedura ristretta un concorrente impugnava la propria esclusione, maturata in applicazione di una clausola della lettera di invito relativa alla verifica di anomalia delle offerte. Il ricorrente lamentava l’illegittimità di detta clausola – in quanto prescriveva, in difetto dei presupposti di legge, l’esclusione automatica dell’offerta sospetta di anomalia – e, quindi, l’illegittimità derivata della propria esclusione. L’impugnativa era estesa all’aggiudicazione disposta a favore del controinteressato, a sua volta censurata per illegittimità derivata.

Il controinteressato eccepiva la tardività della contestazione della lex specialis di gara (nella specie, la lettera di invito). Il TAR, con sentenza del 1999, rigettava l’eccezione, richiamando il prevalente (ma già all’epoca non unanime) indirizzo giurisprudenziale, in forza del quale le prescrizioni di bandi e inviti non preclusive della partecipazione, tra le quali quelle in tema di verifica di anomalia delle offerte, manifestano la loro attitudine lesiva solo se e quando si traducono in un provvedimento di esclusione (arresto procedimentale) o di aggiudicazione ad altri. Il ricorso era accolto nel merito.

Nel ricorrere in appello l’amministrazione, già resistente e soccombente in prime cure, si doleva anzitutto della reiezione, da parte del TAR, dell’eccezione di tardività della contestazione della lex specialis di gara([1]).

Cons. Stato, sez. V, ord. 6 maggio 2002, n. 2406 rimetteva all’Adunanza plenaria dello stesso Consiglio di Stato la seguente questione: “se le clausole di bandi di gara o di concorso e delle lettere di invito, diverse da quelle riguardanti i requisiti di partecipazione alla procedura selettiva, debbano essere impugnate entro il termine decorrente dalla loro conoscenza legale o se, invece, possano essere impugnate con l’atto applicativo, che conclude, per l’interessato, la procedura selettiva”.

 

  1. La Plenaria n. 1/2003: parabola argomentativa e conclusioni.

La questione della “esatta delimitazione dell’ambito oggettivo di immediata impugnazione del bando di gara o di concorso” fu rimessa alla Plenaria nel 2002 perché in quegli anni, accanto all’indirizzo giurisprudenziale prevalente, che circoscriveva l’onere di immediata impugnazione alle sole clausole impeditive dell’ammissione, si erano sviluppati orientamenti di segno diverso, specialmente inclini ad una dilatazione – e finanche generalizzazione – dell’area dell’ (onere di) immediata impugnazione della lex specialis di gara o di concorso([2]).

Come è noto, la Plenaria n. 1/2003([3]) è pervenuta alla seguente conclusione: “l’onere di immediata impugnazione del bando di gara” è, “normalmente”, circoscritto alle sole clausole (riguardanti i requisiti partecipativi e) ostative alla partecipazione; non può, tuttavia, escludersi un onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara “in quei limitati casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino manifestamente incomprensibili” o “sproporzionati” (punto 5 del “Diritto”).

Questa la altrettanto nota parabola argomentativa: a) “i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito”, che sono atti amministrativi generali([4]), “vanno impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi … a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato”, che ne è diretto destinatario; b) a fronte di una clausola, supposta illegittima, del bando di gara o di concorso, “il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione”, dal momento che egli non sa ancora se la supposta illegittimità della predetta clausola “si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare” (dove per “esito negativo” si intende la propria esclusione o l’aggiudicazione ad altri); c) “d’altra parte, ove l’esito negativo della procedura concorsuale dovesse effettivamente verificarsi, l’atto che chiude tale procedura [esclusione o aggiudicazione ad altri] facendo applicazione della clausola … del bando di gara o di concorso, non opererà nel senso di rinnovare (con l’atto applicativo) una lesione già effettivamente prodottasi, ma renderà concreta e attuale (ed in questo senso la provocherà per la prima volta) una lesione” che per l’innanzi era solo (potenziale, nel senso di) futura ed eventuale, “ma che non aveva ancora attitudine (per mancanza del provvedimento conclusivo del procedimento)([5]) a trasformarsi in una lesione concreta ed effettiva”; d) decisiva, ai fini della configurabilità di un onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara, “è la sussistenza di una lesione concreta ed attuale della situazione soggettiva dell’interessato”, che determina, a sua volta, la sussistenza di un interesse a ricorrere e, quindi, “con riferimento al bando di gara o di concorso o alla lettera di invito, l’attitudine (sua o di alcune clausole in essi contenute) a provocare una lesione di tal genere” (punto 5 del “Diritto”).

“E’ per tale ragione che è stato, pertanto, tradizionalmente affermato che il bando di gara o di concorso o la lettera di invito, normalmente impugnabili con l’atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale([6]), devono tuttavia essere considerati immediatamente impugnabili allorché contengono clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione”. In tali ipotesi – secondo la Plenaria n. 1/2003 – la clausola del bando, ostando essa stessa all’ammissione dell’interessato alla procedura concorsuale, appare idonea a generare una lesione concreta e attuale della sua situazione soggettiva e a suscitare, di conseguenza, l’interessa al (e nel contempo l’onere del) ricorso.

“L’orientamento giurisprudenziale che prevede la normale impugnabilità del bando di gara o di concorso unitamente agli atti applicativi([7]), con l’eccezione” delle clausole (relative a requisiti di ammissione e) ostative alla partecipazione, “fa, pertanto, corretta applicazione, nell’ipotesi generale ed in quella configurata come eccezione, dei principi in tema di interesse a ricorrere, dal momento che, sia con riferimento all’una che all’altra, afferma l’esistenza dell’onere dell’impugnazione in relazione all’esistenza di una lesione concreta e attuale della situazione soggettiva dell’interessato” e “alla correlativa sussistenza di un interesse (processuale) a ricorrere” (punto 6 del “Diritto”).

Ma – si badi – anche gli indirizzi giurisprudenziali propensi ad estendere – e finanche a generalizzare – l’onere d’immediata impugnazione del bando, non condivisi dalla Plenaria n. 1/2003, si producevano, a ben vedere, in una corretta applicazione dei “principi in tema di interesse a ricorrere”, postulando l’esistenza, sempre o in certe situazioni, di un interesse sostanziale, diverso dall’interesse a conseguire l’aggiudicazione (e ad esso strumentale), suscettibile di patire un’immediata lesione per mano del bando, senza necessità di atti applicativi, con conseguente onere di repentina reazione contro il bando medesimo. “Così è, ad esempio, quando si afferma la sussistenza di un autonomo interesse” (magari “immediatamente leso da alcune clausole del bando”) “delle ditte partecipanti a vedere limitato il numero delle ditte che possano prender parte alla gara; così, ancora, quando si sottolinea l’autonomia [e strumentalità rispetto all’interesse all’aggiudicazione] dell’interesse dell’impresa alla preventiva definizione dei parametri di valutazione delle offerte o si postula un autonomo interesse delle imprese (diverso da quello all’aggiudicazione)([8]) a partecipare ad una gara le cui regole siano legittime; così avviene, più in generale, allorché si dà rilievo, ai fini dell’immediata impugnazione, ad interessi di carattere procedimentale e che individuano utilità di tipo strumentale” (punto 7 del “Diritto”).

“Alla postulazione di tali autonomi interessi” – effettivamente suscettibili di subire lesioni concrete e attuali ad opera della lex specialis di gara – “si accompagna talvolta (“implicitamente o esplicitamente”) una certa propensione ad “intendere i rimedi giurisdizionali” amministrativi come strumenti a presidio “dell’interesse generale alla legittimità dell’azione amministrativa” (punto 7 del “Diritto”).

La Plenaria n. 1/2003 rifiuta decisamente, come “impropria”, la “frammentazione o polverizzazione, in una serie di interessi diversi [di carattere procedimentale e che individuano utilità di tipo strumentale], dell’unico interesse sostanziale protetto”, che è quello all’aggiudicazione.

Dato che, come si è testé chiarito, pure gli indirizzi giurisprudenziali orientati ad ampliare l’area dell’immediata impugnabilità della lex specialis di gara facevano corretta applicazione dei principi in tema di interesse a ricorrere, decisiva si rivela, nell’economia della sentenza della Plenaria n. 1/2003, la fisionomia impressa, sul piano del diritto sostanziale, all’interesse legittimo facente capo al concorrente, nitidamente inteso come interesse (legittimo pretensivo) al conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto, “unico interesse sostanziale protetto”.

Merita d’essere riportato il lucidissimo argomentare, sul punto, della Plenaria n. 1/2003.

“L’interesse alla legittimità della procedura costituisce” nient’altro che “un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione ed è anzi quest’ultimo” – unico interesse sostanziale protetto – che fonda e sostiene il primo, “sicché l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione [esclusione o aggiudicazione ad altri], in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto [all’aggiudicazione], di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara”.

“L’aggiudicazione costituisce il bene della vita” cui l’interessato mira “attraverso la gara”; “ed è il medesimo bene della vita che si intende conseguire attraverso la tutela giurisdizionale, nell’ipotesi di illegittimo diniego di aggiudicazione”.

L’enucleazione di interessi sostanziali di marca procedimentale, diversi e strumentali rispetto all’interesse all’aggiudicazione, poggia, “oggettivamente”, su una “confusione tra l’oggetto dell’interesse” sostanziale e “il tipo di protezione ad esso accordato” (dal diritto sostanziale, presidiato da quello processuale): “l’oggetto dell’interesse protetto” consiste nell’aggiudicazione, mentre “tale interesse è protetto dall’ordinamento … nei limiti della legittimità del procedimento di gara” (punto 9 del “Diritto”).

“Alla base dell’indirizzo volto ad affermare l’immediata impugnabilità dei bandi di gara sta, pertanto, una impropria … frammentazione dell’unico interesse protetto in un fascio di interessi, ai quali si vorrebbe fornire, attraverso l’immediata impugnazione del bando, tutela autonoma e anticipata”. “Un tal modo di pensare” influenza lo “stesso modo intendere” la giurisdizione amministrativa, sospinta verso il paradigma della “giurisdizione di diritto obiettivo” (punto 9 del “Diritto”).

Questo è, in sintesi, il ben noto scenario delineato dalla Plenaria n. 1/2003([9]):

  1. regola della normale impugnabilità della lex specialis di gara unitamente ai provvedimenti applicativi (esclusione e/o aggiudicazione ad altri);
  2. eccezione dell’(onere di) immediata impugnazione della lex specialis di gara, limitatamente alle clausole preclusive della partecipazione;
  3. zona grigia dagli incerti confini ([10]), popolata da clausole della lex specialis di gara che esigono, “ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara” e che comportano “sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale”. Si pensi, ad esempio, ad un “bando che, discostandosi macroscopicamente dall’onere [rectius: dovere] di clare loqui … risulti indecifrabile nei suoi contenuti, così impedendo all’interessato di percepire le condizioni alle quali deve sottostare precludendogli, di conseguenza … la partecipazione”. “L’esistenza di tali clausole costituisce, come è ovvio, accertamento di fatto e non può che essere rimesso all’apprezzamento del giudice della controversia”: dette clausole vanno immediatamente impugnate siccome “sostanzialmente” equipollenti a quelle “riguardanti i requisiti … di partecipazione”, sotto il profilo della “impossibilità”, quanto meno sostanziale, di prendere parte alla gara.

Per tornare un momento al caso di specie, da cui si sono prese le mosse nel precedente paragrafo 1, l’Adunanza plenaria ha rigettato il motivo di appello con cui l’amministrazione, già resistente e soccombente in prime cure, aveva eccepito la tardiva contestazione, in primo grado, della clausola della lettera di invito che prescriveva, in difetto dei presupposti di legge, l’esclusione automatica delle offerte sospette di anomalia. Ciò in lineare applicazione della regola della normale impugnabilità della lex specialis di gara in uno ai provvedimenti applicativi, non profilandosi nella specie alcuna clausola ostativa (né in senso stretto né “sostanzialmente”) alla partecipazione.

La giurisprudenza largamente prevalente ha aderito all’impostazione della Plenaria n. 1/2003, che è così divenuta diritto vivente([11])([12]). Ma non sono mancati tentativi di propiziare un suo superamento, nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara: dapprima – negli anni 2011, 2012 e 2013 – ad opera della Sesta Sezione del Consiglio di Stato e da ultimo – nell’anno 2017 – ad opera della Terza Sezione del Consiglio di Stato ([13]). Si passa subito a darne conto.

 

  1. I ripetuti tentativi di superamento della Plenaria n. 1/2003 – negli anni 2011, 2012 e 2013 – da parte della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara.

Parteggiando apertamente per la generalizzazione dell’onere di immediata impugnazione della lex specialis di gara, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con due ordinanze([14]) del 2011 e del 2012 (18 gennaio 2011, n. 351 e 8 maggio 2012, n. 2633), ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione se dovesse “mantenersi fermo l’orientamento della Plenaria n. 1/2003 in tema di impugnazione immediata o differita della lex specialis di gara”.

Questo il succo dell’argomentare delle due ordinanze di rimessione: “ … è noto che la giurisprudenza della Plenaria … è nel senso dell’impugnabilità immediata – e quindi della necessità di impugnazione – delle sole clausole escludenti [rectius: preclusive della partecipazione], con la conseguenza dell’impugnabilità degli altri profili del bando a procedimento concluso. All’origine dell’orientamento vi è una volontà deflattiva del contenzioso (solo il non aggiudicatario avrà interesse ad impugnare), che si è dimostrata nei fatti del tutto fallace, a fronte di incontestabili costi aggiuntivi per la p.a. costretta a impegnativi e lunghi rinnovi procedimentali. E’ comunque sul piano dei principi del processo amministrativo che la tesi lascia perplessi; se le clausole, escludenti o meno che siano [rectius: preclusive dell’ammissione o  meno che siano], sono ritenute illegittime, non vi è giustificazione per superare i limiti temporali dell’azione di impugnazione, attesa comunque la loro lesività”. Segue un richiamo alla “buona fede” (oggettiva) nelle “trattative precontrattuali” (art. 1337 cod. civ. e, soprattutto, art. 1338 cod. civ., che delinea la responsabilità di chi, “conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto non ne ha dato notizia all’altra parte”): “anche a non voler ricorrere a presunzioni di acquiescenza, sembra ovvio ritenere che quell’affidamento, così spesso invocato a danno della p.a., debba valere anche a favore di quest’ultima”, sub specie di “inammissibilità dell’impugnazione” ex post “da parte di chi partecipa alla gara pur ritenendo che il bando sia illegittimo”.

La questione non è stata esaminata da Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4([15]), né da Cons. Stato, ad. plen., 31 luglio 2012, n. 31 per difetto di rilevanza([16]).

Di lì a pochi mesi la Sesta Sezione, con ord. 1 febbraio 2013, n. 634, ha rimesso nuovamente la questione all’Adunanza plenaria. Questa la fattispecie concreta: il ricorrente in primo grado lamentava l’avvenuta apertura in seduta riservata dei plichi contenenti le offerte tecniche; il TAR accoglieva il ricorso; l’aggiudicatario disarcionato e la stazione appaltante eccepivano, in appello, la tardività della contestazione, in prime cure, della lex specialis di gara, che prescriveva la seduta riservata([17]).

Così ha argomentato la Sesta Sezione: “la censura di violazione del principio di trasparenza … non poteva prescindere, per quanto riguarda [l’apertura delle buste contenenti] le offerte tecniche, dall’impugnazione del bando” [che prescriveva la seduta riservata], “impugnazione effettuata, nella specie, unitamente a quella dell’aggiudicazione”. “A tale riguardo, tuttavia”, sia l’originaria aggiudicataria, sia la stazione appaltante “eccepiscono la tardività del gravame [di primo grado], in rapporto ad un atto, in ipotesi, immediatamente lesivo e da contestare entro gli ordinari termini di decadenza”. Una tesi siffatta “appare innovativa rispetto al tradizionale insegnamento giurisprudenziale”, secondo cui la lex specialis di gara deve essere impugnata “entro i predetti termini decadenziali” – anziché “assieme all’atto conclusivo della procedura” – “solo ove immediatamente lesiva di una situazione soggettiva protetta”: ciò accade quando “l’atto presupposto risulti di per sé ostativo per la realizzazione dell’interesse finale perseguito” (es., “in rapporto ad una procedura concorsuale”, un bando “per talune ditte preclusivo della partecipazione”). Segue il richiamo della Plenaria n. 1/2003 e di “successiva, pacifica giurisprudenza conforme”.

