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Limiti applicativi del nuovo giudizio di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. e sua compatibilità con la tutela cautelare (di Luca Bertonazzi)

Sommario: 1. Obiettivo stabilito e strumento prefigurato dalla delega (art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge n. 11/2016). – 2. Obiettivo, ragion d’essere e limiti applicativi del nuovo giudizio. – 3. Impossibilità sopravvenuta di conseguimento dell’obiettivo del nuovo giudizio. – 4. Impossibilità originaria di realizzazione dell’obiettivo del nuovo giudizio. – 5. Un’interpretazione (coerente con la delega e per ciò) costituzionalmente orientata. – 6. Considerazioni critiche su Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059. – 7. Considerazioni adesive a proposito della compatibilità tra tutela cautelare e rito speciale super accelerato.

 

 

1.In relazione ai giudizi aventi ad oggetto i “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture” (art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a.), l’art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 ha delegato il Governo ad introdurre “un rito speciale in camera di consiglio che consente l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione [rectius: provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla stessa all’esito dell’accertamento dei requisiti di partecipazione]; previsione della preclusione della contestazione [rectius: deduzione] di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva [rectius: in sede di impugnazione del successivo provvedimento di aggiudicazione]”([1]).

“Immediata” è la “risoluzione del contenzioso” relativo alla fase delle ammissioni in gara o esclusioni dalla stessa all’esito dell’accertamento dei requisiti partecipativi. “Immediata” sta per anteriore al “successivo svolgimento della procedura di gara”, ossia alla (fase della valutazione delle offerte che culmina con il provvedimento di) aggiudicazione. Significativa appare l’insistenza sulla scansione cronologica: la valutazione delle offerte e – quel che più conta – il provvedimento di aggiudicazione, nel quale essa sfocia, sono “successivi” rispetto alla “immediata risoluzione del contenzioso” inerente alla fase delle ammissioni/esclusioni.

La delega muove da un duplice presupposto: a) articolazione bifasica della gara, in cui la fase delle ammissioni/esclusioni, all’esito dell’accertamento dei requisiti di partecipazione, precede quella della valutazione delle offerte; b) sufficiente distanza temporale tra le due fasi della gara, tale da consentire la “immediata risoluzione” del (super accelerato) contenzioso sulla fase delle ammissioni/esclusioni prima che la successiva fase della valutazione delle offerte pervenga all’aggiudicazione.

L’obiettivo della delega è la cristallizzazione definitiva della platea dei concorrenti prima dell’aggiudicazione([2]), con conseguente riduzione a zero del contenzioso post-aggiudicazione avente retrospettivamente ad oggetto la fase delle ammissioni alla (ed esclusioni dalla) gara([3]).

Lo strumento prefigurato, per il raggiungimento dell’obiettivo, consiste nell’onere d’immediata impugnazione della (propria) esclusione([4]) e delle (altrui) ammissioni – maturate, l’una e le altre, all’esito dell’accertamento dei requisiti partecipativi – con “preclusione” della deduzione di “vizi attinenti” alla fase delle ammissioni/esclusioni “in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di … aggiudicazione”([5]).

  1. In attuazione della delega, l’art. 204, comma 1, lett. b) e lett. d), del d. lg. 18 aprile 2016, n. 50 ha forgiato e sottoposto a un rito speciale super accelerato un nuovo giudizio, avente ad oggetto “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali” [rectius: i provvedimenti che escludono dalla procedura ed ammettono alla stessa, all’esito dell’accertamento dei requisiti partecipativi: invero, “il provvedimento” in parola è plurimo, articolandosi in tanti provvedimenti quanti sono i concorrenti ammessi ed esclusi]: detti provvedimenti vanno impugnati[6] nel termine decadenziale di trenta giorni, decorrente dalla loro pubblicazione sul sito informatico della stazione appaltante (c.d. profilo del committente) ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lg. n. 50/2016[7]. “L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento [rectius: l’illegittimità derivata del provvedimento di aggiudicazione], anche con ricorso incidentale” (art. 120, comma 2-bis, c.p.a., ivi introdotto dall’art. 204, comma 1, lett. b), del d. lg. n. 50/2016, in attuazione dell’art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge n. 11/2016).

