L’abolizione della maggior tutela
di Federico Luiso
Con il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza (attualmente all’esame del Senato, atto n. 2085) il Parlamento intende porre fine, a partire dal 1° luglio 2018, al regime di “maggior tutela” nel settore dell’energia elettrica.
La “maggior tutela” è un istituto posto a garanzia dei piccoli consumatori di energia elettrica che, per un qualunque motivo, non hanno scelto un fornitore sul mercato libero. Hanno diritto al regime di protezione solo i consumatori considerati più “deboli”, come potere contrattuale e capacità cognitiva nella valutazione delle offerte, cioè i consumatori domestici e le imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro.
Al consumatore che si trova in questa condizione viene garantita una fornitura di energia elettrica a prezzo “equo”, cioè di mercato, senza l’obbligo di dover negoziare e sottoscrivere un contratto con un fornitore.
Il prezzo del regime di tutela è definito dall’Autorità per l’energia sulla base dei costi di acquisto dell’energia elettrica sostenuti dall’Acquirente Unico, il soggetto preposto all’approvvigionamento, sul mercato, dell’energia elettrica destinata a tale tipologia di consumatori.
Quindi, è bene mettere in chiaro da subito, l’Autorità per l’energia non determina il prezzo della maggior tutela affidandosi a meccanismi presuntivi o teorici, ma semplicemente trasferendo al consumatore un prezzo pienamente agganciato alle condizioni del mercato.
Ciò premesso, da quali presupposti nasce l’idea di abolire il regime di tutela?
Quali vantaggi porterà ai consumatori l’obbligo di passaggio al mercato libero?
L’obiettivo dichiarato del DDL è di “rimuovere ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, promuovere lo sviluppo della concorrenza e garantire la tutela dei consumatori” (art. 1).
Innanzitutto, non è ben chiaro quali siano gli “ostacoli regolatori” che impedirebbero l’apertura del mercato, dato che, ormai dal 1° luglio 2007, tutti i consumatori di energia elettrica hanno la facoltà di sottoscrivere un contratto di acquisto sul mercato libero, abbandonando quindi la maggior tutela. Il mercato elettrico, quindi, è già “aperto” a tutti da quasi 10 anni.
Forse si intende riferirsi agli “ostacoli” che frenano il passaggio di un cliente domestico dalla maggior tutela al mercato libero; prendiamo per buona l’ipotesi che si tratti, quindi, di favorire l’accesso al mercato libero da parte dei piccoli consumatori.
Si tratta, dunque, di capire perché ancora molti piccoli consumatori restano nel regime amministrato.
La risposta è abbastanza semplice, se solo si ricorda che l’energia elettrica è una “merce” con caratteristiche del tutto particolari, per la quale non valgono apprezzamenti, tipici di altri beni di consumo, sul rapporto qualità-prezzo; il consumatore di energia elettrica sceglie il proprio fornitore (quasi) esclusivamente in base all’offerta economicamente più vantaggiosa[1].
È quindi perfettamente comprensibile che un consumatore decida consapevolmente di passare dalla maggior tutela al mercato libero solo se può, con tale passaggio, ottenere un risparmio sul prezzo di acquisto dell’energia elettrica.
Nessun altro driver, se non il prezzo, orienta la scelta del consumatore.
Ciò chiarito, si comprende agevolmente anche la dinamica delle offerte che si è sviluppata a seguito dell’apertura del mercato: per convincere il consumatore ad abbandonare il regime tutelato, il fornitore di energia elettrica che opera sul mercato libero offre (o, per meglio dire, offriva, come si vedrà in seguito) un prezzo a sconto rispetto al prezzo della maggior tutela. Il prezzo della maggior tutela è, quindi, il riferimento per il mercato libero. Tanto maggiore è lo sconto, tanto più competitivo è il fornitore.
E, come accennato in precedenza, è di fondamentale importanza che tale riferimento sia (e lo è) determinato facendo riferimento alle effettive dinamiche del mercato, altrimenti si correrebbe il rischio che un prezzo totalmente amministrato possa anche risultare non “battibile” ricorrendo al mercato, come successe in California all’inizio del corrente secolo.
Ma così non è oggi, in Italia.
L’Acquirente Unico si approvvigiona sullo stesso mercato a cui hanno accesso gli altri grossisti, quindi non c’è il pericolo che il prezzo della maggior tutela sia artificiosamente imposto ad un livello più basso del mercato[2].
Peraltro, questo sistema di offerte sul mercato libero a sconto sul prezzo della maggior tutela costituisce anche un solido sbarramento all’insorgere di cartelli (lato vendita) o incontrollati aumenti di prezzo.
In queste condizioni il meccanismo che dovrebbe condurre il consumatore a passare al mercato libero è, a parere di chi scrive, lineare ed efficace, poiché favorisce la competizione con riferimento ad un benchmark di mercato e, al contempo, tutela il consumatore che può agire applicando un criterio semplice e netto: non passo al mercato libero se l’offerta non mi consente di risparmiare. Che poi, il risparmio sul costo del kWh, dovrebbe essere proprio l’obiettivo dell’esistenza stessa del mercato libero…
Dunque, se i consumatori domestici non passano al mercato libero – fatto di cui si duole il nostro legislatore – è perché, evidentemente, il prezzo del mercato libero non è più conveniente di quello della maggior tutela.