La Sesta Sezione ha, però, ribadito i “giusti motivi” per “pervenire ad un diverso indirizzo”, nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara:

  1. “la volontà deflattiva del contenzioso, sottostante all’indirizzo di immediata impugnabilità delle sole clausole escludenti [rectius: preclusive della partecipazione], non ha trovato rispondenza nei fatti, con reiterate impugnazioni che, dopo la conclusione delle procedure di gara, postulano l’annullamento del bando e quindi l’azzeramento delle procedure stesse, con notevole aggravio di spese per l’amministrazione e danno per le imprese aggiudicatarie incolpevoli”;
  2. “i principi di buona fede e affidamento, di cui agli artt. 1337 e 1338 cod. civ., dovrebbero implicare che le imprese, tenute a partecipare alla gara con attenta disamina delle prescrizioni del bando, fossero non solo abilitate, ma obbligate a segnalare tempestivamente, tramite impugnazione del bando stesso, eventuali cause di invalidità della procedura di gara così come predisposta, anche come possibile fonte di responsabilità precontrattuale”.

A tali “ragioni”, semplicemente ribadite per la terza volta nel breve volgere di un biennio, la Sesta Sezione ha aggiunto un argomento ulteriore, inerente alla fisionomia dell’interesse legittimo di cui è titolare il concorrente: “con la domanda di partecipazione alla gara … le imprese concorrenti divengono titolari di un interesse legittimo, quale situazione soggettiva protetta corrispondente all’esercizio di un potere, soggetto al principio di legalità ed esplicato, in primo luogo, con l’emanazione del bando. A qualsiasi vizio di quest’ultimo si contrappone, pertanto, l’interesse protetto al corretto [rectius: legittimo] svolgimento della procedura, nei termini disciplinati dalla normativa vigente in materia”. “L’inoppugnabilità della disciplina di gara contenuta nel bando, alla scadenza degli ordinari termini decadenziali, appare dunque conforme alle esigenze di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, che detti termini presuppongono, affinché l’interesse pubblico sia perseguito senza perduranti margini di incertezze, connessi ad eventuali impugnative”.

Tornando al caso di specie, la Sesta Sezione ha rilevato la necessità di “stabilire se l’originaria ricorrente in primo grado … dovesse impugnare immediatamente (e non dopo l’esito finale della gara, per la medesima non favorevole) una clausola del bando che – nel prevedere in modo esplicito l’apertura delle buste, contenenti le offerte tecniche, in seduta non pubblica – la esponeva immediatamente alla violazione del principio di trasparenza procedurale, solo in un secondo tempo invocato. Una tempestiva contestazione non avrebbe potuto non ritenersi invece preferibile, essendo pacifico che la complessa ed onerosa partecipazione ad una gara, indetta dall’amministrazione per l’affidamento di lavori, servizi e forniture – benché conclusivamente finalizzata all’aggiudicazione – implichi per le imprese concorrenti anche un immediato interesse al corretto [rectius: legittimo] espletamento della procedura, sulla base di regole certe e non ulteriormente contestabili”.

E’ stata così rimessa alla Plenaria “la questione della immediata impugnabilità del bando di gara per ogni vizio rilevato”: questione che però non è stata affrontata da Cons. Stato, ad. plen., 22 aprile 2013, n. 8, per difetto di rilevanza. Dato che, nel caso di specie, la procedura era stata indetta e celebrata prima del 9 maggio 2012 e che all’art. 12 del d.l. 7 maggio 2012, n. 52 (conv. in l. 6 luglio 2012, n. 94), che ha novellato gli artt. 120, comma 2, e 283, comma 2, del d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207, non si è riconosciuta “portata [puramente] ricognitiva del principio” di diritto enunciato da Cons. Stato, ad. plen., 28 luglio 2011, n. 13 (pubblicità delle sedute dedicate all’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche), bensì “la specifica funzione transitoria di salvaguardare gli effetti delle procedure concluse o pendenti alla data del 9 maggio 2012”, nelle quali si fosse “proceduto all’apertura dei plichi in seduta riservata, recando in sostanza, per questo aspetto, una sanatoria di tali procedure”, la Plenaria n. 8/2013 ha potuto esimersi dall’affrontare la questione del tempo in cui impugnare una lex specialis a quel punto di sicuro legittima nella parte in cui prescriveva la seduta riservata.

 

  1. I più recenti tentativi di superamento della Plenaria n. 1/2003 – nell’anno 2017 – da parte della Terza Sezione del Consiglio di Stato, sempre nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara.

Inserendosi nel solco dei ripetuti tentativi della Sesta Sezione del Consiglio di Stato di propiziare il superamento della Plenaria n. 1/2003, Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014 ha giudicato ammissibile l’impugnazione immediata di un bando di gara nella parte in cui fissava, quale criterio di aggiudicazione dell’appalto, quello del prezzo più basso (anziché quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa), in difetto dei presupposti di legge.

Nel riconoscere la ritualità dell’impugnazione immediata del bando di gara in parte qua, la Terza Sezione ha, in modo tanto implicito quanto inequivoco, opinato nel senso dell’onere d’immediata impugnazione delle clausole della lex specialis di gara che stabiliscono il criterio di aggiudicazione.

La Terza Sezione ha tentato di rappresentare la rivisitazione del “diritto vivente”, espresso dalla Plenaria n. 1/2003([18]), come una sua “interpretazione evolutiva”, necessitata dalle “profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazioni e prospettive” (punto 4 del “Diritto”). Ma nessun espediente verbale vale, ad avviso di chi scrive, a mascherare l’avvenuta violazione dell’art. 99, comma 3, c.p.a., che esigeva – in un caso del genere – la rimessione all’Adunanza plenaria, con ordinanza motivata([19]), della decisione del ricorso([20]).

Quattro sono le “innovazioni” addotte da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit.

La prima (punto 4.1 del “Diritto”) è la nullità testuale delle “prescrizioni a pena di esclusione” stabilite autonomamente dalla lex specialis di gara, e cioè “ulteriori …. rispetto a quelle previste” dalla legge (art. 46, comma 1-bis, d. lgs. n. 163/2006 e art. 83, comma 8, d. lgs. n. 50/2016). Secondo Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit., “l’aver inquadrato il vizio nelle cause di nullità … costituisce un indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis. Il legislatore ha ritenuto … di abdicare all’ordinario schema dell’annullabilità – in cui l’effetto di ripristino della legittimità è realizzato attraverso la cooperazione e sulla base della dimensione esclusivamente individuale dell’interesse privato leso – a favore dello schema della nullità, in cui invece l’interesse trascende la dimensione meramente individuale sino a giustificare il rilievo d’ufficio da parte del giudice”.

La seconda “innovazione” (punto 4.2 del “Diritto”) era contemplata nell’art. 211, comma 2, d. lgs. n. 50/2016, poi abrogato dall’art. 123, comma 1, lett. b), d. lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che attribuiva all’ANAC, qualora ravvisasse vizi di legittimità in una procedura di gara, il potere di invitare la stazione appaltante, “mediante atto di raccomandazione”, “ad agire in via di autotutela”, prevedendo una sanzione pecuniaria per il caso di “mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante”, comunque impugnabile (tanto la sanzione, quanto la raccomandazione) innanzi al giudice amministrativo. Si trattava di un’ipotesi di c.d. autotutela doverosa (così il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 28 dicembre 2016, n. 2777), “attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’Autorità di vigilanza, al fine del ripristino della legalità”, che prescindeva “dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione” e mirava, invece, “al corretto [rectius: legittimo] svolgimento” delle gare “nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini”.

La terza “innovazione” (punto 4.3 del “Diritto”) è l’onere di immediata impugnazione delle altrui ammissioni all’esito della valutazione dei requisiti partecipativi (art. 120, comma 2-bis, c.p.a., ivi introdotto dall’art. 204, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 50/2016), che, a dire di Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit., dà “sostanza e tutela ad un interesse”, di nuovo conio, alla giusta formazione della platea dei concorrenti, “autonomo” da “quello all’aggiudicazione” e, nel contempo, ad esso “strumentale”. E – prosegue il ragionamento di Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. – se riceve “sostanza e tutela”, per il tramite dell’art. 120, comma 2-bis, cit., l’interesse alla giusta definizione del ventaglio dei competitori, allora deve, altresì e a maggior ragione, ricevere “sostanza e tutela” l’interesse a competere secondo qualità, immediatamente leso da un bando che fissa il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso in assenza dei presupposti di legge([21]).

La quarta “innovazione” (punto 4.4 del “Diritto”) consiste nella “vera e propria gerarchia” che l’art. 95 d. lgs. n. 50/2016 ha creato tra i due criteri di aggiudicazione, per l’innanzi posti su un piano di parità: l’offerta economicamente più vantaggiosa è il criterio “principale”, il massimo ribasso quello “residuale”, utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi (art. 95 cit., comma 4), previa “adeguata motivazione” (art. 95 cit., comma 5). Inoltre, alcuni servizi – individuati nell’art. 95 cit., comma 3 (che si atteggia come norma speciale in caso di sovrapposizione con il comma 4 cit.) – sono aggiudicabili “esclusivamente” con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Da ciò Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. trae un interesse legittimo a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore e, in particolare, a competere secondo il miglior rapporto qualità-prezzo, anziché secondo il solo prezzo, come interesse sostanziale “diverso”, “dotato di autonoma rilevanza rispetto all’interesse … all’aggiudicazione” e ad esso strumentale.

Infine, Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. prospetta due ulteriori argomenti “a riprova dell’irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata del criterio di aggiudicazione”:

  1. detta tesi renderebbe ineffettiva la chiara preferenza legislativa per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (punto 5.3 lett. a), del “Diritto”)([22]);
  2. approdata la gara ad un esito negativo, il ricorrente “è ammesso a far valere la violazione dell’obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, insieme a tutti gli altri vizi di legittimità del bando che non attengono a clausole escludenti, a prescindere se la mancata aggiudicazione sia riferita o meno proprio all’operare di quella o di quelle clausole (si pensi, oltre al criterio di aggiudicazione, alla difettosa composizione del seggio di gara o alle previsioni sulle modalità di apertura delle buste o, in generale, alle norme sul modus procedendi). In questi casi non è cioè necessaria la dimostrazione che, in assenza del vizio, l’aggiudicazione sarebbe stata senz’altro riconosciuta al ricorrente” (punto 5.4 del “Diritto”).

Di lì a pochi mesi la Terza Sezione ha avuto l’occasione di tornare sul tema, trovandosi di fronte alla seguente fattispecie: il ricorrente in primo grado, dopo essersi classificato al penultimo posto nella graduatoria finale, censurava il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, in ragione della complessità del servizio posto a gara([23]); il TAR accoglieva il ricorso([24]); l’aggiudicatario disarcionato proponeva appello; la stazione appaltante richiamava, nella memoria conclusiva del giudizio di secondo grado, Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit.([25]), eccependo, per la prima volta, la tardività della contestazione in prime cure della lex specialis di gara([26]).

Cons. Stato, sez. III, ord. 7 novembre 2017, n. 5138 ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione “concernente l’esatta delimitazione oggettiva dell’ambito entro cui sussiste l’onere di immediata impugnazione del bando di gara e degli atti che definiscono le regole della procedura selettiva, con particolare [ma non esclusivo]([27]) riguardo ai criteri di aggiudicazione e al metodo di valutazione delle offerte” (punto 2 del “Diritto”).

L’ordinanza n. 5138/2017 cit.:

  1. ripercorre con scrupolo i plurimi tentativi di superamento della Plenaria n. 1/2003 – negli anni 2011, 2012 e 2013 – da parte della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, nel segno della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara (punti da 2.10 a 2.13 del “Diritto”);
  2. accenna (punto 2.14 del “Diritto”) alla “direttiva ricorsi” e a “ripetuti [ma non meglio identificati] interventi della Corte di giustizia dell’Unione europea”, dai quali affiorerebbe una duplice tendenza: per un verso alla precocità dell’esercizio del diritto di azione, “anche in un’ottica di protezione generale della concorrenza e di rispetto della legalità delle gare”, e per un altro (ma convergente) verso ad evitare “che i rapporti giuridici, una volta avviati, siano rimessi in discussione” (si menzionano, a tal proposito, le “regole riguardanti il termine sospensivo per la stipulazione del contratto e i limiti alla obbligatoria inefficacia” dello stesso);
  3. riporta in toto la trama motivazionale di Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. (punti da 2.15 a 2.21 del “Diritto”);
  4. per quel che riguarda, in particolare, l’art. 211, comma 2, d. lgs. n. 50/2016([28]), nel frattempo abrogato dall’art. 123, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 56/2017, l’ordinanza n. 5138/2017 cit. trasla la sua “valenza in punto di evoluzione ordinamentale”, tale e quale, sui commi 1-bis([29]) e 1-ter([30]) dell’art. 211 cit., pressoché contemporaneamente aggiunti dall’art. 52-ter, comma 1, del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, conv. con mod. dalla l. 21 giugno 2017, n. 96. “Se” – osserva Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. (punto 2.16.4 del “Diritto”) – “l’ordinamento introduce nuovi strumenti processuali volti a garantire la corretta [rectius: legittima] competizione ai fini dell’aggiudicazione dei contratti pubblici, diventa ragionevole ritenere che il bene del rispetto delle regole procedurali dirette a fissare il nucleo essenziale della selezione comparativa delle offerte costituisca un autonomo interesse meritevole di immediata e tempestiva protezione dall’ordinamento”: “accanto all’interesse sostanziale finale del soggetto economico, diretto all’aggiudicazione dell’appalto, l’ordinamento positivo contempla ora un interesse strumentale – ma anche esso sostanziale – polarizzato sulla procedura di gara, in sé considerata”([31]);
  5. per quel che concerne, invece, l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., l’ordinanza n. 5138/2017 cit. – nella scia di Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. – vi rinviene i segni di un interesse, di nuovo conio, alla giusta formazione della platea dei concorrenti, come interesse sostanziale, autonomo da quello all’aggiudicazione e ad esso strumentale. Ciò “rafforza l’opinione secondo cui emergono autonomi interessi sostanziali già nella serie procedimentale che precede il provvedimento conclusivo di aggiudicazione” (punto 2.16.5 del “Diritto”), anche perché “l’ammissione degli altri concorrenti” è, viepiù in una prospettiva che identifica nella legittimità della gara un autonomo bene della vita, “un minus rispetto all’interesse dell’operatore economico ad ottenere una lex di gara che gli consenta di competere secundum legem” (punto 2.16.6 del “Diritto”). Se, infatti, l’avere previsto un onere anticipato di ricorso, svincolato dall’altrui chances di aggiudicazione, oltre che dalle proprie, “ha significato riconoscere un bene della vita diverso, autonomo anche se strumentale rispetto a quello squisitamente personale dell’aggiudicazione (ossia l’interesse a competere esclusivamente con chi ne ha titolo), è parimenti pacifico” – prosegue l’ordinanza n. 5138/2017 cit. (punto 2.16.6 del “Diritto”) – “che questo bene della vita si colloca, su un piano gerarchico, in posizione gradata rispetto all’interesse del concorrente ad una disciplina della gara che sia conforme ai criteri di legge in base ai quali l’operatore si è attrezzato per competere (su tutti il criterio di aggiudicazione)”([32]);
  6. conclude nel senso che il “blocco normativo” passato in rassegna, “caratterizzato da norme sia sostanziali che processuali”, testimonia un’evoluzione ordinamentale che conferisce sostanza e tutela all’interesse a competere con concorrenti dotati dei requisiti partecipativi e, prima ancora, all’interesse a competere con il criterio di aggiudicazione prescelto dal legislatore, sub specie di interesse a concorrere (anche) secondo qualità (punto 2.17.1 del “Diritto”)([33]);
  7. aggiunge che la tesi dell’impugnazione postergata lascerebbe “l’opzione legislativa per il criterio qualitativo” (dell’offerta economicamente più vantaggiosa) “deficitaria di meccanismi di controllo in grado di assicurarne l’effettiva applicazione” (punto 2.21 del “Diritto”)([34]).

Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. – auspicando che la Plenaria, “cogliendo l’occasione fornita dallo specifico quesito sottoposto”, offra, “in chiave più generale, un quadro armonico e coerente sulla perimetrazione dell’onere di immediata impugnazione” della lex specialis di gara, “stilando un vero e proprio decalogo, similmente a quanto fatto nel 2003” (punto 3.1 del “Diritto”) – esprime una netta preferenza per la generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara, “con l’eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi” (punto 3.2 del “Diritto”).

Uno scenario siffatto è ritenuto più coerente di altri con la “prospettiva giurisdizionale europea”, poiché il  “diritto alla piena ed effettiva concorrenza”([35]), su cui essa è centrata, risulta garantito al meglio dall’anticipazione della tutela giurisdizionale (punto 3.3 del “Diritto”). Non che – si badi – “la postergazione della tutela avverso il bando al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione” si ponga in contrasto “con il principio di concorrenza di matrice eurounitaria”; “ma non può escludersi che valga ad attenuarne l’effettività nella misura in cui consente l’accesso al giudice in un momento di molto successivo alla emanazione del provvedimento violativo della legge” (punto 3.4 del “Diritto”).