Nella misura in cui verte non già sulla (propria) esclusione, bensì sulle (altrui) ammissioni, il nuovo giudizio prescinde dall’interesse a ricorrere([8])([9])([10]).

Il nuovo giudizio è sottoposto a un rito speciale super accelerato: cfr. l’art. 120, comma 6-bis, c.p.a., ivi introdotto dall’art. 204, comma 1, lett. d), del d. lg. n. 50/2016, in attuazione dell’art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge n. 11/2016([11]).

L’obiettivo assegnato dalla delega al nuovo giudizio ne segna (la ragion d’essere e) i limiti applicativi. In tanto il nuovo giudizio trova applicazione, in quanto sia e rimanga realizzabile, in concreto, lo scopo affidatogli dalla delega: definizione del ventaglio dei concorrenti prima dell’aggiudicazione e riduzione a zero del contenzioso post-aggiudicazione relativo alla fase delle ammissioni/esclusioni.

Dove è raggiungibile, in concreto, il fine impressogli dal legislatore, lì trova applicazione il nuovo giudizio: ciò accade allorché l’aggiudicazione è di là da venire([12]), ad esempio perché la stazione appaltante ha temporaneamente sospeso la gara in attesa dell’immediata risoluzione del precoce (e super accelerato) contenzioso relativo alla fase delle ammissioni/esclusioni([13]).

Dove non è raggiungibile, in concreto, l’obiettivo prefissatogli dal legislatore, lì cessa di trovare applicazione il nuovo giudizio. L’impossibilità di obbedire allo scopo stabilito dalla legge può essere originaria o sopravvenuta. E’ sopravvenuta quando l’aggiudicazione, anziché attendere l’esaurimento del contenzioso relativo alla fase delle ammissioni/esclusioni, lo sorprende ancora in itinere. L’aggiudicazione determina l’impossibilità che il quadro dei concorrenti sia definito prima dell’epilogo della gara e dischiude la prospettiva di un contenzioso post-aggiudicazione che verte (anche) sulla fase delle ammissioni/esclusioni. L’aggiudicazione disegna uno scenario che ripugna alla perdurante applicazione del nuovo giudizio, che esigerebbe invece la (persistente) possibilità di fissare la platea dei partecipanti prima che la gara tagli il traguardo e la (assoluta) preclusione d’ogni contenzioso post-aggiudicazione insistente (anche) sulla liminare fase delle ammissioni/esclusioni.

L’impossibilità di perseguire il fine voluto dalla legge è originaria allorquando: a) l’esclusione matura in sede di verifica dei requisiti partecipativi in capo all’aggiudicatario (annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione ed esclusione dell’ex aggiudicatario)([14]); b) v’è impugnazione congiunta([15]) dell’ammissione di un concorrente e dell’aggiudicazione disposta a favore dello stesso; c) la stazione appaltante esercita la facoltà, “nelle procedure aperte”, di (“decidere di”) “esaminare le offerte prima di verificare” i requisiti partecipativi (art. 56, par. 2, direttiva 2014/24/UE)([16]).

Nella pratica sono destinati a verificarsi assai frequentemente casi di impossibilità, originaria o sopravvenuta, di conseguimento dello scopo assegnato dalla legge al nuovo giudizio, a causa dei palesi difetti di coordinamento tra la disciplina processuale e quella sostanziale: la prima procede, infatti, da presupposti assenti nella seconda o non assicurati dalla stessa. Si pensi: a) alla mancanza di un sufficiente divario temporale tra la fase di ammissione/esclusione dei concorrenti e quella di valutazione delle offerte o di una regola di sospensione temporanea della gara in attesa che prenda forma il quadro dei concorrenti([17]); b) alla mancata garanzia che la fase di ammissione/esclusione dei concorrenti si chiuda prima che la fase di valutazione delle offerte approdi all’aggiudicazione, vuoi perché le esclusioni per carenza dei requisiti partecipativi sono comminabili “in qualsiasi momento della procedura” (art. 80, comma 6, del d. lg. n. 50/2016), ivi compreso quello delle verifiche post-aggiudicazione([18]), vuoi per la facoltà delle stazioni appaltanti, “nelle procedure aperte”, di (“decidere di”) “esaminare le offerte prima di verificare i requisiti partecipativi” (art. 56, par. 2, della direttiva 2014/24/UE)([19]).