E questo esito non è solo la logica conclusione del sistema teorico sopra descritto, ma è suffragato dai dati ufficiali rilevati dall’Autorità per l’energia negli ultimi anni.
Prezzo in €/MWh dell'energia elettrica[3] per un cliente domestico
2012 | 2013 | 2014 | 2015 | |
MAGGIOR TUTELA | 108,4 | 103,7 | 97,8 | 87,5 |
MERCATO LIBERO | 115,0 | 121,0 | 117,1 | 132,5 |
differenza | 6% | 17% | 20% | 51% |
I dati della tabella confermano che non a caso né per capriccio i consumatori domestici consapevoli si tengono lontani dal mercato libero. Purtroppo i consumatori che finiscono sul mercato libero non lo fanno certamente per una ragionata scelta di convenienza, ma perché vengono in qualche modo convinti tramite offerte poco trasparenti, oppure semplicemente raggirati.
Questi numeri – che dovrebbero essere ben noti al nostro legislatore – sono un segnale lampante che qualcosa non ha funzionato nella liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica per il segmento della clientela domestica.
Di fronte a queste evidenze, la risposta della nostra funzione pubblica è sorprendente: abolisce la maggior tutela e getta tutti i consumatori domestici, senza salvagente, nel gorgo del mercato libero dove, se va bene, pagheranno l’energia elettrica il 50% in più.
Infatti, se oggi, anche in presenza del riferimento del mercato tutelato, i prezzi del mercato libero sono già ben maggiori di quelli della maggior tutela, cosa ci dovremmo aspettare quando il riferimento amministrato non ci sarà più?
Sulla base di quale imperscrutabile ragione i prezzi del mercato libero dovrebbero scendere a seguito dell’abolizione della maggior tutela?
Quali ostacoli si frappongono oggi ad uno sviluppo della concorrenza che porti all’abbassamento dei prezzi e che, una volta eliminata la maggior tutela, verranno meno?
È difficile comprendere in che modo: “la piena liberalizzazione del mercato retail favorirà la mobilità della domanda, l’evoluzione degli operatori da venditori di commodity a fornitori di un servizio complesso e l’emergere di offerte alternative accompagnate da strumenti che ne consentano la più agevole comparazione[4]”.
Nulla, infatti, impedisce già adesso ai fornitori di presentare offerte alternative – il mercato retail è già del tutto liberalizzato dal 2007 – e di sviluppare strumenti di comparazione.
Se ciò non bastasse, c’è un altro fattore che dovrebbe indurre i nostri governanti alla prudenza, prima di eliminare la maggior tutela: le truffe a danno dei consumatori più deboli.
Il problema dei contratti non richiesti, delle informazioni parziali e volutamente oscure, dei raggiri, colpiscono, come si può immaginare, prevalentemente i piccoli clienti domestici, che non dispongono del potere contrattuale né delle informazioni necessarie per poter valutare l’effettiva convenienza di un’offerta sul mercato libero.
Oggi questi clienti deboli sono protetti dalla fornitura in maggior tutela, domani saranno facile preda di qualche fornitore scorretto. Già adesso alcuni fornitori utilizzano in maniera fraudolenta l’informazione sul progetto di abolizione della maggior tutela, facendo credere ai consumatori inesperti che il regime tutelato cesserà dal 1° gennaio 2017 e spingendoli a sottoscrivere rapidamente un nuovo contratto sul mercato libero.
Insomma, comunque lo si guardi, il progetto di abolizione della maggior tutela non appare fondato su logiche di promozione della concorrenza, né, tantomeno, di tutela del consumatore.
Invece di approfondire le ragioni che hanno condotto ad un evidente fallimento del mercato libero per i clienti domestici, si propone di eliminare proprio l’indicatore che testimonia tale fallimento: quando non sarà più possibile confrontare il prezzo del mercato libero con un benchmark valido e ufficiale come è oggi il prezzo della maggior tutela, come potremo renderci conto che stiamo pagando l’elettricità molto più del dovuto? Ma forse, in fondo, è proprio questo l’obiettivo del disegno di legge...
* Le opinioni espresse sono a titolo personale e non impegnano l’Istituzione d’appartenenza: Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico.
(22 dicembre 2016)
[1] Fanno eccezione solo le cosiddette “offerte verdi”, per le quali un consumatore è disposto a pagare un prezzo (leggermente) maggiore a fronte della garanzia che tutta l’energia acquistata provenga da fonti rinnovabili.
[2] Anzi, l’Acquirente Unico, nell’esercizio della sua funzione pubblica, mantiene un atteggiamento prudente sul mercato, facendo uso di coperture sulla volatilità del prezzo dell’energia tali da portare il suo costo di acquisto a valori decisamente superiori al prezzo unico della Borsa Elettrica.
[3] Componenti riferite a energia, dispacciamento, perdite di rete, sbilanciamento e costi di commercializzazione.
[4] Dichiarazioni rese dal Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi alla 10ª Commissione permanente industria, commercio, turismo del Senato nella seduta del 19 maggio 2015.