“Viceversa” – conclude Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. – “l’affermazione dell’onere di impugnazione immediata di tutte le clausole” della lex specialis di gara([36]) “garantirebbe un accesso immediato al giudice, foriero di un rapido emendamento del bando sì da uniformarlo alle regole concorrenziali”. Lo “strappo” ai “principi generali, lungi dal costituire una rivisitazione della teoria della concretezza ed attualità della lesione ai fini dell’esperimento della tutela demolitoria, si inserirebbe nel solco della specialità del settore dei pubblici appalti”, in essa rinvenendo “la sua ratio ultima” (punto 3.4 del “Diritto”).

 

  1. Corretta impostazione del problema: attitudine o inattitudine della lex specialis di gara a ledere immediatamente sfere giuridiche altrui, sua natura sostanziale (oscillante tra provvedimento e atto endoprocedimentale, a dispetto della o in linea con la sua ubicazione all’interno della procedura), individuazione dell’oggetto del giudizio, dell’efficacia oggettiva della sentenza di annullamento e del suo effetto conformativo.

Tutta la giurisprudenza amministrativa si dibatte nell’alternativa tra impugnabilità della lex specialis di gara unitamente ai provvedimenti applicativi e onere di sua immediata impugnazione. O, se si preferisce, tra postergazione della tutela avverso il bando al momento, successivo ed eventuale, del diniego di aggiudicazione e immediatezza della tutela. In altri termini ancora, tra impugnabilità differita o immediata della lex specialis di gara.

Ma, ad avviso di chi scrive, il primo corno dell’alternativa è mal posto. Di ciò ci si accinge a dare dimostrazione, usando come caso di riferimento quello sottoposto alla Plenaria n. 1/2003([37]) e imbastendo preliminare riflessioni, di metodo, sulla natura sostanziale della lex specialis di gara, oscillante tra provvedimento e atto endoprocedimentale a seconda che le si riconosca o meno attitudine a ledere immediatamente sfere giuridiche altrui, con quel che ne consegue sul triplice versante dell’individuazione dell’oggetto del giudizio, dell’efficacia oggettiva della sentenza di annullamento e del suo effetto conformativo.

Si rammenta, per comodità del lettore, la fattispecie su cui ha deciso la Plenaria n. 1/2003: un concorrente impugnava la propria esclusione, maturata in applicazione di una clausola della lettera di invito relativa alla verifica di anomalia dell’offerta. Il ricorrente in primo grado lamentava l’illegittimità di detta clausola – in quanto prescriveva, in difetto dei presupposti di legge, l’esclusione automatica dell’offerta sospetta di anomalia – e, quindi, l’illegittimità derivata della propria esclusione. L’impugnativa era estesa all’aggiudicazione disposta a favore del controinteressato, a sua volta censurata per illegittimità derivata. Il controinteressato obiettava la tardività della contestazione della lex specialis di gara. Il TAR respingeva l’eccezione e accoglieva il ricorso nel merito. Nel ricorso in appello la stazione appaltante si doleva anzitutto della reiezione, da parte del TAR, dell’eccezione di tardività della contestazione in prime cure della lex specialis di gara.

Nella prospettiva prescelta dal ricorrente e avallata dal TAR, due sono i provvedimenti che formano oggetto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado: l’esclusione del ricorrente e l’aggiudicazione al controinteressato. Due sono, pertanto, le domande giudiziali di annullamento([38]) svolte dal ricorrente in prime cure. La circostanza che il vizio di legittimità dedotto si annidi nella lettera di invito, così da riverberarsi in via derivata sui successivi provvedimenti (esclusione e aggiudicazione), non vale ad annetterle, in parte qua([39]), la natura di provvedimento e a convogliarla nell’oggetto del giudizio (e, quindi, a rendere tre, anziché due, le domande giudiziali di annullamento formulate dal ricorrente innanzi al TAR). La lettera di invito non è un provvedimento, ma un atto endoprocedimentale, in coerenza con la sua collocazione nell’ambito della procedura, e tale resta anche quando per avventura ospiti il vizio di legittimità destinato a ripercuotersi sulla successiva serie procedimentale, fino ad invalidarne il conclusivo provvedimento.

Diversamente stanno le cose se ci si pone all’interno della linea difensiva delle parti intimate, sia nel giudizio di primo grado([40]), sia nell’appello([41]): la lettera di invito assume, in parte qua([42]), la natura di provvedimento (di cui si predica l’onere d’immediata impugnazione) ed entra a comporre l’oggetto del giudizio, nel quale confluiscono, perciò, tre domande giudiziali di annullamento([43]), che vertono, rispettivamente, sulla lettera di invito, sull’esclusione del ricorrente e sull’aggiudicazione al controinteressato. A nulla importa, poi, che i tre provvedimenti siano ravvicinati, così da essere simultaneamente gravati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, oppure distanziati nel tempo, cosicché la reiezione della domanda cautelare svolta a corredo del ricorso introduttivo, avente ad oggetto la lettera di invito, darebbe adito, se il ricorrente non desistesse dalla lite, a motivi aggiunti([44]) avverso l’esclusione del ricorrente medesimo e l’aggiudicazione al controinteressato.

Non deve stupire che la natura, provvedimentale o meno, di un atto a ubicazione infraprocedimentale – quale è, nella specie, la lettera di invito – venga a dipendere dalla sua attitudine o inattitudine a provocare lesioni concrete e attuali nelle sfere giuridiche altrui: così si è sempre ragionato per l’esclusione dalla gara, che, a dispetto della sua collocazione endoprocedimentale, è (sempre stata ritenuta ed è senz’altro)([45]) provvedimento, proprio perché lede immediatamente la sfera giuridica di chi ne è destinatario.

Nel caso deciso dalla Plenaria n. 1/2003, la lettera di invito oscilla tra atto endoprocedimentale (in coerenza con la sua posizione all’interno dell’iter procedurale) e provvedimento (a dispetto di detta ubicazione): l’opzione per l’una o per l’altra qualificazione (sostanziale) è decisa da un profilo processuale, inerente all’interesse (processuale) al ricorso, e cioè dalla inidoneità o idoneità della lettera di invito a generare una lesione concreta e attuale nelle altrui sfere giuridiche.

Aderendo alla tesi sostenuta dalle parti intimate, la domanda giudiziale di annullamento della lettera di invito dovrebbe essere dichiarata, anche d’ufficio, irricevibile per tardività della sua notifica([46]) (rispetto ad un termine di decadenza decorrente dalla comunicazione della stessa lettera di invito)([47]), mentre le domande giudiziali di annullamento dell’esclusione del ricorrente e dell’aggiudicazione al controinteressato dovrebbero essere dichiarate, anche d’ufficio, inammissibili per carenza d’interesse a ricorrere([48]): quale utilità trarrebbe il ricorrente dal loro accoglimento, se è vero che esso aprirebbe le porte alla riedizione di identici provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione, stante l’inoppugnabilità della presupposta lettera di invito?

Stando, invece, al modo – giudicato rituale dal TAR – in cui il ricorrente ha esercitato il diritto di azione, non sarebbe neppure rintracciabile, contrariamente a quanto si è soliti ritenere, una domanda giudiziale di annullamento della lettera di invito.

Questa è, ad avviso di chi scrive, la corretta impostazione del problema. Se la lettera di invito è (considerata come) immediatamente lesiva di sfere giuridiche altrui, assume la natura di provvedimento, a dispetto (del criterio topografico) della sua collocazione infraprocedimentale. Se assume la natura di provvedimento, entra a comporre l’oggetto del giudizio sub specie di specifico petitum di un’apposita domanda giudiziale di annullamento([49]) (passibile di vedersi affiancata, in un cumulo originario o sopravvenuto([50]), dalle connesse domande giudiziali di annullamento dell’esclusione del ricorrente e dell’aggiudicazione al controinteressato). L’accoglimento della domanda giudiziale di annullamento della lettera di invito: a) sul piano (dell’oggetto del giudizio e) dell’efficacia oggettiva della sentenza, comporta – per il meccanismo dell’invalidità derivata – l’annullamento altresì dei consequenziali provvedimenti (esclusione del ricorrente e aggiudicazione al controinteressato); b) sul piano dell’effetto conformativo della sentenza, prelude alla rinnovazione della procedura a partire dalla diramazione delle lettere di invito. Esito, quest’ultimo, che appare prima facie distonico rispetto all’interesse del ricorrente a conseguire l’aggiudicazione. Si pensi – sempre prendendo spunto dal caso deciso dalla Plenaria n. 1/2003 – ad un ricorrente che ha ottenuto il punteggio più elevato nella valutazione delle offerte tecniche, ha presentato l’offerta economica più conveniente per la stazione appaltante e ambisce ad una verifica dell’anomalia della sua offerta in contraddittorio, in luogo dell’esclusione automatica illegittimamente (decretata in quanto illegittimamente) prescritta nella lettera di invito per le offerte sospette di anomalia.

Se, invece, la lettera di invito è (considerata come) non immediatamente lesiva di sfere giuridiche altrui, non assume la natura di provvedimento, bensì quella – aderente alla sua ubicazione all’interno della procedura – di atto endoprocedimentale, ragione per cui non entra a comporre l’oggetto del giudizio. Se non vi è una domanda giudiziale di annullamento della lettera di invito([51]), neppure è ipotizzabile un suo annullamento([52]): la rinnovazione della procedura non avviene, pertanto, a partire dalla diramazione delle lettere di invito. Nella fattispecie sottoposta alla Plenaria n. 1/2003, l’accoglimento delle domande giudiziali di annullamento dell’esclusione del ricorrente e dell’aggiudicazione al controinteressato comporta la riedizione della procedura a partire dalla verifica dell’anomalia dell’offerta del ricorrente vittorioso, e non dalla diramazione degli inviti a presentare offerta. Esito che appare congruente con l’interesse del ricorrente a ottenere l’aggiudicazione.

Così impostato il problema, tutto sta nel decifrare l’attitudine o l’inattitudine della lex specialis di gara a infliggere lesioni concrete e attuali alle sfere giuridiche altrui. Questo profilo – pur essendo in sé processuale, poiché attiene alla sussistenza o meno dell’interesse (processuale) al ricorso – pone un’ipoteca decisiva sulla natura sostanziale della lex specialis di gara, oscillante tra atto endoprocedimentale e provvedimento, in linea con o nonostante la sua posizione all’interno della procedura. In un continuo intrecciarsi di diritto sostanziale e processuale, si anticipa che la soluzione di un tema che appare puramente processuale – in quanto inerente, si ribadisce, alla sussistenza o meno dell’interesse (processuale) al ricorso – è, a ben vedere, condizionata dalla fisionomia che s’imprime, sul piano sostanziale, all’interesse legittimo dell’operatore economico che aspira ad aggiudicarsi un contratto([53]).

 

  1. Corollario della corretta impostazione del problema: sostituzione dell’alternativa tra impugnabilità postergata e immediata della lex specialis di gara con l’alternativa tra non impugnabilità tout-court e impugnabilità (immediata quando predicabile).

Nella misura in cui è (considerata come) inidonea ad arrecare una lesione concreta e attuale a sfere giuridiche altrui, la lex specialis di gara non assume la natura di provvedimento, bensì quella – coerente con la sua ubicazione nell’ambito dell’iter procedurale – di atto endoprocedimentale: di conseguenza non entra a comporre l’oggetto del giudizio, risultando radicalmente inammissibile una domanda giudiziale di sua eliminazione. L’annullamento dei provvedimenti applicativi (esclusione e aggiudicazione)([54]), gli unici ad essere gravati([55]), non comporta la rinnovazione della procedura a partire da una nuova lex specialis, le volte in cui il vizio di legittimità in essa giudizialmente accertato: a) è assistito da un interesse a ricorrere di tipo finale; b) pur poggiando su un interesse a ricorrere di tipo strumentale([56]), è privo di attitudine ad incidere sulla formulazione dell’offerta.

Quanto all’ipotesi sub a), si pensi, ancora una volta, alla fattispecie decisa dalla Plenaria n. 1/2003, ove l’accoglimento delle domande giudiziali di annullamento dell’esclusione del ricorrente e dell’aggiudicazione del controinteressato, preludeva, ancorché basato su un vizio di legittimità annidato nella lettera di invito, alla riedizione della procedura a partire dalla verifica in contraddittorio dell’anomalia dell’offerta del ricorrente vittorioso, e non dalla diramazione degli inviti a presentare offerta.

Quanto all’ipotesi sub b), si pensi all’illegittimità della lex specialis di gara nella parte in cui prescrive la seduta riservata per l’apertura delle offerte tecniche([57]): l’accoglimento della domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione al controinteressato comporta bensì la rinnovazione della fase di presentazione delle offerte, quale conseguenza della ratio della violata regola di pubblicità([58]), ma non anche una nuova lex specialis. Per contro, postulare – secondo quanto si è soliti fare – l’impugnazione e l’annullamento, anzitutto, della lex specialis, nella parte in cui trasgredisce la regola di pubblicità, comporta la riedizione integrale della gara, a partire da una nuova lex specialis, con possibilità che vi prendano parte anche concorrenti nuovi.

Solamente se e nella misura in cui è (considerata come) immediatamente lesiva di sfere giuridiche altrui, la lex specialis esibisce natura provvedimentale, ad onta della sua ubicazione infraprocedimentale, ed entra a comporre l’oggetto del giudizio, sub specie di puntuale petitum di una specifica domanda giudiziale di annullamento (suscettibile d’essere affiancata, in un cumulo sopravvenuto tramite motivi aggiunti e sempre che venga respinta la domanda cautelare allegata al ricorso introduttivo, dalle connesse domande giudiziali di annullamento dell’esclusione del ricorrente e/o dell’aggiudicazione al controinteressato). L’accoglimento della domanda giudiziale di annullamento della lex specialis conduce, in via derivata, all’annullamento altresì dei consequenziali provvedimenti (esclusione del ricorrente e/o aggiudicazione al controinteressato)([59]) e propizia, sul terreno dell’effetto conformativo, la riedizione della procedura a partire da una nuova lex specialis.

Ebbene, dato che, nella misura in cui è (considerata come) inidonea a generare una lesione concreta e attuale nelle sfere giuridiche altrui, la lex specialis non assume la natura di provvedimento, nemmeno quando in essa si annidi il vizio di legittimità destinato a riverberarsi sui successivi provvedimenti, l’alternativa entro la quale si muove la Plenaria n. 1/2003, al pari di tutta la giurisprudenza precedente e successiva, va così (rimeditata e) riformulata: non impugnabilità tout-court della lex specialis e sua impugnabilità, con la precisazione che quando è impugnabile, lo è immediatamente, nel senso che vi è l’onere della sua immediata impugnazione.

Non più impugnabilità della lex specialis differita o postergata al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto comunemente si ritiene, bensì non impugnabilità tout-court della lex specialis: questa è la ragione per cui l’accoglimento delle domande giudiziali di annullamento dei provvedimenti applicativi, i soli ad essere gravati, non comporta la rieffusione della procedura a partire da una nuova lex specialis, tutte le volte in cui il vizio di legittimità ivi giudizialmente accertato sia supportato da un interesse a ricorrere di tipo finale o, pur essendo assistito da un interesse a ricorrere di tipo strumentale, sia inidoneo ad incidere sulla formulazione dell’offerta([60]).

A nulla varrebbe obiettare il noto schema della c.d. doppia impugnativa, avente ad oggetto un atto amministrativo generale e un atto applicativo([61]), giacché esso postula che l’uno (l’atto amministrativo generale presupposto) e l’altro (l’atto applicativo consequenziale), lungi dall’inserirsi nello stesso procedimento, definiscano due sequenze procedimentali distinte, benché connesse da un nesso di presupposizione-consequenzialità. Qui sì che l’alternativa va posta (come in effetti viene usualmente posta) tra impugnabilità dell’atto generale immediata o in uno a quello applicativo, a seconda che il primo sia immediatamente lesivo delle sfere giuridiche altrui o che, invece, la lesione concreta e attuale di queste ultime sia rinviata al momento dell’emanazione dell’atto applicativo. E in entrambi i casi – si badi – l’atto generale ha comunque valenza provvedimentale, in quanto conclusivo di un procedimento (si pensi alla pianificazione di un territorio), presupposto rispetto ad altro consequenziale procedimento (si pensi al rilascio o diniego di titoli abilitativi, a valle di un atto di pianificazione).

 

  1. Assumendo l’alternativa tra non impugnabilità tout-court della lex specialis e sua impugnabilità (immediata quando predicabile): normale non impugnabilità della lex specialis, stante la sua inidoneità a ledere immediatamente l’interesse all’aggiudicazione, unico interesse sostanziale protetto facente capo ai concorrenti (trascurando per il momento le clausole preclusive della partecipazione).