  1. Dato che lo spettro applicativo del nuovo giudizio non può eccedere i confini dettati dalla delega nel perseguimento del precipuo obiettivo di fissare la platea dei concorrenti prima dell’aggiudicazione, allorché sopraggiunge (l’aggiudicazione e con essa) l’impossibilità di realizzare siffatto scopo, il nuovo giudizio smarrisce la sua ragion d’essere e, quindi, la ragione della sua perdurante applicazione.

L’impossibilità sopravvenuta di conseguimento dello scopo assegnato dalla legge al nuovo giudizio comporta la conversione del rito (da speciale super accelerato a speciale accelerato)([20]) e i seguenti esiti o sviluppi processuali:

  1. a) improcedibilità del ricorso per il venir meno dell’interesse a ricorrere (art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a.), se la sopravvenuta aggiudicazione è disposta a favore di un concorrente diverso dal ricorrente e dal controinteressato([21])([22])([23]);
  2. b) cessazione della materia del contendere (art. 34, comma 5, c.p.a.), se la sopravvenuta aggiudicazione è disposta in favore del ricorrente;
  3. c) impugnazione, con ricorso autonomo o motivi aggiunti([24]), della sopraggiunta aggiudicazione a favore del controinteressato, pena l’improcedibilità del ricorso contro la sua ammissione([25]).

La conversione del rito impedisce, nell’evenienza testé ipotizzata sub c), che venga in rilievo una fattispecie di “cumulo di domande connesse … soggette a riti diversi”, la quale non troverebbe peraltro una disciplina puntuale nella lettera dell’art. 32, comma 1, c.p.a., poiché il rito accelerato e quello super accelerato sono, entrambi, riti speciali previsti dal Titolo V del Libro IV del c.p.a. (artt. 119-125 c.p.a.).

In relazione alle ipotesi testé ipotizzate sub a) e b), è opportuno farsi carico di un’obiezione incombente: come può addivenirsi ad una declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse o di cessata materia del contendere all’esito di un peculiare giudizio che prescinde dall’interesse a ricorrere? Non è però disagevole rintuzzarla: vero è che il nuovo giudizio nasce senza interesse a ricorrere([26]), ma l’erompere dell’aggiudicazione osta alla sua perdurante applicazione ([27]), tornando così indispensabile, ai fini della decisione di merito, l’attitudine della stessa ad arrecare un qualche beneficio al ricorrente, e imponendosi l’accertamento della cessazione della materia del contendere laddove la pretesa del ricorrente all’aggiudicazione del contratto sia pienamente appagata. Il nuovo giudizio, che prescinde dall’interesse a ricorrere ed è soggetto ad un rito speciale super accelerato, esce di scena non appena si palesa la sua inidoneità a perseguire l’obiettivo per cui è stato concepito (a causa di un fattore esterno, quale è l’intervenuta aggiudicazione), per lasciare il posto al giudizio ‘classico’, che richiede l’interesse a ricorrere ed è soggetto al rito speciale accelerato([28]).

  1. Nelle ipotesi di impossibilità originaria di soddisfare l’obiettivo assegnato dalla legge al nuovo giudizio, il contenzioso, nasce già come ‘classico’, assistito dall’interesse a ricorrere e sottoposto al rito speciale accelerato. Così è, per riprendere la casistica sopra tratteggiata, quando l’ex aggiudicatario ricorre avverso l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione e la contestuale esclusione disposta all’esito della verifica (con esito negativo) dei requisiti partecipativi; o quando il concorrente non aggiudicatario impugna congiuntamente l’ammissione di un competitore e l’aggiudicazione disposta a favore dello stesso (sempre che, beninteso, ciò sia reso materialmente possibile dalla ravvicinata successione temporale degli atti della procedura); o quando il concorrente non aggiudicatario contesta (anche o soltanto) l’assenza in capo all’aggiudicatario di requisiti partecipativi, a valle di una procedura aperta in cui la valutazione delle offerte ha preceduto la verifica di detti requisiti.