Come già osservato, la natura sostanziale della lex specialis di gara, oscillante tra provvedimento e atto endoprocedimentale (nonostante o in linea con la sua ubicazione all’interno della procedura), dipende dalla sua idoneità o meno ad arrecare lesioni concrete e attuali alle sfere giuridiche altrui e, quindi, da un profilo processuale, quale è la sussistenza o meno dell’interesse (processuale) al ricorso. Ma, in un incessante intersecarsi di sostanza e processo, la soluzione di un tema che appare squisitamente processuale (la sussistenza o meno dell’interesse a ricorrere) è condizionata dalla fisionomia che si riconosce all’interesse legittimo facente capo all’operatore aspirante all’aggiudicazione del contratto.

L’unico interesse sostanziale protetto, in capo a quest’ultimo, è quello all’aggiudicazione e al contratto: non meritano pertanto condivisione i (reiterati) tentativi di pervenire ad una dilatazione, e finanche generalizzazione, dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara([62]), giacché gli unici atti forieri di lesioni concrete e attuali dell’anzidetto interesse sostanziale sono l’esclusione, l’aggiudicazione ad altri e, dopo l’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., le altrui ammissioni all’esito della valutazione dei requisiti partecipativi.

Mai la lex specialis di gara – trascurando per il momento le clausole preclusive della partecipazione([63]) – è capace di ledere immediatamente l’interesse all’aggiudicazione.

E’ d’obbligo il rinvio alla Plenaria n. 1/2003, cui chi scrive tributa un grande plauso per aver, con un argomentare assai rigoroso, rifiutato categoricamente la “frammentazione” dell’unico interesse sostanziale protetto – l’interesse ad ottenere l’aggiudicazione e il contratto – in un fascio di interessi di “carattere procedimentale e che individuano utilità di tipo strumentale” (es., interesse alla riduzione del numero dei competitori o interesse a che la competizione sia governata da certi parametri di valutazione delle offerte o, più in generale, sia conformata da legittime regole di svolgimento), cui si vorrebbe offrire, per il tramite dell’immediata impugnazione della lex specialis di gara, “tutela autonoma e anticipata”. Una siffatta “frammentazione” è giudicata “impropria” perché basata, “oggettivamente”, su una “confusione” tra l’oggetto dell’interesse sostanziale e la tecnica di protezione ad esso assicurata dall’ordinamento: l’oggetto dell’interesse sostanziale coincide con l’aggiudicazione; la sua tutela è garantita dal diritto (sostanziale e processuale) nei limiti della legittimità della gara([64]).

Ed è proprio tale “confusione”, nella quale il tipo di protezione di un interesse sostanziale pretende di divenirne oggetto, a rendere “impropria” la “polverizzazione” dell’unico interesse sostanziale protetto – l’interesse all’aggiudicazione – in una serie di sotto-interessi, accomunati da un’intima (e malcelata) matrice che risiede nell’aspirazione alla legittimità della gara e reclama, quale naturale complemento, il presidio di una giurisdizione di marca oggettiva.

Assumendo come corretta, per le ragioni sopra esposte([65]), l’alternativa tra non impugnabilità tout-court della lex specialis di gara e sua impugnabilità (immediata quando predicabile) – e trascurando per il momento le clausole impeditive della partecipazione([66]) – la lex specialis di gara è normalmente non impugnabile, stante la sua ordinaria inidoneità ad arrecare lesioni concrete e attuali all’interesse all’aggiudicazione, unico interesse sostanziale protetto di cui sono titolari i concorrenti.

 

  1. Inconsistenza degli argomenti alla base dei ripetuti tentativi da parte della Sesta Sezione, negli anni 2011, 2012 e 2013, di dilatare, e finanche generalizzare, l’onere di immediata impugnazione della lex specialis.

A conclusioni diverse non portano gli argomenti posti a fondamento dei reiterati tentativi, da parte della Sesta Sezione, di dilatare, e finanche generalizzare, l’onere d’immediata impugnazione della lex specialis([67]).

Il primo argomento – speso da Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 351/2011 cit.,  ord. n. 2633/2012 cit. e ord. n. 634/2013 cit. – invoca il fallimento, “nei fatti”, dell’obiettivo – di deflazione del contenzioso – che sarebbe “all’origine” del diritto vivente sull’impugnabilità differita della lex specialis di gara, “a fronte di incontestabili costi aggiuntivi per la p.a. costretta a impegnativi e lunghi rinnovi procedimentali”.

Si tratta di considerazione che si muove, schiettamente, sul piano della politica del diritto, e non su quello propriamente giuridico: dà per scontato che, “sottostante all’indirizzo di immediata impugnazione delle sole clausole escludenti [rectius: ostative alla partecipazione]”, vi sia una “volontà deflattiva del contenzioso”, che però non avrebbe “trovato rispondenza nei fatti”, per la proliferazione di “impugnazioni che, dopo la conclusione delle procedure di gara, postulano l’annullamento del bando e quindi l’azzeramento delle procedure stesse”, con “danno per le imprese aggiudicatarie incolpevoli”.

E’ agevole obiettare: a) sul piano propriamente giuridico, che alla base della normale non impugnabilità della lex specialis di gara([68]) sta la sua ordinaria inattitudine a provocare lesioni concrete e attuali all’interesse all’aggiudicazione di cui sono titolari i concorrenti([69]); b) sul piano della politica del diritto, che non è per nulla scontato che la dilatazione, e finanche la generalizzazione, dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis([70]), si traduca in una complessiva riduzione del contenzioso, risultando invero aleatoria la previsione di un saldo positivo tra contenzioso precocemente promosso e quello postumo evitato([71]).

Inoltre, l’annullamento dei provvedimenti applicativi (esclusione, altrui ammissioni, aggiudicazione ad altri), i soli ad essere gravati (e passibili di demolizione), non comporta la riedizione della procedura a partire da una nuova lex specialis, tutte le volte in cui il vizio di legittimità giudizialmente accertato nella medesima lex specialis sia supportato da un interesse a ricorrere di tipo finale o, benché assistito da un interesse a ricorrere di tipo strumentale, sia inidoneo ad incidere sulla formulazione dell’offerta([72]): in consimili evenienze non si avrà il temuto inconveniente pratico dell’ “azzeramento” delle procedure di gara.

Infine, il “danno per le imprese aggiudicatarie incolpevoli” è astrattamente suscettibile di ristoro e, comunque, addurre inconvenienti pratici non equivale a dimostrare l’inesattezza di un’interpretazione([73]).

Il secondo argomento addotto da Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 351/2011 cit.,  ord. n. 2633/2012 cit. e ord. n. 634/2013 cit. enuclea un generale onere d’immediata impugnazione della lex specialis([74]) quale corollario della buona fede nelle trattative precontrattuali: gli artt. 1337-1338 cod. civ. “dovrebbero implicare che le imprese, tenute a partecipare alla gara con attenta disamina delle prescrizioni del bando, fossero non solo abilitate, ma obbligate a segnalare tempestivamente, tramite impugnazione del bando stesso, eventuali cause di invalidità della procedura di gara così come predisposta, anche come possibile fonte di responsabilità precontrattuale”.

In disparte la considerazione che la responsabilità precontrattuale della “parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte” è subordinata alla precisa circostanza che quest’ultima abbia “confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”, è comunque agevole stigmatizzare, in radice, lo ‘sviamento’ (e ‘snaturamento’) della buona fede, distolta dal suo terreno elettivo – il giudizio sulla liceità([75]) dei comportamenti serbati, per quel che qui rileva, nelle trattative precontrattuali – per essere artificiosamente impiegata quale improprio surrogato di un latitante interesse processuale o, se si preferisce, quale materia prima per forgiare un interesse legittimo di nuovo conio, avente ad oggetto la legittimità, in sé, delle regole di svolgimento della gara trasfuse nella sua lex.

Non stupisce, allora, che il terzo argomento, prospettato da Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 634/2013 cit., concepisca apertamente l’interesse legittimo, che dialoga anzitutto con la lex specialis della gara, come “interesse protetto al corretto [rectius: legittimo] svolgimento della procedura, nei termini disciplinati dalla normativa vigente in materia”.

Chi scrive si limita a rammentare che: a) l’unico interesse sostanziale protetto è quello all’aggiudicazione; b) non va confuso l’oggetto di tale interesse sostanziale (l’aggiudicazione) con la tecnica di protezione che l’ordinamento gli riserva (l’interesse all’aggiudicazione riceve tutela nei limiti della legittimità della procedura). Valgono qui le illuminanti considerazioni svolte sul punto dalla Plenaria n. 1/2003([76]).

Quanto, poi, alla desiderabilità di una precoce “inoppugnabilità della disciplina di gara contenuta nel bando”, “affinché l’interesse pubblico sia perseguito senza perduranti margini di incertezza, connessi ad eventuali impugnative”, in una prospettiva di “efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa”, è sufficiente obiettare che: a) il ragionamento si dipana, ancora una volta, sul terreno della politica del diritto, e non su quello strettamente giuridico; b) non è escluso che alla definitiva cristallizzazione della disciplina di gara si pervenga soltanto in esito ad un articolato contenzioso, sicché il perseguimento dell’interesse pubblico, benché in un contesto di ridotti margini di incertezza intorno alla stabilità della lex specialis di gara([77]), risulterebbe differito nel tempo, magari in misura consistente; b) la rappresentazione di inconvenienti pratici, anche a prescindere dal fatto che avviene per così dire ‘a senso unico’, non vale a dimostrare l’inesattezza di un’interpretazione.

 

 

  1. Inconsistenza degli argomenti addotti da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 e Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. in favore, rispettivamente, dell’onere di immediata impugnazione della lex specialis di gara nella parte in cui stabilisce il criterio di aggiudicazione e della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara.

Miglior sorte, ad avviso di chi scrive, non meritano gli argomenti addotti prima da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017, in favore dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara([78]), nella parte in cui stabilisce il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso in difetto dei presupposti di legge, e poi – più diffusamente – da Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit., in favore della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara([79]).

Il primo argomento consiste nell’esplicita comminazione di nullità delle “prescrizioni a pena di esclusione” stabilite autonomamente dalla lex specialis di gara, e cioè  “ulteriori … rispetto a quelle previste” dalla legge (art. 46, comma 1-bis, del d. lgs. n. 163/2006 e art. 83, comma 8, del d. lgs. n. 50/2016).

In disparte la considerazione che l’art. 83, comma 8, cit. – in ragione della sua collocazione sistematica e della mancata riproduzione nel nuovo codice dei contratti pubblici di una disposizione analoga a quella che, nel primo periodo dell’art. 46, comma 1-bis, cit., recava il catalogo delle cause legali e tassative di esclusione – ha uno spettro applicativo circoscritto ai soli requisiti partecipativi (di cui agli artt. 80 e 83 del d. lgs. n. 50/2016), in ciò discostandosi dalla portata invece generale dell’art. 46, comma 1-bis, cit., che trascendeva i requisiti di partecipazione per investire ogni aspetto della gara – non si comprende davvero come la nullità testuale delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante contribuisca ad offrire sostanza e tutela a un inedito interesse sostanziale a competere secondo il miglior rapporto qualità-prezzo.

La Terza Sezione intravede nell’anzidetta nullità testuale “un indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis”. Ma, quanto alla “vocazione autonoma”, l’affermazione è – e non può che essere – apodittica, giacché il tipo di reazione dell’ordinamento ad una clausola espulsiva autonomamente stabilita nella lex specialis è fattore del tutto neutro rispetto all’oggetto dell’interesse sostanziale di cui sono titolari gli aspiranti all’aggiudicazione. Quanto, poi, alla “vocazione generale”, non va trascurato che le clausole che prescrivono adempimenti (rectius: tipi di requisiti partecipativi)([80]) a pena di esclusione, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, preludono pur sempre a provvedimenti espulsivi soggetti al regime dell’annullabilità, suscettibili di tempestiva impugnazione da parte di chi, essendone destinatario, è portatore di un interesse strettamente individuale (l’interesse all’aggiudicazione, che riceve una lesione concreta e attuale dall’arresto procedimentale).

Senza dire che, stando alla tesi, sopra esposta([81]), che espunge dall’oggetto del giudizio la lex specialis quando in essa semplicemente alberghi un vizio di legittimità destinato a riverberarsi sull’esito della procedura, sfuma la differenza pratica tra l’impugnazione del solo provvedimento di esclusione con deduzione della sua illegittimità derivata dalla lex specialis e l’impugnazione del solo provvedimento di esclusione, con rilievo d’ufficio, da parte del giudice, della nullità della presupposta clausola della lex specialis.

Il secondo argomento addotto da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. valorizzava l’art. 211, comma 2, del d. lgs. n. 50/2016, poi abrogato dall’art. 123, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 56/2017, che attribuiva all’ANAC, qualora ravvisasse vizi di legittimità in una procedura di gara, il potere di invitare la stazione appaltante, “mediante atto di raccomandazione”, “ad agire in via di autotutela”, prevedendo una sanzione pecuniaria per il caso di “mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante”, comunque impugnabile (tanto la sanzione, quanto la raccomandazione) innanzi al giudice amministrativo. L’art. 211, comma 2, cit. è stato ben presto abrogato dall’art. 123, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 56/2017, ma l’art. 52-ter, comma 1, d.l. n. 50/2017, conv. con mod. dalla l. n. 96/2017 ha, quasi contemporaneamente, introdotto nell’art. 211 cit. il comma 1-bis (legittimazione di ANAC ad impugnare bandi, altri atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici) e il comma 1-ter (potere di ANAC, ove ritenga che “una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni” del codice dei contratti pubblici, di emettere, “entro sessanta giorni dalla notizia della violazione”, “un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati”, nonché di ricorrere al giudice amministrativo “se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato”). Queste ultime disposizioni, secondo Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit., dimostrerebbero, come già in precedenza l’art. 211, comma 2, cit., che “il bene del rispetto delle regole procedurali dirette a fissare il nucleo essenziale della selezione comparativa delle offerte” costituisce “un autonomo interesse meritevole di immediata e tempestiva protezione dall’ordinamento”([82]).

Chi scrive non è per nulla persuaso. L’introduzione di siffatti meccanismi – certamente finalizzati ad assicurare il ripristino della legalità delle gare – è lì a testimoniare, per chiarissimo contrasto, che l’interesse sostanziale dei concorrenti ha pur sempre ad oggetto l’aggiudicazione. ANAC è bensì titolare, perché così vuole la legge, di capacità giuridiche speciali che costituiscono un presidio oggettivo dell’ordine giuridico: ma da questa esatta constatazione è arbitrario ricavare, in capo agli operatori economici che aspirano all’aggiudicazione di un contratto, un interesse sostanziale alla legittimità della procedura, come bene della vita autonomamente tutelabile. Anzi, caso mai se ne potrebbe arguire l’esatto contrario, poiché se davvero l’interesse legittimo tendesse ad assumere quale baricentro la legittimità della gara, in sé considerata, allora non si avvertirebbe o si avvertirebbe in minor misura la necessità di strumenti, invece introdotti dal recente codice dei contratti pubblici, preordinati alla cura di quello stesso bene (la legittimità della gara), quale oggetto di un (indiscutibile) interesse generale.

Il terzo argomento speso da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. e Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. procede dall’onere di immediata impugnazione delle altrui ammissioni all’esito della valutazione dei requisiti partecipativi (art. 120, comma 2-bis, c.p.a.), che darebbe “sostanza e tutela” a un interesse sostanziale alla giusta formazione della platea dei concorrenti (immediatamente leso da ammissioni, supposte illegittime, di altri concorrenti): ma allora dovrebbe, altresì e a maggior ragione, ricevere “sostanza e tutela” l’interesse a competere secondo il miglior rapporto qualità-prezzo (immediatamente leso da un bando che fissa il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso in difetto dei presupposti di legge). Ad opinare diversamente – prosegue il ragionamento – si tradirebbe la volontà, sottesa alla logica bifasica che ispira l’art. 120, comma 2-bis, cit., di decongestionare il contenzioso post-aggiudicazione da questioni che risalgono a fasi iniziali o liminari della gara.

Si obietta, ancora una volta, che gli inediti interessi alla giusta cristallizzazione del ventaglio dei concorrenti o a competere anche secondo qualità o, più in generale, a competere secundum legem non sono nient’altro che il frutto della confusione tra l’oggetto dell’interesse sostanziale protetto (che è l’aggiudicazione) e il tipo di protezione ad esso offerto dall’ordinamento (l’interesse all’aggiudicazione riceve tutela nei limiti della legittimità della procedura). E’ proprio questa commistione – nella quale la tecnica di protezione di un interesse sostanziale pretende di divenirne oggetto – a rendere impropria la polverizzazione dell’interesse all’aggiudicazione, unico interesse sostanziale protetto, in un fascio di sotto-interessi, che trovano la loro matrice, comune e ultima, nell’aspirazione alla legittimità della gara([83]), la quale – nell’assurgere ad oggetto dell’interesse sostanziale – reclama tutela nell’ambito di una giurisdizione di diritto oggettivo([84]).

D’altra parte, la lettura di gran lunga preferibile dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. – lungi dal postulare un interesse legittimo, di nuovo conio, a competere solo con chi ne ha titolo – vi identifica, invece, un giudizio che, lasciando intatta la legittimazione intesa come titolarità dell’interesse sostanziale all’aggiudicazione, prescinde dall’interesse a ricorrere, nel senso che prescinde dalla concretezza e attualità della lesione del predetto interesse sostanziale, appagandosi di una lesione solamente futura e incerta([85]). Dunque, non un giudizio in cui riceve tutela un inedito interesse sostanziale alla giusta definizione del ventaglio dei competitori, ma un giudizio a interesse a ricorrere affievolito o attenuato, stante la sufficienza di una lesione solamente potenziale dell’interesse sostanziale all’aggiudicazione([86]).

Ma, anche a voler prestar credito alla tesi dell’interesse sostanziale alla giusta cristallizzazione della gamma dei concorrenti, resta il fatto che l’eccezionalità dell’art. 120, comma 2-bis, primo e secondo periodo, c.p.a.([87]) osta sia alla sua applicazione analogica([88]), sia all’argomento a fortiori([89]), saldandosi invece naturaliter con l’argomento a contrario([90]).

E’ vero che la “verifica parentetica delle ammissioni”, introdotta per “decongestionare la fase finale della procedura”, non abbracciando “le questioni, logicamente pregresse, di legittimità del bando”, finisce per consentire “alle stesse una reviviscenza” capace di rendere vano lo stesso giudizio sulle ammissioni, eventualmente instaurato. Ma – in disparte la constatazione che, secondo la tesi preferibile, gli stessi sviluppi della gara privano sovente di senso i precoci giudizi sulle ammissioni([91]) – va, per un verso, ribadito che rappresentare inconvenienti pratici non significa provare l’inesattezza di una tesi e, per altro verso, rimarcata l’invalicabile linea di confine tra la produzione e l’interpretazione del diritto.

Il quarto argomento prospettato da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. e Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 muove dall’art. 95 d. lgs. n. 50/2016, che ha elevato a “principale” il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e relegato a criterio “residuale” il massimo ribasso, utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, previa adeguata motivazione. Da ciò deriverebbe un interesse legittimo a competere secondo il miglior rapporto qualità-prezzo, anziché secondo il solo prezzo, come: a) interesse sostanziale diverso dall’interesse all’aggiudicazione; b) ad esso strumentale; c) suscettibile di ricevere una lesione concreta e attuale ad opera di un bando che presceglie il criterio del prezzo più basso in mancanza dei presupposti di legge; d) bisognoso di una tutela giurisdizionale che, date le premesse, non può che essere immediata.

Qui, ad avviso di chi scrive, raggiunge il suo apice – e con esso la massima visibilità – la confusione tra l’oggetto dell’interesse sostanziale e la tecnica di protezione ad esso accordata dall’ordinamento: la tecnica di protezione (l’interesse sostanziale riceve tutela nei limiti della legittimità della procedura) si erge, essa stessa, a bene della vita autonomamente tutelabile (interesse sostanziale ad una “competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo”), immediatamente leso da un bando che prescrive il massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge.

Vero è che “l’interesse legittimo continua, anche nella ricostruzione sostanzialistica che ormai lo caratterizza, ad essere portatore di una funzione ancipite: protezione del bene della vita e al contempo verifica del corretto inveramento dell’interesse pubblico”. Ma non va confuso il bene della vita, che ne è l’oggetto, con il tipo di protezione per quello stesso bene allestito dall’ordinamento: l’interesse sostanziale riceve tutela nei limiti della legittimità della procedura, senza però assumerla a proprio oggetto.

Per nulla convincenti appaiono, infine, due argomenti che la Terza Sezione prospetta “a riprova dell’irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata”([92]) del criterio di aggiudicazione (e più in generale della lex specialis di gara). Si sostiene, in primo luogo, che detta tesi minerebbe l’effettività della chiara preferenza legislativa per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (e, più in generale, delle norme sostanziali che regolano l’aggiudicazione dei contratti).

Ma, ad avviso di chi scrive, il tasso di effettività delle norme sostanziali non cambia a seconda che la deduzione della loro violazione sia articolata all’indomani del bando o del provvedimento di aggiudicazione. Vero è che l’eventuale reiezione della domanda cautelare nei confronti dell’aggiudicazione decreterebbe la fine dello standstill e aprirebbe le porte alla possibile stipula del contratto, ma lo stesso potrebbe accadere pure nelle more del giudizio promosso contro il bando, laddove fosse respinta la relativa domanda cautelare.

Caso mai potrebbe osservarsi, sotto tutt’altro profilo, che lo spettro dei legittimati a contestare il bando (operatori del settore) è più ampio di quello dei legittimati a contestare la denegata aggiudicazione (concorrenti non aggiudicatari)([93]): ma ciò non lascerebbe di certo le norme sostanziali “prive di garanzie di effettività” o “deficitarie di meccanismi di controllo in grado di assicurarne l’effettiva applicazione”, secondo l’apocalittico scenario tratteggiato dalla Terza Sezione, tradita da un’irresistibile aspirazione verso un (obiettivo di politica del diritto, consistente in un) più cospicuo tasso di effettività delle norme sostanziali, che l’ha condotta a non vedere quello già assicurato dal diritto vivente (sia pure in misura ritenuta inferiore a quella de iure condendo desiderabile). Non ci si può esimere dal richiamare, ancora una volta, le linee di demarcazione tra politica del diritto e diritto positivo, tra produzione e interpretazione del diritto: confini insuperabili quando si tratta, semplicemente, di neutralizzare gli inconvenienti pratici (reali o presunti) che derivano da una certa tesi o di far prevalere un’opposta tesi soggettivamente preferibile sulla base delle (opinabilmente) desiderabili conseguenze che produce.

Miglior sorte non merita l’argomento([94]) secondo cui la non necessità della dimostrazione che, in assenza del vizio accertato nella lex specialis di gara (si pensi al criterio di aggiudicazione o alla difettosa composizione della commissione giudicatrice o alle previsioni sulle modalità di apertura delle buste o, in generale, sul modus procedendi della commissione), “l’aggiudicazione sarebbe stata senz’altro riconosciuta al ricorrente”, proverebbe la “irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata” della lex specialis di gara([95]).

E’ agevole replicare che l’ordinamento, in una inevitabile logica di anticipazione della tutela di beni di cruciale importanza, presidia la loro semplice esposizione a pericolo([96]): così è, ad esempio, per una competizione all’insegna del criterio di aggiudicazione prestabilito dal legislatore, per l’imparzialità e la professionalità dei commissari, per la pubblicità delle sedute dedicate all’apertura delle buste onde evitare rischi di manomissioni o manipolazioni. Ne deriva, ineluttabilmente, che la violazione delle norme (di azione) volte a prevenire l’esposizione a pericolo di tali interessi invalida senz’altro la procedura, senza necessità di accertare (ciò che risulterebbe peraltro inaccertabile, e cioè) che, in difetto della violazione, la gara sarebbe stata senz’altro aggiudicata al ricorrente([97]).

Infine, è la stessa ord. n. 5138/2017 a fare giustizia, dopo averla fumosamente evocata([98]), di una “prospettiva giurisdizionale europea” (peraltro indimostrata)([99]), che militerebbe verso l’anticipazione della tutela processuale, allorché riconosce, con onestà, che “la postergazione della tutela avverso il bando al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione”([100]) non si pone affatto([101]) in contrasto “con il principio di concorrenza di matrice eurounitaria”. Se è vero (come è vero) che il diritto vivente espresso dalla Plenaria n. 1/2003 non collide con il diritto europeo e che quest’ultimo non esige né una dilatazione né, tanto meno, una generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara([102]), il discorso si chiude qui, senza che residui spazio alcuno per interpretazioni orientate([103]).

 

  1. Clausole preclusive della partecipazione: una rivisitazione del diritto vivente nel segno della negazione della loro immediata impugnabilità (rectius: negazione della loro impugnabilità tout-court). La (tendenziale) generalizzazione della non impugnabilità della lex specialis di gara.

La Plenaria n. 1/2003 ha riaffermato il tradizionale insegnamento che esige l’immediata impugnabilità delle clausole della lex specialis “impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione”, sul rilievo che, in tali ipotesi, la clausola del bando, “precludendo essa stessa la partecipazione dell’interessato alla procedura concorsuale, appare idonea a generare una lesione immediata” della sua situazione soggettiva. “L’eventuale atto dell’amministrazione procedente, volto ad escludere dalla procedura concorsuale l’interessato privo dei requisiti previsti dal bando”, presenta un “valore meramente dichiarativo e ricognitivo di un effetto e di una lesione” già rinvenienti direttamente dal bando (punto 6 del “Diritto”).

Ben consapevole che sul punto la giurisprudenza è compatta e che, semmai, fibrillazioni si sono ciclicamente registrate – negli ultimi tre lustri – in direzione dell’estensione, e finanche generalizzazione, dell’onere d’immediata contestazione della lex specialis di gara, chi scrive si chiede se davvero l’atto che esclude un concorrente mancante di un requisito partecipativo prescritto dal bando sia puramente ricognitivo di un effetto (l’esclusione) già prodotto dal bando, se davvero detto atto non innovi la realtà giuridica con la costituzione dell’effetto di estromissione([104]).

Ciò non potrebbe senz’altro dirsi per l’atto, eguale e contrario, che ammettesse il concorrente, anziché escluderlo, nonostante il difetto di un requisito partecipativo([105]).

Ma quando un effetto giuridico si produce secondo lo schema ‘norma-fatto-effetto’ (si pensi, ad esempio, alla decadenza ex lege da un contributo pubblico al verificarsi di certi presupposti), sono del tutto prive di rilievo giuridico (tamquam non essent) determinazioni amministrative di qualunque segno: negativo ma anche positivo. Delle prime non può dirsi, a rigore, né che sono ‘dovute’, né che sono ‘legittime’, così come delle seconde non è predicabile l’illegittimità.

Si badi: non si vuole qui sostenere (l’insostenibile e cioè) che il bando sia atto normativo([106]), ma pare concettualmente corretto il parallelo tra l’effetto giuridico ex lege (che deriva immediatamente dalla legge, senza intermediazione del potere amministrativo) e l’effetto giuridico ex lege specialis contractus (che deriva, in tesi consolidata di cui si sta saggiando l’effettiva tenuta, direttamente dal bando, senza che residui spazio per una successiva manifestazione di volontà dell’amministrazione). Se la dinamica di produzione degli effetti giuridici seguisse lo schema ‘norma-fatto-effetto’ (e, quindi, se l’effetto di esclusione fosse realizzato già dal bando), risulterebbero relegati nel limbo dell’irrilevanza giuridica tanto il successivo atto di pedissequa applicazione, meramente ricognitivo di un effetto (l’esclusione) già prodottosi, quanto quello, eguale e contrario, che ambisse a ‘sovrapporsi’ al bando e ad ‘oscurarlo’, ossia a disporre di un effetto indisponibile perché dal bando medesimo già determinato direttamente e interamente.

La circostanza che l’atto di ammissione (di un concorrente privo di un requisito partecipativo stabilito dal bando) sia rilevante giuridicamente (ed anzi sia divenuto, con l’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., un provvedimento illegittimo, come tale efficace sino al suo eventuale annullamento)([107]) induce a dubitare seriamente che davvero lo speculare atto di esclusione (di un concorrente parimenti carente di un requisito di ammissione prescritto dal bando) presenti un valore puramente ricognitivo/dichiarativo di un effetto (l’esclusione) già direttamente prodotto dalla lex specialis.

Delle due l’una: o l’amministrazione, dopo aver stabilito nel bando una clausola impeditiva della partecipazione, rimane priva del potere amministrativo (puntuale) di ammissione e di esclusione, essendosi l’effetto giuridico di esclusione già prodotto con la pubblicazione del bando, sicché la sorte del concorrente mancante del requisito di ammissione è, in ogni caso, attratta nello schema ‘norma-fatto-effetto’ e regolata direttamente e solamente dal bando; o, al contrario, l’amministrazione resta investita del potere (puntuale) di ammettere ed escludere i concorrenti, sia pure in pedissequa applicazione della pertinente clausola del bando([108]), ma allora l’effetto giuridico di esclusione si produce secondo lo schema ‘norma-potere-effetto’.

Non convince una soluzione eclettica (o a geometria variabile) in cui coesistono due dinamiche giuridiche([109]) in funzione di un evento accidentale, quale è la pedissequa applicazione o la trasgressione di una clausola del bando che stabilisce un requisito di ammissione.

Nella stessa direzione milita, da ultimo, l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., che, nel qualificare come “provvedimento” l’atto, a collocazione infraprocedimentale, determinativo delle “esclusioni” dalla gara e delle “ammissioni” alla stessa, “all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali” (di cui agli artt. 80 e 83 del d. lgs. n. 50/2016)([110]), postula, in tutti i casi, una dinamica di produzione degli effetti giuridici, di ammissione e di esclusione, ancorata allo schema ‘norma-potere-effetto’: sia quando è illegittimamente ammesso un concorrente carente di un requisito partecipativo([111]), sia quando per la stessa ragione è legittimamente (e doverosamente) escluso un concorrente.

Inoltre, non sempre la ragione dell’esclusione, per mancanza di un requisito partecipativo, risiede in una “situazione di fatto preesistente rispetto al bando e totalmente indipendente dalle vicende successive della procedura” (così, invece, nel punto 6 del “Diritto” della Plenaria n. 1/2003): basti pensare al caso del concorrente che perde un requisito di ammissione in corso di gara. La sua esclusione([112]), in quanto contiene un’implicita rimozione del precedente atto di ammissione([113]), denota una valenza costitutiva([114]).

Si crede di aver dimostrato che la regola è quella della generalizzata non impugnabilità della lex specialis di gara, che mai assurge a provvedimento, se non per chi stigmatizza in radice l’indizione della gara([115]) e per chi, specularmente, lamenta che una gara non vi sia stata([116]).

Se è vero, come sopra chiarito([117]), che l’alternativa corretta non è tra impugnabilità differita e immediata della lex specialis di gara (secondo quanto si ritiene comunemente), sibbene tra sua non impugnabilità tout-court e sua impugnabilità (immediata, se e quando predicabile), allora la negazione dell’onere di (immediata) impugnazione delle clausole ostative alla partecipazione equivale alla generalizzazione della non impugnabilità tout-court della lex specialis. Generalizzazione che si ha cura di definire ‘tendenziale’ solo in considerazione delle accennate ipotesi in cui si contesta nell’an la stessa indizione della gara o si lamenta l’assenza di gara.

Ne deriva che la lex specialis di gara non entra a comporre l’oggetto del giudizio è non è pertanto suscettibile di annullamento, neppure nella misura in cui è ostativa alla partecipazione. Di conseguenza l’accoglimento del ricorso promosso contro la propria esclusione, ‘figlia’ di un’illegittima clausola ‘escludente’, e l’altrui aggiudicazione prelude ad una rinnovazione soltanto parziale della gara, con valutazione dell’offerta del concorrente dapprima illegittimamente escluso([118]), e non a una riedizione integrale, a partire da una nuova lex specialis. Esito, quest’ultimo, che invece si imporrebbe se la lex specialis entrasse a comporre l’oggetto del giudizio, come petitum di una specifica domanda giudiziale di annullamento, eventualmente cumulata con la domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione a favore del controinteressato([119]).

Entro queste coordinate non si pone nemmeno l’altrimenti ineludibile (e delicato) problema della (deroga alla regola della) partecipazione alla gara come fattore di legittimazione all’impugnazione di clausole ‘escludenti’ stabilite nella lex specialis([120]).

Infine, nel quadro di una generalizzazione([121]) della non impugnabilità della lex specialis di gara, si inabissa quella zona grigia, dagli incerti confini, di clausole (se non in senso stretto quanto meno) sostanzialmente impeditive dell’accesso alla procedura, vagamente tratteggiata dalla Plenaria n. 1/2003 e poi riempita di contenuti, non senza incertezze, dalla giurisprudenza successiva.

Si eclissa pure il problema delle “prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi”, che Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. suggerisce di appianare con un’equitativa transizione dall’impugnabilità immediata a quella differita([122]), ma che avrebbe dovuto essere risolto, all’interno della prospettiva (qui non condivisa) dell’immediata impugnazione, con il diverso istituto della rimessione in termini per errore scusabile (art. 37 c.p.a.)([123]).