In consimili evenienze non si configura la fattispecie di cumulo di domande soggette a riti diversi, con prevalenza del rito speciale accelerato su quello speciale super accelerato (prevalenza peraltro non stabilita espressamente dall’art. 32, comma 1, c.p.a.), poiché il giudizio nasce già come ‘classico’, supportato dall’interesse al ricorso e sottoposto al rito speciale accelerato([29]).

  1. L’obiettivo del nuovo giudizio, che ne segna ragion d’essere e perimetro applicativo, è delineato nella delega: definitiva cristallizzazione della platea dei concorrenti ammessi in gara prima dell’aggiudicazione, con riduzione a zero del contenzioso post-aggiudicazione che insiste sulla liminare fase delle ammissioni/esclusioni (art. 1, comma 1, lett. bbb), della legge n. 11/2016). L’indefettibile obbedienza alla delega comporta che il nuovo giudizio: a) trova applicazione nei limiti in cui è in grado di assecondare lo scopo per cui è stato concepito, e cioè quando l’aggiudicazione è di là da venire (l’attitudine, originaria e perdurante, a realizzare l’obiettivo costituisce ragione della sua applicazione); b) smette di trovare applicazione allorché, sopraggiungendo l’aggiudicazione, non è più in grado di soddisfare il fine per cui è stato forgiato (l’impossibilità sopravvenuta di assecondarne la vocazione elide la ragione della sua perdurante applicazione: ne deriva la conversione del rito e una serie di esiti o sviluppi processuali mutevoli a seconda di chi si aggiudica il contratto)([30]); c) non trova, in radice, applicazione allorché non è in grado, già ab initio, di realizzare lo scopo suo proprio (l’impossibilità originaria di realizzare l’obiettivo nega ab imis la ragione della sua applicazione)([31]).

Si tratta di un’interpretazione costituzionalmente orientata, perché coerente con l’obiettivo e i limiti applicativi impressi al nuovo giudizio dalla delega. Ciò non sarebbe predicabile per l’alternativa interpretazione che postulasse l’applicazione del nuovo giudizio anche nei casi di ‘fallimento’, originario o sopravvenuto, dello scopo affidatogli dalla delega: così opinando, il nuovo giudizio fuoriuscirebbe dai confini disegnati dalla delega, che dovrebbero invece costituirne fondamento e nel contempo inviolabile limite.

La diffusa notazione secondo cui è stata introdotta una struttura bifasica della tutela giurisdizionale in materia di aggiudicazione di contratti pubblici, che si articola in due sotto-sistemi processuali corrispondenti alle due fasi della gara (ammissioni/esclusioni e valutazione delle offerte)([32]), è condivisibile se e nella misura in cui il nuovo giudizio è (e resta) in grado di appagare, in concreto, lo scopo affidatogli dalla delega([33]): ed è proprio tale scopo, ivi ineludibilmente stabilito, ad ipotecare la sua orbita applicativa.

  1. Da quanto fin qui esposto emergono le ragioni del dissenso di chi scrive dall’impostazione di Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059, che, a fronte dell’impugnazione congiunta dell’ammissione del controinteressato e dell’aggiudicazione disposta in favore del medesimo, ritiene inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione([34]). Due gli argomenti addotti: a) mancanza di una regola che stabilisca la prevalenza di uno tra due riti speciali, entrambi previsti nel Titolo V del Libro IV c.p.a.; b) anche a voler ipotizzare la prevalenza del rito speciale accelerato([35]), insensibilità del nuovo giudizio agli sviluppi della gara, ché, a ragionare diversamente, si “ostacolerebbe il conseguimento sistematico” della finalità di “rapida costituzione di certezze giuridiche” preventive “poi incontestabili sui protagonistici della gara”([36]), cui il nuovo giudizio è preordinato, e si contraddirebbero le “distinte condizioni e struttura del rito anticipato che … non possono né essere confuse con le usuali, né esservi assorbite o assorbirle”.