Si potrebbe obiettare – alla tesi della tendenziale generalizzazione della non impugnabilità della lex specialis di gara – che l’art. 76, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50/2016([124]), nell’onerare le stazioni appaltanti della comunicazione dell’aggiudicazione anche a “coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva”, onde metterli in condizione di articolare motivi aggiunti, dà per scontata l’esistenza di casi in cui v’è l’onere di (immediata) impugnazione della lex specialis di gara (e il connesso onere dei motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione, pena l’improcedibilità del ricorso introduttivo). Ma la disposizione non specifica quali sono tali casi e nulla impedisce di rintracciarli ed esaurirli nelle impugnative della lex specialis da parte di chi contesta la stessa indizione della gara o lamenta che gara non vi sia stata.

Stesso discorso è riproponibile sia per l’art. 120, comma 5, c.p.a., che individua nella pubblicazione la decorrenza del termine per la notifica del ricorso avverso “i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara”, quando “autonomamente lesivi”, sia per l’art. 32, comma 10, lett. a), d. lgs. n. 50/2016, che([125]) esonera le stazioni appaltanti dal rispetto del c.d. standstill sostanziale([126]) “se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o dell’inoltro degli inviti … è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisone definitiva”.

(16 aprile 2018)

 

([1]) Quella che nel giudizio di primo grado fu un’eccezione in senso lato allegata dal controinteressato, divenne poi primo motivo di appello, articolato dalla stazione appaltante avverso il capo della sentenza del TAR che rigettò detta eccezione.

([2]) Cfr. R. VILLATA, “Novità” in tema di impugnative delle gare contrattuali dell’amministrazione, in Dir. proc. amm., 1999, 912-917; P. PIZZA, Impugnazione diretta del bando, clausole immediatamente lesive ed interesse a ricorrere: una tutela giurisdizionale incerta, nota a Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 2001, n. 3187, in Dir. proc. amm., 2002, 743 ss.

([3]) In Dir. proc. amm., 2003, 792 ss., con nota di L.R. PERFETTI, Interesse a ricorrere e confini dell’azione di annullamento. Il problema dell’impugnazione del bando di gara.

([4]) Se è vero che gli atti amministrativi generali si rivolgono a destinatari indeterminati e indeterminabili a priori  e che la lettera di invito è, invece, indirizzata ad una cerchia di destinatari ben determinati a priori (in coloro che hanno superato la c.d. prequalifica), allora la sua qualificazione come atto amministrativo generale passa attraverso la valorizzazione del suo contenuto, che integra o esaurisce la lex specialis della procedura (a seconda che sia preceduta o meno da un bando e, quindi, a seconda del tipo di procedura indetta). La lettera di invito è, pertanto, un atto amministrativo generale sui generis: tale non per l’indeterminatezza e indeterminabilità a priori dei suoi destinatari, ma per il suo contenuto, che, al pari del bando, definisce o contribuisce a definire le regole di svolgimento della procedura selettiva.

([5]) Per “provvedimento conclusivo del procedimento” si intende sia il provvedimento di aggiudicazione ad altri, che dà formale definizione alla procedura di gara, sia il provvedimento di esclusione, che, pur non definendo formalmente la procedura di gara (che infatti progredisce verso l’aggiudicazione), determina per chi ne è destinatario un arresto procedimentale, in ciò rintracciandosi la precipua ragione della sua natura provvedimentale, ad onta della collocazione all’interno del procedimento.

([6]) Per la nozione di “atto [rectius: provvedimento] applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale”, si veda la nota precedente.

([7]) Nell’impostazione della Plenaria n. 1/2003 sono impugnabili “unitamente ai provvedimenti applicativi”: le clausole della lex specialis di gara “riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalia dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala” (punto 11 del “Diritto”); le clausole della lex specialis di gara “che definiscono gli oneri formali di partecipazione” (punto 12 del “Diritto”).

Identica logica vale per le clausole della lex specialis di gara dedicate alla composizione e al funzionamento della commissione giudicatrice, nonché per l’atto che la nomina (punto 10 del “Diritto”).

([8]) Interesse sostanziale diverso da quello all’aggiudicazione e ad esso strumentale.

([9]) Che sarebbe stato trasfuso, anche formalmente, nell’enunciazione di uno o più principi di diritto, se la sentenza fosse stata resa nel vigore dell’art. 99 c.p.a.

([10]) Della quale, in quanto tale, francamente non si avvertiva alcuna necessità: ormai dovrebbe essere a tutti chiara la crucialità dell’interesse generale alla certezza del diritto e, quindi, alla prevedibilità delle decisioni giudiziarie.

([11]) Cfr. Corte cost., 22 novembre 2016, n. 245, punto 3.2 del “Considerato in diritto”, che definisce l’impostazione della Plenaria n. 1/2003 come “acquisizione consolidata”.

([12]) Ciò vale anche per quelle sentenze che hanno riempito di contenuti la zona grigia, dagli incerti confini, lumeggiata dalla Plenaria n. 1/2003: quella delle clausole della lex specialis di gara che, pur non inerendo ai requisiti di ammissione (e, quindi, pur non atteggiandosi alla stregua di clausole in senso stretto ostative alla partecipazione), impediscono sostanzialmente di prender parte alla procedura, e perciò vanno immediatamente impugnate. Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980, Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2005, n. 4414; Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2010, n. 3489 (termine incongruo per la ricezione delle offerte; ma contra Cons. Stato, sez. V, 1 aprile 2011, n. 2033); Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2009, n. 7441 e Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421 (omessa predeterminazione dei costi per la sicurezza del lavoro ‘da interferenze’, non soggetti a ribasso); Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180 (indeterminatezza e lacunosità della lex specialis nel definire l’oggetto del contratto); Cons. Stato, sez. III, n. 5421/2011 cit. (errata determinazione del valore stimato dell’appalto); Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2017, n. 1809 (prescrizioni illogiche relative alla formulazione dell’offerta; ma contra Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2009, n. 3404); Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222 (imposizione di cauzione pari all’importo del contratto); TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 19 giugno 2017, n. 1362 (incertezza sulla durata del contratto da affidare); C.g.a.r.S. 20 dicembre 2016, n. 474 (condizioni negoziali che rendono il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; ma contra Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2010, n. 7031, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131, Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2013, n. 3404).

Le pronunce che si iscrivono in questo filone si muovono entro le coordinate definite dalla Plenaria n. 1/2003, perché tendono a precisarne la portata laddove essa discorreva di clausole “sostanzialmente” preclusive della partecipazione, come tali assimilate – ai fini dell’immediata reazione processuale – a quelle (relative ai requisiti di ammissione e pertanto) in senso stretto ostative alla partecipazione. Ciò non toglie che dalla loro lettura affiori la netta impressione di una sensibile dilatazione dell’area di immediata impugnazione della lex specialis di gara, ben al di là dei “limitati casi” immaginati dalla Plenaria n. 1/2003, sub punto 5 del “Diritto”.

Inoltre, serpeggia talvolta la tentazione di far precedere la statuizione di ammissibilità/inammissibilità del ricorso contro la lex specialis di gara, in funzione dell’accertamento della sua attitudine/inattitudine immediatamente lesiva, da un esame, più o meno sommario, della legittimità della clausola controversa: la legittimità di quest’ultima induce più facilmente ad escluderne la propensione immediatamente lesiva, mentre l’illegittimità conduce più agevolmente all’opposta conclusione (TAR Lazio, Roma, sez. I, 1 febbraio 2008, n. 863; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 24 maggio 2007, n. 1432). Ma altro è l’illegittimità, anche palese, della clausola, altro ancora la sua attitudine immediatamente lesiva: il giudice è tenuto ad esaminare prima le questioni pregiudiziali di rito e poi quelle di merito (art. 276, comma 2, c.p.c., richiamato dall’art. 76, comma 4, c.p.a.).

Ribadito che di una zona grigia, a metà strada tra l’impugnabilità immediata e quella differita della lex specialis di gara, in tutta franchezza non si sarebbe sentita la mancanza, ché ormai dovrebbe essere ben presente a tutti la centralità della certezza del diritto e della prevedibilità delle decisioni giudiziarie, e che, proprio per questo motivo, chi scrive non riesce ad appassionarsi al quesito se, per esempio, termini incongrui per la ricezione delle offerte costituiscano o meno un sostanziale divieto di accesso alla procedura, il prosieguo del lavoro (e, in particolare, il successivo paragrafo 10) s’incaricherà di illustrare le ragioni per le quali è tema è liquidato in poche righe.

([13]) La stessa ordinanza di rimessione da cui scaturì la Plenaria n. 1/2003 (Cons. Stato, sez. V, ord. n. 2406/2002 cit. ) aveva espresso un avviso favorevole alla immediata impugnabilità (e, quindi, alla necessità di immediata impugnazione) delle clausole della lex specialis “relative alle modalità oggettive di partecipazione alla gara”: “prescrizioni riguardanti le modalità di presentazione delle offerte” e “gli oneri strettamente formali e procedimentali, connessi alla domanda di partecipazione alla procedura selettiva”.

([14]) Di identico estensore.

([15]) In Dir. proc. amm., 2011, 1035 ss., con note di A. SQUAZZONI, Ancora sull’asserito effetto paralizzante del solo ricorso incidentale c.d. escludente nelle controversie in materia di gare. La Plenaria statuisce nuovamente sul rebus senza risolverlo; di A. GIANNELLI, Il revirement della Plenaria in tema di ricorsi paralizzanti nelle gare a due: le nubi si addensano sulla nozione di interesse strumentale; di F. FOLLIERI, Un ripensamento dell’ordine di esame dei ricorsi principale ed incidentale; di M. MARINELLI, Ancora in tema di ricorso incidentale “escludente” e ordine di esame delle questioni (cfr. pure R. VILLATA, Annotando gli annotatori, in Dir. proc. amm., 2011, 1183 ss.).

([16]) Nel caso deciso da Cons. Stato, ad. plen., n. 31/2012 cit. il ricorrente in primo grado lamentava la violazione della regola della pubblicità delle sedute di gara; il TAR disattendeva l’eccezione di tardività della contestazione della clausola della lex specialis relativa al carattere pubblico o riservato delle sedute di gara, ritenendo l’onere d’immediata impugnazione circoscritto alle sole clausole impeditive della partecipazione, ed accoglieva il ricorso nel merito; nel ricorso in appello l’aggiudicatario disarcionato criticava la reiezione, da parte del TAR, dell’eccezione di tardività della contestazione, in primo grado, della clausola della lex specialis relativa al carattere pubblico o riservato delle sedute di gara. La Plenaria n. 31/2012 accertava che, nella specie, la lex specialis “non conteneva alcuna esplicita previsione in ordine alla natura pubblica o riservata” delle sedute, sicché “il vizio individuato dal primo giudice, consistito” nell’essere state svolte “in seduta riservata tutte le operazioni di apertura delle buste preliminari alla valutazione delle offerte tecniche”, non era ascrivibile alla lex specialis di gara, bensì all’operato della commissione giudicatrice (in violazione di una lex specialis silente in parte qua e, pertanto, etero-integrata dalla regola della pubblicità).

Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2011 cit. non ha esaminato la “complessa questione … concernente l’onere di immediata impugnazione del bando di gara” perché ininfluente, al contrario di quanto ritenuto nell’ordinanza di rimessione, sul rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale c.d. escludente (punto 50 del “Diritto”).

([17]) Al di fuori della speciale ipotesi di cui all’art. 9 c.p.a., secondo cui il giudicato implicito sulla giurisdizione impedisce il rilievo officioso del difetto di giurisdizione in grado di appello, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso di primo grado sono rilevabili d’ufficio anche nel giudizio di appello (art. 35, comma 1, lett. a) e b), c.p.a., collocato nel Libro I, dedicato alle “Disposizioni generali” del processo amministrativo), con il solo limite della statuizione espressa resa dal primo giudice. Così è condivisibilmente orientata la giurisprudenza amministrativa, anche perché il difetto di giurisdizione prelude ormai alla translatio iudicii (art. 59 l. n. 69/2009 e art. 11 c.p.a.), come se si trattasse di difetto di competenza: ma la questione degli esatti confini del giudicato implicito (sulle questioni pregiudiziali di rito), “spesso determinante nella concreta dinamica del giudizio di impugnazione”, è stata rimessa all’Adunanza plenaria da Cons. Stato, sez. III, ord. 7 novembre 2017, n. 5138 (cfr. i punti da 1.1 a 1.4 del “Diritto”).

([18]) Cui di recente aderiscono ancora, in dissenso da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit., TAR Puglia, Bari, sez. III, 30 ottobre 2017, n. 1109 e TAR Veneto, sez. III, 21 luglio 2017, n. 731, che dichiarano inammissibili impugnazioni del criterio di aggiudicazione prescelto nel bando.

([19]) Motivazione intesa, ai sensi del menzionato art. 99, comma 3, c.p.a., come esplicitazione delle ragioni della non condivisione del principio di diritto enunciato dalla Plenaria n. 1/2003 (onere d’immediata impugnazione delle sole clausole preclusive della partecipazione).

([20]) Può anche essere che la forzatura sia stata compiuta nella consapevolezza della sua innocuità pratica. Nella specie, un operatore economico aveva presentato domanda di partecipazione ad una procedura aperta e impugnato il bando, nella parte in cui stabiliva il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso in mancanza dei presupposti di legge. Nelle more del giudizio presso il TAR e in assenza di sospensione della gara, interveniva l’aggiudicazione a favore d’altro concorrente: il ricorrente la impugnava con autonomo ricorso. Il TAR dichiarava inammissibile il ricorso contro il bando per carenza d’interesse a ricorrere. Il ricorrente soccombente, in prime cure, interponeva appello. Ebbene, l’attesa dichiarazione d’inammissibilità del ricorso autonomo contro la sopravvenuta aggiudicazione, ai sensi dell’art. 120, comma 7, c.p.a. (onere e non facoltà dei motivi aggiunti, in deroga alla regola generale di cui all’art. 43 c.p.a.: cfr. I. MARTELLA, Le novità processuali nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Dir. proc. amm., 2016, 662-663), comporterà l’inoppugnabilità dell’aggiudicazione medesima e la completa vanificazione pratica della sentenza n. 2014/2017 cit., di annullamento del bando di gara oggetto di immediata impugnativa.

([21]) Cfr. altresì il punto 5.3, lett. b), del “Diritto”, ove si osserva che il criterio di aggiudicazione stabilito nel bando “è un prius logico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata”, sicché la tesi dell’impugnazione postergata del criterio di aggiudicazione tradirebbe irragionevolmente la volontà, sottesa alla logica bifasica che ispira l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., di affrancare il contenzioso post-aggiudicazione da dispute retrospettivamente appuntate su fasi iniziali o liminari della gara.

([22]) “ … il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa … sarebbe destinato a rimanere privo di garanzie di effettività, posto che la sua correzione si avrebbe solo all’esito della procedura concorsuale e della sua appendice giurisdizionale, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro già ingenerate aspettative” (punto 5.3, lett. a), del “Diritto”).

([23]) Si trattava, nella specie, di una gara soggetta al d. lgs. n. 163/2006 perché indetta nel vigore dello stesso (cfr. art. 216, comma 1, d. lgs. n. 50/2016).

([24]) TAR Puglia, Lecce, sez. II, 19 gennaio 2017, n. 80.

([25]) E’ opportuno ribadire che, riconoscendo la ritualità dell’impugnazione immediata del bando (nella parte in cui presceglieva il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso in difetto dei presupposti di legge), Cons. Stato, n. 2014/2017 cit. ha “simmetricamente – ancorché implicitamente – stabilito il nuovo principio dell’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando che fissano il metodo di aggiudicazione dell’appalto” (così Cons. Stato, sez. III, ord. 7 novembre 2017, n. 5138, sub punto 1.2 del “Diritto”).

Commetterebbe un grave errore chi discettasse di facoltà d’impugnazione della lex specialis di gara, poiché delle due l’una: o un atto è lesivo della sfera giuridica di chi ne è destinatario, che ha allora l’onere d’impugnarlo, o non è lesivo e allora l’eventuale ricorso risulterebbe inammissibile per carenza d’interesse. Tertium non datur, come è oggi fatto palese dall’art. 120, comma 2-bis, ultimo periodo c.p.a., che prevede l’inammissibilità del ricorso contro gli “atti endo-procedimentali privi di immediata lesività”.

La stessa aggiudicazione provvisoria (oggi “proposta di aggiudicazione”: artt. 32, comma 5, e 33, comma 1, del d. lgs. n. 50/2016), proprio in quanto atto endo-procedimentale privo di immediata lesività, non è impugnabile, come è oggi finalmente chiarito dall’art. 120, comma 2-bis, ultimo periodo, cit.: sbagliava la giurisprudenza, in precedenza, a predicarne l’impugnabilità in via facoltativa (I. MARTELLA, Le novità processuali, cit., 661).

Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit., sub punto 2.19 del “Diritto”, riconosce, con onestà, “che non è praticabile” la tesi che assegna all’operatore economico la scelta “se impugnare immediatamente il bando o attendere l’esito della procedura”: “al contrario, deve porsi una chiara delimitazione delle ipotesi in cui un atto è lesivo, generando l’onere di tempestiva e autonoma impugnazione”.