Tutt’altro che irresistibile appare l’argomento dell’impermeabilità del rito speciale super accelerato ad una domanda giudiziale (di annullamento dell’aggiudicazione) in sé soggetta ad altro rito speciale (accelerato), in difetto di una regola che sancisca la primazia di uno dei due riti: è invero desumibile dall’art. 32, comma 1, c.p.a., senza soverchie difficoltà, una regola di prevalenza del rito che assicura maggiori garanzie al diritto di difesa([37]).

La vera ragione ostativa al cumulo delle due domande, nell’economia dell’ ordinanza, risiede nell’asserita insensibilità del giudizio di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. agli sviluppi terminali della gara: aggiudicazione a favore del ricorrente, aggiudicazione a favore del controinteressato, aggiudicazione a favore di altro concorrente. Quel giudizio addiverrebbe comunque ad una decisione nel merito, anche quando non corrispondente all’interesse del ricorrente: si pensi al sopravvenire dell’aggiudicazione a favore dello stesso ricorrente o di un concorrente altro dal ricorrente e dal controinteressato. Quel giudizio non solamente nascerebbe, ma morirebbe altresì (con una decisione nel merito pur) senza interesse a ricorrere.

Il nuovo giudizio rappresenterebbe un micro-sistema processuale foriero di certezze giuridiche preventive in ordine alla fase delle ammissioni/esclusioni, a prescindere dall’interesse a ricorrere. E’ la sua insensibilità agli sviluppi conclusivi della gara – e non lacune testuali dell’art. 32, comma 1, c.p.a., invero agevolmente colmabili dall’interprete – a dare fondamento alla predicata impermeabilità rispetto alla domanda di annullamento dell’aggiudicazione([38])([39]).

Ma un’interpretazione siffatta dell’ambito applicativo del nuovo giudizio non rispetta gli ineludibili confini dettati dalla delega su cui è stato edificato l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. L’osservanza della delega – che s’impone prima al legislatore delegato e poi, fin dove possibile, agli interpreti dello stesso – comporta che il nuovo giudizio: a) trova applicazione se e nella misura in cui è capace di assecondare lo scopo per cui è stato concepito (e cioè fino a quando l’aggiudicazione è di là da venire); b) cessa di trovare applicazione allorquando non è più capace di assicurare il fine per cui è stato forgiato (e cioè quando interviene l’aggiudicazione, che provoca la conversione del rito([40]) e una serie di esiti e sviluppi processuali, già illustrati nel precedente par. 3, mutevoli a seconda di chi risulta aggiudicatario)([41]); c) non trova applicazione quando si rivela inidoneo, già ab initio, ad appagare l’obiettivo suo proprio (come, ad esempio, nei casi di impugnazione congiunta dell’ammissione di un competitore e dell’aggiudicazione disposta a favore dello stesso)([42]), non ponendosi neppure un problema di cumulo di domande sottoposte a riti diversi, poiché – come illustrato nel precedente par. 4 – il giudizio nasce già come ‘classico’, assistito dall’interesse al ricorso e soggetto al rito speciale accelerato (anziché a quello speciale super accelerato)([43]).

E’ incoerente, rispetto alla delega che sta alla sua base, la tesi che postula l’applicazione del nuovo giudizio anche nei casi di impossibilità, originaria o sopravvenuta, di conseguimento dello scopo assegnatogli dalla delega medesima ([44]).

  1. Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059 merita, invece, piena adesione laddove, richiamando il precedente di Cons. Stato, sez. V, ord. 6 marzo 2017, n. 948([45]), afferma la piena compatibilità tra la tutela cautelare e il rito speciale super accelerato di cui all’art. 120, comma 6-bis, c.p.a.

A conclusioni diverse era pervenuto Tar Campania, Napoli, sez. IV, 20 dicembre 2016, n. 5832, che aveva delineato il seguente quadro: a) ammissibilità della sola tutela cautelare monocratica, ante e intra causam (artt. 61 e 56 c.p.a.); b) inammissibilità della “semplice richiesta cautelare ex art. 55 c.p.a.”, avvertita come intollerabile deroga al rito speciale super accelerato, che non ammetterebbe due ravvicinate camere di consiglio, una per la discussione e decisione della domanda cautelare e l’altra per il merito, né la definizione immediata del giudizio in esito all’udienza cautelare; c) onere “rafforzato” di motivazione, in capo al ricorrente, della “ragione stessa della domanda [cautelare] proposta” all’organo monocratico; d) conversione del rito speciale super accelerato in rito speciale accelerato, si direbbe nello stesso momento in cui viene accordata la misura cautelare monocratica, in considerazione del fatto che quest’ultima fissa sempre (quando intra causam: art. 56, comma 4, c.p.a.) o prelude sempre (quando ante causam: art. 61, comma 5, c.p.a.) alla fissazione di una camera di consiglio di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a. e che, in quella sede, il collegio ben potrebbe definire immediatamente la causa con sentenza in forma semplificata (cfr. il primo periodo del comma 6 dell’art. 120 c.p.a.: “ … ferma la possibilità della sua definizione immediata nell’udienza cautelare ove ne ricorrano i presupposti …”).

Chi scrive dissente radicalmente: non v’è alcuna incompatibilità tra il rito speciale super accelerato e la tutela cautelare collegiale ex art. 55 c.p.a.

Non è ragione ostativa l’asserita vicinanza della camera di consiglio per la discussione della domanda cautelare all’udienza (camerale o, su richiesta delle parti, pubblica) di merito. Invero, la camera di consiglio per la trattazione collegiale della domanda cautelare non è così ravvicinata all’udienza di merito: la prima è celebrata decorsi i termini dilatori di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a., dimezzati ex art. 119, comma 2, c.p.a. (almeno dieci giorni dall’ultima notifica del ricorso e almeno cinque giorni dal suo deposito), mentre la seconda è celebrata entro il termine (ordinatorio) di sessanta giorni decorrenti dall’ultima notifica del ricorso (art. 120, comma 6-bis, primo periodo, c.p.a.). Anche a dare per scontata l’osservanza di quest’ultimo([46]), le due udienze rimarrebbero comunque distanziate da una quarantina/cinquantina di giorni: cuneo temporale che ben si coniuga con i termini a difesa stabiliti dall’art. 120, comma 6-bis, terzo e quarto periodo, c.p.a. (comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di merito almeno quindici giorni prima dell’udienza; dieci, sei e tre giorni liberi prima dell’udienza per il deposito, rispettivamente, di documenti, memorie e repliche). Rimarrebbe pur sempre d’ufficio, come vuole (pur senza esplicitarlo) l’art. 120, comma 6-bis, cit., la fissazione dell’udienza di merito da parte dell’ordinanza collegiale che disponesse misure cautelari (art. 55, comma 11, c.p.a.).

La tempistica che governa la formulazione di una domanda cautelare rivolta al collegio, la sua discussione nell’apposita camera di consiglio di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a. e la sua decisione con ordinanza collegiale ben si combina con il termine, peraltro ordinatorio, entro cui va celebrata l’udienza di merito e con i termini a difesa in vista di essa accordati alle parti. Nell’eventualità dell’appello cautelare si utilizzerebbe, come valvola di sfogo necessaria in considerazione della garanzia costituzionale dell’appellabilità delle ordinanze cautelari dei tribunali amministrativi regionali, il carattere puramente ordinatorio del termine per la celebrazione dell’udienza di merito, sia essa la prima ed unica o quella risultante da un rinvio della precedente (rinvio pur sempre motivato dalle indefettibili esigenze difensive di chi ha articolato l’appello cautelare: sotto questo profilo la formulazione del comma 6 – “esigenze di rispetto dei termini a difesa” – si fa preferire a quella, ingiustificatamente restrittiva, che figura nel comma 6-bis, ove si discorre solo di proposizione di “motivi aggiunti o ricorso incidentale”).

Così, peraltro, si ragiona – pacificamente – in relazione al rito speciale accelerato di cui all’art. 120, comma 6, c.p.a. e non pare davvero che una differenza (esigua e teorica) di soli quindici giorni in più nel termine entro cui celebrare l’udienza di merito (settantacinque contro sessanta giorni) valga a determinare l’abnorme corollario della negazione della tutela cautelare collegiale.