([26]) La deduzione difensiva svolta dalla stazione appaltante costituisce una semplice sollecitazione affinché il Consiglio di Stato rilevi d’ufficio una causa ostativa alla decisione nel merito del ricorso di primo grado (nella specie, la tardiva contestazione in prime cure della lex specialis di gara). Infatti, all’infuori della speciale ipotesi dell’art. 9 c.p.a., secondo cui il giudicato implicito sulla giurisdizione impedisce il rilievo officioso del difetto di giurisdizione in grado di appello, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso di primo grado sono rilevabili d’ufficio anche nel giudizio di appello (art. 35, comma 1, lett. a) e b), c.p.a., collocato nel Libro I, dedicato alle “Disposizioni generali” del processo amministrativo), con il solo limite della statuizione espressa resa dal primo giudice. Così è condivisibilmente orientata la giurisprudenza amministrativa, anche perché il difetto di giurisdizione prelude ormai alla translatio iudicii (art. 59 l. n. 69/2009 e art. 11 c.p.a.), come se si trattasse di difetto di competenza: ma la questione degli esatti confini del giudicato implicito (sulle questioni pregiudiziali di rito), “spesso determinante nella concreta dinamica del giudizio di impugnazione”, è stata rimessa all’Adunanza plenaria da Cons. Stato, sez. III, ord. 7 novembre 2017, n. 5138 (cfr. i punti da 1.1 a 1.4 del “Diritto”).

([27]) Nel punto 1 del “Diritto” si legge che “il tema proposto, riguardante l’individuazione delle ipotesi in cui si manifesta l’immediata lesività di atti intermedi di sequenze procedimentali complesse”, non può “essere isolato al solo caso della determinazione del criterio di selezione dell’offerta”, ma richiede “una rivisitazione complessiva dei risultati ermeneutici cui è approdata la giurisprudenza prevalente, espressa dall’Adunanza plenaria n. 1/2003”. Il concetto è poi ripreso nel punto 2.1 del “Diritto”: “la Sezione intende deferire la questione in termini più ampi e generali, anche considerando che la stessa pronuncia n. 1/2003 aveva molto opportunamente analizzato il tema in tutte le sue sfaccettature, senza limitarsi alla peculiarità del caso concreto esaminato dall’ordinanza di rinvio”.

([28]) Autotutela doverosa originata dalla raccomandazione vincolante di ANAC.

([29]) Legittimazione ex lege di ANAC all’impugnazione di bandi, altri atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici.

([30]) Potere di ANAC, ove ritenga “che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni” del codice dei contratti pubblici, di emettere, “entro sessanta giorni dalla notizia della violazione”, “un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati”, nonché di ricorrere al giudice amministrativo “se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato”.

([31]) I corsivi sono nell’ord. n. 5138/2017 cit., sub punto 2.16.4 del “Diritto”.

([32]) Sicché – osserva Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. riprendendo una considerazione già svolta da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit. – la tesi dell’impugnazione differita del criterio di aggiudicazione vanificherebbe irragionevolmente la volontà, che sta alla base della logica bifasica che permea l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., di azzerare il contenzioso post-aggiudicazione avente retrospettivamente ad oggetto questioni relative a fasi iniziali o liminari della gara. “Se v’è onere di impugnazione immediata dell’ammissione altrui, a fortiori l’onere deve sussistere per gli atti che la precedono, essendo irragionevole un sistema che, pur di decongestionare la fase finale della procedura giunge ad innestare una verifica parentetica delle ammissioni (pacificamente non lesive dell’interesse individuale all’aggiudicazione), ma lascia fuori le questioni, logicamente pregresse, di legittimità del bando, consentendo alle stesse una reviviscenza capace di rendere, ex post, lo stesso giudizio sulle ammissioni, eventualmente instauratosi, inutiliter datum” (punto 3.2 del “Diritto”).

([33]) Interesse ad una “competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo” (Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit., punto 5.2 del “Diritto”).

([34]) Con parziale tradimento della “funzione ancipite” – “protezione del bene della vita e al contempo verifica del corretto inveramento dell’interesse pubblico” – propria dell’interesse legittimo “anche nella ricostruzione sostanzialistica che ormai lo caratterizza” (Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit., sub punto 2.21 del “Diritto”).

([35]) “Diritto alla piena ed effettiva concorrenza” che, per un verso, “è stata la stella polare” che ha imposto il c.d. “subentro” nel contratto (nella c.d. direttiva ricorsi) e la responsabilità svincolata dalla colpa sul versante risarcitorio (Corte giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, C-314/2009) e, per altro verso, “è la ragione che sta alla base” del considerando n. 122 della direttiva 2014/24/UE, in forza del quale persino “i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone o organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso … hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto”.

([36]) Con la rammentata “eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi”.

([37]) Da cui si sono, proprio per questa ragione, prese le mosse nel precedente paragrafo 1.

([38]) Art. 29 c.p.a.

([39]) E cioè nella parte in cui prescriveva, nel caso di specie, l’esclusione automatica (anziché in contraddittorio) dell’offerta sospetta di anomalia, in difetto dei presupposti di legge.

([40]) Si allude all’eccezione (in senso lato) di tardiva contestazione della lex specialis di gara, articolata dal controinteressato davanti al TAR.

([41]) Si allude al primo motivo di appello prospettato dalla stazione appaltante.

([42]) E cioè nella parte in cui prescriveva, nel caso di specie, l’esclusione automatica (anziché in contraddittorio) dell’offerta sospetta di anomalia, in difetto dei presupposti di legge.

([43]) Art. 29 c.p.a.

([44]) Art. 120, comma 7, c.p.a.

([45]) Oggi con il conforto testuale dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. e dell’art. 29, comma 1, secondo periodo, del d. lgs. n. 50/2016. Ma si veda altresì l’art. 76, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50/2016, che, in termini generali, dà per scontata l’impugnabilità dell’esclusione, come già in precedenza l’art. 79, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 163/2006.

([46]) Art. 35, comma 1, lett. a), c.p.a.

([47]) Art. 120, comma 5, c.p.a., nella parte in cui menziona la “conoscenza dell’atto”, che coincide, per quel che ora rileva, con la ricevuta comunicazione della lettera di invito.

([48]) Art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.

([49]) Art. 40, comma 1, lett. b), c.p.a.

([50]) Cumulo sopravvenuto che si realizza attraverso i motivi aggiunti c.d. impropri (art. 43 c.p.a., nella parte in cui menziona “domande nuove purché connesse a quelle già proposte”): cfr. art. 120, comma 7, c.p.a.

([51]) Art. 29 c.p.a.

([52]) Art. 34, comma 1, lett. a), c.p.a.

([53]) Cfr. il successivo paragrafo 7.

([54]) Anche le altrui ammissioni all’esito della valutazione dei requisiti partecipativi, dopo l’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

([55]) Affetti da una annullabilità “per contatto procedimentale” o, “se si crede, per contagio e incorporazione del vizio nel provvedimento finale”, secondo lo schema di trasmissione dell’antigiuridicità dagli atti preparatori (inidonei a produrre effetti verso l’esterno) al provvedimento conclusivo: G. GRECO, La trasmissione dell’antigiuridicità (dell’atto amministrativo illegittimo), in Dir. proc. amm., 2005, 329 e 335.

([56]) O pur poggiando su un interesse a ricorrere affievolito (quale è quello appagato da una lesione solamente potenziale), se si pensa al caso dell’impugnazione dell’altrui ammissione, basata su una clausola illegittimamente permissiva contenuta nella lex specialis di gara.

([57]) Si prende spunto dalla fattispecie su cui è intervenuto Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 634/2013 cit.

([58]) Scongiurare il rischio di manomissioni o manipolazioni delle offerte, se aperte in seduta non pubblica.

([59]) Caducati in via derivata, e cioè caducati perché rimasti orfani del provvedimento presupposto (c.d. “caducazione” del provvedimento presupposto, “viziante o invalidante” quello consequenziale): G. GRECO, La trasmissione, cit., 330 e 335.

([60]) O poggia su un interesse a ricorrere attenuato (quale è quello soddisfatto da una lesione solamente futura e incerta), se si pensa al caso dell’impugnazione dell’altrui ammissione, basata su una clausola illegittimamente permissiva contenuta nella lex specialis di gara.

([61]) Ovvero un regolamento presupposto e un atto applicativo consequenziale, prima che la giurisprudenza, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, si orientasse per la disapplicazione dei regolamenti illegittimi (sempre che non immediatamente lesivi delle altrui sfere giuridiche). Sulla disapplicazione del regolamento illegittimo come schema di trasmissione dell’antigiuridicità dalla legge all’atto amministrativo applicativo, cfr. G. GRECO, La trasmissione, cit., 338-339.

([62]) Rectius: onere di impugnazione tout-court, immediata quando predicabile.

([63]) Sulle quali si indugerà nel prossimo paragrafo 10.

([64]) Cfr. R. VILLATA, “Novità”, cit., 916, ove il rilievo per cui, nella “struttura della posizione giuridica soggettiva protetta” (interesse legittimo), il “rispetto delle norme” non ne segna “l’esito finale”, e cioè l’oggetto (il bene della vita), bensì il “mezzo di tutela”, nel senso che l’interesse sostanziale gode di tutela nei limiti della legittimità dell’esercizio del potere amministrativo con cui dialoga.

([65]) Cfr. i precedenti paragrafi 5 e 6.

([66]) Sulle quali ci si soffermerà nel successivo paragrafo 10.

([67]) Rectius: onere di impugnazione tout-court, immediata quando predicabile.

([68]) Normale non impugnabilità della lex specialis, e non – secondo quanto si è soliti ritenere – sua normale impugnabilità congiunta con i provvedimenti applicativi.

([69]) E, quindi, l’esatta identificazione, sul piano sostanziale, dell’unico interesse protetto e la corretta applicazione dei principi in tema di interesse processuale al ricorso.

([70]) Rectius: necessità di impugnazione tout-court.

([71]) R. VILLATA, “Novità”, cit., 916, ad esempio, pronostica una “esplosione del contenzioso”, qualora gli operatori fossero “costretti ad impugnare subito il bando”. Senza dire dell’onere del ricorrente, che vedesse respinta la domanda cautelare allegata al ricorso contro il bando, di inseguire con motivi aggiunti il procedere della gara.

([72]) O poggi su un interesse a ricorrere affievolito (quale è quello appagato da una lesione solamente potenziale), se si pone mente all’ipotesi dell’impugnazione dell’altrui ammissione, fondata su una clausola illegittimamente permissiva contenuta nella lex specialis di gara.

([73]) Il pensiero corre a Cons. Stato, ad. plen., 13 aprile 2015, n. 4 (in Dir. proc. amm., 2016, 173 ss, con nota di D. TURRONI, Justice delayed is (not) justice dinied. L’annullamento dell’atto non è “variabile dipendente” dalla durata del processo; cfr. altresì L. BERTONAZZI, Il principio della domanda: insospettabile ostacolo ad un’ulteriore accentuazione come denegata della giustizia ritardata, in Dir. proc. amm., 2016, 639 ss.), che ha condivisibilmente negato il sacrificio del principio della domanda sull’altare del pregiudizio che deriverebbe all’incolpevole controinteressato dall’accoglimento di un ricorso a distanza di parecchi anni dalla sua proposizione.

([74]) Rectius: necessità di impugnazione tout-court.

([75]) Sub specie di coerenza al paradigma della correttezza e buona fede oggettiva.

([76]) Riportate nel precedente paragrafo 2 e riprese nel precedente paragrafo 7.

([77]) Nulla esclude l’annullamento d’ufficio della procedura per vizi della lex specialis diversi da quelli eventualmente ritenuti infondati dal giudice, sicché residuerebbe comunque, ancorché attenuato nella misura, qualche margine di incertezza intorno alla stabilità della lex di gara.

([78]) Rectius: onere d’impugnazione tout-court (immediata quando predicabile).

([79]) Rectius: onere d’impugnazione tout-court (immediata quando predicabile).

([80]) Se è vero che l’art. 83, comma 8, del d. lgs. n. 50/2016 ha uno spettro applicativo circoscritto ai soli requisiti di ammissione (di cui agli artt. 80 e 83 dello stesso d. lgs. n. 50/2016), in ciò discostandosi dal precedente art. 46, comma 1-bis, del d. lgs. n. 163/2006, allora la nullità (testuale) della clausola ‘escludente’, ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge, aprirebbe le porte all’alternativa tra un’azione di “accertamento” della nullità “entro il termine di decadenza di centottanta giorni”, decorrenti dalla pubblicazione del bando, o un’azione di annullamento del provvedimento individuale espulsivo, nel decidere la quale al giudice sarebbe dato di rilevare “d’ufficio” la nullità della presupposta clausola ‘escludente’ (art. 31, comma 4, c.p.a.). Si ritornerà sul tema più avanti, sub paragrafo 10, allorché ci si soffermerà sulle clausole ostative alla partecipazione.

([81]) Cfr. i precedenti paragrafi 5 e 6.

([82]) Il corsivo è di Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit.

([83]) Pare esserne in fondo consapevole la stessa ord. n. 5138/2017 cit., allorché, in nome della “specialità del settore dei pubblici appalti”, auspica bensì uno “strappo” ai “principi generali”, ma sul terreno della “concretezza ed attualità della lesione [dell’interesse sostanziale] ai fini dell’esperimento della tutela demolitoria”, e non – si badi – sul versante (logicamente preliminare) della conformazione dell’interesse di cui sono titolari, sul piano sostanziale, i concorrenti.

([84]) L’obliterazione della “struttura della posizione giuridica soggettiva protetta”, “che vede nel rispetto delle norme un mezzo di tutela, ma non l’esito finale [rectius: l’oggetto] della stessa”, è dimostrata da ciò, che “all’aggiudicazione” a favore di chi è insorto contro il bando, “in applicazione però di un bando illegittimo, non potrebbe affatto seguire l’improcedibilità del ricorso [rectius: la cessata materia del contendere], mirante in tesi [il ricorso] non all’esito favorevole del procedimento, ma allo svolgimento di questo in modo conforme alla legge” (R. VILLATA, “Novità”, cit., 916-917). Al brillante rilievo potrebbe obiettarsi soltanto che gli inediti interessi aventi matrice nella legittimità della gara, siccome tratteggiati nelle pronunce passate in rassegna della Sesta e Terza Sezione del Consiglio di Stato, sono bensì diversi ed autonomi dall’interesse all’aggiudicazione, ma nel contempo allo stesso strumentali, sicché la sopravvenuta aggiudicazione in favore di chi ha impugnato il bando soddisfa pienamente la sua pretesa (art. 34, ultimo comma, c.p.a.), identificata nell’interesse finale all’aggiudicazione, e ciò anche a voler configurare interessi sostanziali alla legittimità della procedura, diversi da quello ma a quello comunque strumentali. Lo stesso deve dirsi per l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, del ricorso contro il bando, in caso di omessa impugnazione, con motivi aggiunti, dell’aggiudicazione a favore d’altro concorrente.

([85]) Cfr. L. BERTONAZZI, Limiti applicativi del nuovo giudizio di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. e sua compatibilità con la tutela cautelare, nota a Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059, in Dir. proc. amm., 2017, 718-719, anche in nota.

([86]) La lesione solamente potenziale è sufficiente, ma – si badi – anche necessaria: diversamente dovrebbe darsi l’azione contro la propria ammissione: cosa che non può essere perché la lesione più non sarebbe proiettata nell’orizzonte delle cose incerte ma possibili, venendo invece a mancare in radice.

([87]) Eccezionalità ravvisabile, in tesi, nell’inedita conformazione dell’interesse legittimo, sul piano sostanziale, come interesse a concorrere solo con chi ne ha titolo, diverso dall’interesse all’aggiudicazione e ad esso strumentale.

L’art. 120, comma 2-bis, primo e secondo periodo, cit. rimane comunque disposizione eccezionale, pure nell’altra (preferibile) prospettiva del giudizio a interesse a ricorrere affievolito.

E’ opportuno rammentare che: a) l’ultimo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, cit. ha subito cura di ribadire, a chiare lettere, la regola generale dell’inammissibilità dell’impugnazione di tutti gli “atti endoprocedimentali privi di immediata lesività”, tra i quali la “proposta di aggiudicazione” (già aggiudicazione provvisoria); b) l’estensione del rito speciale di cui all’art. 120, comma 2-bis cit. all’atto di nomina della commissione giudicatrice, prevista nello schema originario del codice dei contratti pubblici, è stata poi espunta dal testo definitivo, sia pure per ragioni – prontamente colte dal parere del Consiglio di Stato – inerenti all’eccesso rispetto alla delega di cui all’art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge 28 gennaio 2016, n. 11.