L’art. 120, comma 3, c.p.a. rinvia all’art. 119 c.p.a., in quanto non derogato dallo stesso art. 120; il comma 4 dell’art. 119, a sua volta, rinvia alle disposizioni del Titolo II del Libro II (art. 55 ss. c.p.a.), in quanto non derogate dallo stesso art. 119; nell’art. 120, commi 2-bis e 6-bis, cit. non v’è alcuna deroga alla possibilità di indirizzare al collegio una domanda cautelare ex art. 55 c.p.a. (deroga che sarebbe arbitrario individuare, argomentando a contrario, nell’omessa menzione della “udienza cautelare”, che invece figura in un inciso del primo periodo del comma 6 che ribadisce la possibilità di definizione immediata del giudizio ex art. 60 c.p.a.). Vero è che nell’art. 120, comma 6-bis, cit. manca un esplicito richiamo all’art. 60 cit., invece presente nell’esordio del comma 6, ma non si tratta di lacuna voluta dal legislatore, che tale rimarrebbe in forza dell’argomento a contrario, poiché la possibilità di definizione immediata del giudizio in esito all’udienza cautelare asseconda compiutamente la ratio acceleratoria sottesa all’art. 120, comma 6-bis, cit.([47])

La tutela cautelare è naturalmente ammessa anche nella forma monocratica, ante e intra causam, senza che sia necessario ipotizzare una conversione del rito (da speciale super accelerato a speciale accelerato) allorché il decreto presidenziale che concede la misura cautelare monocratica intra causam indica la camera di consiglio di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a. (art. 56, comma 4, c.p.a.) o il decreto presidenziale che concede la misura cautelare monocratica ante causam prelude a detta camera di consiglio (art. 61, comma 5, c.p.a.): la trattazione collegiale della domanda cautelare resta naturalmente compatibile con il rito speciale super accelerato anche quando vale a confermare, revocare o modificare quella interinalmente disposta dall’organo monocratico.

Tale conclusione è peraltro confermata dall’art. 120, comma 11, c.p.a.([48]), che, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni ivi menzionate – tra le quali i commi 2-bis e 6-bis dello stesso art. 120 – al “giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato … avverso l’ordinanza cautelare”, dà per scontata la compatibilità della tutela cautelare, in tutte le sue forme, con il rito speciale super accelerato([49]).

Del tutto infondata si rivela, dal punto di vista del diritto positivo, l’idea che il rito speciale super accelerato assorba le ragioni della tutela cautelare([50]). Esse, al contrario, rimangono intatte e reclamano pronta soddisfazione a fronte di provvedimenti di esclusione. Sono, invece, insussistenti a fronte di provvedimenti di altrui ammissione, ma non come conseguenza dell’estrema accelerazione del rito, quanto piuttosto per la congenita assenza del periculum in mora (il “caso di estrema gravità ed urgenza” di cui all’art. 119, comma 4, c.p.a., richiamato dall’art. 120, comma 3, c.p.a.). Non è, dunque, la super accelerazione del rito ad assorbire le ragioni della tutela cautelare rispetto ai provvedimenti di altrui ammissione, ma l’anticipazione ex lege dell’onere del ricorso in un momento precoce, in cui è ancora di là da venire la lesione concreta e attuale della sfera giuridica del ricorrente([51]).

(26 gennaio 2018)

 *Luca Bertonazzi, Professore ordinario di Diritto Amministrativo nell'Università Statale di Milano. 

([1]) Non esistono “provvedimenti di valutazione delle offerte”, trattandosi di atti endoprocedimentali trasfusi nei verbali delle sedute del seggio di gara e della commissione aggiudicatrice. Inoltre, l’aggiudicazione provvisoria (“proposta di aggiudicazione”: artt. 32, comma 5, e 33, comma 1, del d. lg. n. 50/2016), in quanto atto endoprocedimentale privo di immediata lesività, non è impugnabile, come è oggi finalmente chiarito dall’art. 120, comma 2-bis, ultimo periodo, c.p.a.: sbagliava la giurisprudenza, in precedenza, a predicarne l’impugnabilità in via facoltativa (cfr. I. Martella, Le novità processuali nel nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2016, 661).