Eccezionale è la norma che disciplina una certa fattispecie in modo opposto a quello in cui verrebbe regolata se la norma eccezionale non esistesse, sicché l’indole eccezionale di una norma giuridica discende dalla sua attitudine a stabilire uno schema di qualificazione o di imputazione derogativo rispetto al complesso di regole che disciplinano una classe organica di fattispecie omogenee, incidendo in tal modo sull’estensione della forza prescrittiva delle norme generali: cfr. Q. CAMERLENGO, Il giudice amministrativo e l’analogia, in Dir. proc. amm., 2003, 1126-1127.

“La relatività del concetto di eccezionalità va di volta in volta commisurata al rapporto derogativo con un’altra norma e non costituisce già un attributo assoluto delle norme”; il fondamento del divieto di analogia consiste “nella ritenuta maggiore comprensività ed estensibilità e, si potrebbe dire, nella potenziale elasticità della norma regola rispetto alla norma eccezione, la quale ultima non va estesa a fattispecie non rientranti nella sua specifica previsione, per le quali soccorre invece la norma comune” (F. MODUGNO, Norme singolari, speciali, eccezionali, in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 524).

Le norme eccezionali “non sono dotate di ‘motore’ proprio, ma necessitano di essere ‘trainate’ dalla norma generale”: esse non si concepiscono “se non in riflesso ad un’altra norma” (M. M. FRACANZANI, Divieto di analogia nelle norme eccezionali ed interpretazione estensiva: alla ricerca di un criterio distintivo con dignità teorica ed utilità pratica nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2008, 199).

Non è metodologicamente corretto indulgere ad analogie mascherate, attraverso l’espediente della riduzione dell’analogia a interpretazione estensiva (cfr. S. BACCARINI, Il Consiglio di Stato tra divieto di analogia nelle norme eccezionali e interpretazione creativa, in Dir. proc. amm., 2005, 88-90).

([88]) Art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile.

([89]) Che, come è noto, condivide con l’analogia l’enfatizzazione del ruolo della ratio, sottesa alla norma giuridica suscettibile di applicazione ad altri casi, oltre a quelli espressamente previsti, e se ne distingue in quanto non richiede la somiglianza delle fattispecie: cfr. Q. CAMERLENGO, Il giudice, cit., 1117.

([90]) Che, come è noto, elimina in radice il problema delle lacune, dal momento che il difetto di una disciplina specifica del caso concreto viene inteso come effetto direttamente imputabile alla volontà del legislatore, il quale, regolando determinati casi, ha inteso così escludere altri comportamenti o rapporti dagli schemi di qualificazione così concepiti (ubi lex voluit dixit, ubi tacuit nolit): cfr. Q. CAMERLENGO, Il giudice, cit., 1117.

([91]) Si pensi, ad esempio, alla sopravvenienza dell’aggiudicazione a favore di un concorrente diverso dal ricorrente, che ha contestato l’altrui ammissione, e dal controinteressato, la cui ammissione è stata contestata: cfr. L. BERTONAZZI, Limiti applicativi, cit., 719-722.

([92]) Rectius: non impugnabilità tout-court.

([93]) Osservazione che non si rinviene in Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit., né in Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. Una sua labile traccia si trova, invece, in Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 351/2011 cit. (“ … solo il non aggiudicatario avrà interesse ad impugnare …”), ma nel contesto – affatto diverso – di opinabili considerazioni di politica del diritto inerenti alla deflazione del contenzioso.

([94]) Impiegato solo da Cons. Stato, sez. III, n. 2014/2017 cit.

([95]) Rectius: non impugnabilità tout-court.

([96]) In questo senso la tutela è anticipata.

([97]) Corollario processuale è che, in consimili evenienze, il ricorso è assistito da un interesse a ricorrere di tipo strumentale, ossia l’interesse alla (possibile) riedizione, totale o parziale, della gara, in cui spendere una nuova chance di aggiudicazione.

([98]) Cfr. il punto 3.3 del “Diritto”.

([99]) E’ manifesta la non pertinenza, al fine di corroborare la tesi della generalizzazione dell’onere d’immediata impugnazione della lex specialis di gara, delle “regole riguardanti il termine sospensivo per la stipulazione del contratto” e i “limiti alla obbligatoria inefficacia” dello stesso (cfr. il punto 2.14 del “Diritto”), trattandosi per l’appunto di regole inerenti unicamente al tempo della stipula del contratto e alla sua sorte quando sia annullata l’aggiudicazione.

La centralità, nella “prospettiva giurisdizionale europea”, del “diritto alla piena ed effettiva concorrenza” è argomento che prova palesemente troppo, mentre i suoi corollari (“subentro” e responsabilità svincolata dalla colpa sul versante risarcitorio), richiamati da Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017 cit. (punto 3.3 del “Diritto”), appaiono, di nuovo, manifestamente non pertinenti al richiamato fine.

([100]) Rectius: non impugnabilità tout-court.

([101]) Cfr. l’avverbio “certamente” nel punto 3.3 del “Diritto”.

([102]) Rectius: onere d’impugnazione tout-court.

([103]) Chi scrive desidera solo puntualizzare che il grado di effettività delle norme sostanziali (di matrice europea sull’aggiudicazione dei contratti pubblici) non muta a seconda che la deduzione della loro violazione, avvenuta con l’approvazione della lex specialis di gara, sia prospettata immediatamente avverso quest’ultima o in un secondo tempo avverso la denegata aggiudicazione. Vero è che l’eventuale reiezione della domanda cautelare nei confronti dell’aggiudicazione farebbe cessare lo standstill e darebbe la stura alla possibile stipula del contratto, ma ciò potrebbe accadere pure nelle more del giudizio promosso contro il bando, in caso di rigetto della relativa domanda cautelare.

Quanto, poi, all’auspicato “rapido emendamento del bando”, si tratta di una pura eventualità, poiché la domanda cautelare allegata al ricorso contro il bando medesimo ben potrebbe essere respinta e, anche quando fosse accolta, nulla escluderebbe una successiva sentenza di segno contrario.

Caso mai potrebbe osservarsi che il ventaglio dei legittimati a contestare il bando (operatori del settore) sarebbe più esteso di quello dei legittimati a contestare il diniego di aggiudicazione (i soli concorrenti non aggiudicatari): ma ciò non lascerebbe di certo le norme sostanziali (di matrice europea sull’aggiudicazione dei contratti pubblici) prive di sufficienti garanzie di effettività, stante l’assenza di un puntuale vincolo europeo nel senso della dilatazione dell’onere di immediata contestazione del bando (rectius: contestazione del bando tout-court), che solo sarebbe in grado di comprimere l’autonomia processuale degli Stati membri.

([104]) L.R. PERFETTI, Interesse a ricorrere, cit., 859-860, argomentando dall’inquadramento del bando tra gli atti amministrativi generali ad efficacia prescrittiva e dalla indeterminatezza/indeterminabilità a priori dei suoi destinatari, dubita dell’equiparazione della clausola ‘escludente’ di un bando ad un immediato ‘divieto di partecipazione’ alla gara e, di conseguenza, della qualificazione dell’atto di esclusione del concorrente privo di requisiti a guisa di atto puramente ricognitivo di un effetto e di una lesione rinvenienti direttamente dal bando. Uno spunto in tal senso si rinveniva già in Cons. Stato, sez. IV, ord. 10 aprile 1998, n. 582, in Giur. it., 1998, 2187, con nota di E. CANNADA BARTOLI, In tema di atti generali e disapplicazione amministrativa, non assecondato però da Cons. Stato, ad. plen., ord. 4 dicembre 1998, n. 1, in Cons. Stato, 1998, 1887: ne danno conto M. RAMAJOLI -  B. TONOLETTI, Qualificazione e regime giuridico degli atti amministrativi generali, in Dir. amm., 2013, 96-97, anche nota 115.

([105]) Requisito partecipativo prescritto dalla lex specialis di gara, ora esplicitamente, ora mediante la sua etero-integrazione ad opera di norme imperative: distinzione che non verrà più ripresa in quanto neutra ai fini del discorso che si sta impostando.

([106]) E’ rimasta isolata, in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 2011, n. 172, in Dir. proc. amm., 2011, 1476 ss, con nota di G. DE ROSA, Disapplicazione del bando di gara: il Consiglio di Stato riapre il dibattito?

([107]) Ma identico discorso valeva già prima dell’entrata in vigore dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., quando l’ammissione costituiva atto endoprocedimentale e annullabile, perché illegittimo in via derivata, era il provvedimento di aggiudicazione nella parte in cui contemplava un concorrente, aggiudicatario o meno, che avrebbe meritato l’esclusione per mancanza di un requisito partecipativo prescritto dal bando.

([108]) Altro è rilevanza giuridica di un atto, intesa come capacità di costituire effetti giuridici e di innovare la realtà giuridica, altro ancora il carattere vincolato o discrezionale del suo contenuto, che presuppone logicamente la rilevanza giuridica dell’atto e deriva dalla relazione ch’esso intrattiene con altri atti, amministrativi e normativi, collocati a monte: cfr. R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, 78-79.

([109]) Per le quali cfr. A. ORSI BATTAGLINI, Attività vincolata e situazioni soggettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 3 ss., ove è ripreso l’insegnamento di Enzo Capaccioli.

([110]) Cfr. altresì l’art. 29, comma 1, secondo periodo, d. lgs. n. 50/2016, ivi inserito dal d. lgs. n. 56/2017, ove si discorre parimenti del “provvedimento che determina le esclusioni” dalla gara e le “ammissioni” alla stessa, “all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali” di cui all’art. 83 del d. lgs. n. 50/2016.

([111]) Sul che nessuno ha mai dubitato.

([112]) In ragione della necessità che i requisiti di partecipazione permangano per l’intero arco della procedura (Cons. Stato, ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8).

([113]) Atto di ammissione ormai elevato al rango di provvedimento dall’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

([114]) Ed è, oggi come ieri, provvedimento.

([115]) Si pensi al titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l’indizione della nuova procedura.

([116]) Si pensi all’operatore economico del settore che insorge contro un affidamento diretto (ad altri) o l’indizione di una procedura negoziata senza previo bando (cui non sia stato invitato).

([117]) Cfr. i precedenti paragrafi 5 e 6.

([118]) E ciò anche quando il criterio di aggiudicazione fosse quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, stando al principio di diritto enunciato da Cons. Stato, ad. plen., 26 luglio 2012, n. 30.

In passato chi scrive aveva sottoposto quest’ultima pronuncia a non lievi critiche (L. BERTONAZZI, Aggiudicazione, contratto e contenzioso, in I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cura di R. Villata, M. Bertolissi, V.Domenichelli, G. Sala, I, Lavis, 2014, 971-974): ma anche nell’auspicata ipotesi di una sua rimeditazione, permarrebbe comunque il prefigurato scenario della rinnovazione parziale della gara, con valutazione dell’offerta del concorrente dapprima illegittimamente escluso, quanto meno laddove il criterio di aggiudicazione fosse quello del prezzo più basso.

([119]) E non anche dell’esclusione, in questa prospettiva puramente ricognitiva e dichiarativa di un effetto e di una lesione rinvenienti direttamente direttamente dal bando.

([120]) Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4 (sub punti 27, lett. c), e 38 del “Diritto) e Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9 (in Dir. proc. amm., con nota di L. BERTONAZZI, Il ricorso incidentale nei giudizi amministrativi di primo grado relativi a procedure selettive: residue incertezze domestiche e gravi incognite di origine europea) hanno enucleato tre eccezioni alla regola secondo cui la partecipazione alla gara è fonte di differenziazione dell’interesse sostanziale e, quindi, di legittimazione a ricorrere: quando si contesta nell’an l’indizione della gara, quando, all’inverso, si contesta che una gara sia mancata, quando si censurano clausole ostative alla partecipazione (cfr. Corte cost., n. 245/2016 cit., sub 3.2 del “Considerato in diritto”).

Cons. Stato, sez. III, ord. n. 5138/2017, punti 3.4.1 e 4 del del “Diritto”, chiede alla Plenaria “se, nel caso di contestazione del criterio di aggiudicazione o, in generale, della impugnazione di atti della procedura immediatamente lesivi, sia necessario, ai fini della legittimazione a ricorrere, che l’operatore economico abbia partecipato alla gara … ovvero [secondo il modo in cui sono comunemente intesi i punti 28-29 di Corte di giustizia CE, sez. VI, 12 febbraio 2014, C-230/02, Grossmann] sia sufficiente la dimostrazione della qualità di operatore economico del settore”.

Nel senso della superfluità della partecipazione, anche prima e a prescindere dalla sentenza Grossmann, per rifuggire da un anti-economico formalismo, cfr. F. SAITTA, La legittimazione ad impugnare bandi di gara: considerazioni critiche sugli orientamenti giurisprudenziali, in Riv. trim. app., 2001, 535-537; G. MARI, Domanda di partecipazione alla gara come presupposto per l’impugnazione del bando, in Giust. civ., 2002, 830; D. VAIANO, L’onere dell’immediata impugnazione del bando e della successiva partecipazione alla gara tra legittimazione ad agire e interesse a ricorrere, in Dir. proc. amm., 2004, 703 e 709-711.

Ma resiste un indirizzo giurisprudenziale che esige la partecipazione come fonte ineludibile di legittimazione al ricorso avverso clausole ‘escludenti’: cfr. L BERTONAZZI, Bando di gara e procedure di scelta, in I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, cit., 710.

In effetti, non si vede come differenziare la posizione dell’operatore economico (rispetto al generico operatore del settore) se non attraverso la partecipazione alla procedura; inoltre, prescindere dalla partecipazione significa pregiudicare il diritto di difesa dell’aggiudicatario (controinteressato sopravvenuto), privato del diritto di prospettare, con ricorso incidentale, cause di esclusione a carico del ricorrente principale.

TAR Liguria, sez. II, ord. 29 marzo 2017, n. 263 ha rimesso la questione alla Corte di giustizia UE.

La generalizzazione (tendenziale, nei termini testé chiariti) della non impugnabilità tout-court della lex specialis di gara elimina alla radice il problema. A ciò non osta la rammentata sentenza Grossmann, la quale, a ben vedere, pretende soltanto che l’impugnabilità delle clausole preclusive della partecipazione sia anticipata rispetto alla conclusione del procedimento (cfr. il punto 28 – “ … prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto …” – e il punto 30 – “… senza attendere la conclusione del procedimento di aggiudicazione dell’appalto …”), negando tutela giurisdizionale a chi non ha preso parte alla gara né impugnato, se non a seguito dell’aggiudicazione, simili clausole (cfr. i punti 37-38 della sentenza Grossmann). Gli Stati membri possono allora esigere la partecipazione come fattore di differenziazione dell’interesse sostanziale e consentire una reazione processuale comunque anticipata rispetto alla definizione della gara, quando appuntata su un atto di espulsione dalla gara stessa, adottato in applicazione del bando.

([121]) Tendenziale nei termini che si sono testé chiariti.

([122]) Nella scia di un filone giurisprudenziale che già voleva chiara ed univoca, anziché ambigua, la clausola ostativa alla partecipazione, al fine di radicare l’onere della sua immediata impugnazione (Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 329; C.g.a.r.S., 21 aprile 2010, n. 547; Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2009, n. 6544). Cfr. altresì la giurisprudenza riportata da P. PIZZA, Impugnabilità diretta del bando, cit., 761-762.

([123]) Invero – all’interno, si ripete, della (qui non condivisa) ottica dell’immediata reazione processuale – se una clausola del bando si disvela come impeditiva della partecipazione solo dopo che la stazione appaltante ha dissipato i dubbi interpretativi derivanti dalla sua incerta formulazione, ciò non vale – in ragione della portata niente più che dichiarativa dell’interpretazione – a negare ab origine a detta clausola valenza preclusiva della partecipazione, ma piuttosto a propiziare l’eventuale rimessione in termini per errore scusabile.

Questa è, peraltro, la conclusione, invero assai modesta se rapportata alle aspettative di certa dottrina e dello stesso tribunale a quo, cui pervenne Corte di giustizia CE, sez. VI, 27 febbraio 2003, C-327/00, Santex, su cui R. VILLATA, Osservazioni in tema di incidenza dell’ordinamento comunitario sul sistema italiano di giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2006, 862: la Corte non si pronunciò a favore della disapplicazione del bando, né della sua impugnabilità differita, limitandosi ad affermare che chi non avesse impugnato il bando nei termini per fatto riconducibile all’amministrazione, avrebbe dovuto considerarsi ricorrente tempestivo (rimesso in termini, diremmo noi) proprio per l’imputabilità della tardività al comportamento ingannevole dell’amministrazione.

([124]) Come già, in precedenza, l’art. 79, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 163/2006.

([125]) Come già, in precedenza, l’art. 11, comma 10-bis, lett. a), del d. lgs. n. 163/2006.

([126]) Il termine dilatorio di trentacinque giorni “dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione” stabilito, ai fini della stipula del contratto, dall’art. 32, comma 9, d. lgs. n. 50/2016.

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