([2]) Cfr. Cons. Stato, Comm. spec., parere 1 aprile 2016, n. 855, sub IV ”Esame dei singoli articoli”, sub art. 204, ove, argomentando dal tenore della delega, si rintraccia la “ratio” del “nuovo” giudizio (sottoposto a rito speciale super accelerato) nella definizione della “platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione”; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 20 dicembre 2016, n. 5852, sub 7.2.1, ove si ribadisce l’esigenza di “definire la platea dei concorrenti ammessi alla gara prima delle operazioni di valutazione delle offerte”, sì da impedire censure, magari incrociate, “sulla fase iniziale del procedimento selettivo (in particolare sull’ammissione alla gara) … una volta che questo sia giunto a conclusione”. G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici, in www.giustamm.it, giugno 2016, 2-3, sottolinea la necessità di rimediare alla “ipertrofia di un contenzioso … postumo” e “retrospettivo”, incentrato sulla presenza in limine dei requisiti partecipativi.

([3]) L’obiettivo della delega è, precisamente, la riduzione a zero del contenzioso post-aggiudicazione appuntato sulla liminare fase delle ammissioni/esclusioni, e non una generica deflazione del contenzioso: invero, la definitiva cristallizzazione del quadro dei concorrenti ben potrebbe scaturire da un articolato contenzioso sulla fase delle ammissioni/esclusioni, sicché non è per nulla scontato che sia positivo il saldo tra contenzioso precocemente promosso e contenzioso postumo precluso. Sotto quest’ultimo profilo è al più ipotizzabile una scommessa del legislatore, sul cui buon esito è peraltro lecito dubitare.

([4]) Nulla di nuovo si registra, sotto questo profilo, per l’esclusione dalla gara, cui già in precedenza si riconosceva, a dispetto della collocazione endoprocedimentale, attitudine immediatamente lesiva e, quindi, natura di provvedimento (nei confronti del destinatario).

([5]) Cfr. Cons. Stato, Comm. spec., parere 1° aprile 2016, n. 855, sub III.n: “Le nuove disposizioni processuali impongono l’immediata impugnazione di ammissioni ed esclusioni, al condivisibile fine di deflazionare il successivo contenzioso sull’aggiudicazione, nella prassi complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali [e – aggiunge chi scrive – anche, e ancor prima, principali] che rimettono in discussione la fase di ammissione”. G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 4 discorre di una “azione anticipata e in prevenzione”, finalizzata alla “sicurezza giuridica immediata sulle figure dei protagonisti della gara”.

([6]) Così si esprime l’art. 120, comma 2-bis, primo periodo, c.p.a.: il provvedimento plurimo che “determina le esclusioni” dalla gara e “le ammissioni” alla stessa, all’esito dell’accertamento dei requisiti partecipativi, “va impugnato nel termine di trenta giorni” (la disposizione prosegue occupandosi della decorrenza del termine).

([7]) Contrariamente a quanto sostenuto da Tar Campania, Napoli, sez. IV, n. 5852/2016 cit., sub 8, nessun rilievo spetta, ai fini dell’identificazione del (giudizio e del) rito applicabile, alla circostanza che la stazione appaltante abbia o meno adempiuto l’obbligo di pubblicazione (nella sezione “Amministrazione trasparente” del profilo del committente) stabilito dall’art. 29, comma 1, del d. lg. n. 50/2016: invero, “i riti non rientrano nella disponibilità delle parti o del giudice, essendo imposti dalla legge per ragioni di interesse pubblico” (Cons. Stato, ad. plen., 9 agosto 2012, n. 32). L’omessa pubblicazione incide al più sulla decorrenza del termine di decadenza pari a trenta giorni di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., anche se chi scrive – argomentando dall’art. 120, comma 5, c.p.a. – ritiene equipollente la piena conoscenza altrimenti acquisita, ad esempio attraverso una comunicazione individuale (peraltro prescritta dall’art. 76, comma 3, del d. lg. n. 50/2016): cfr. in tal senso Tar Puglia, Lecce, sez. III, 8 novembre 2016, n. 1262; Tar Puglia, Bari, sez. III, 5 aprile 2017, n. 340.

([8]) Scivolando verso il modello della giurisdizione di diritto oggettivo, ma non nel senso che prescinde dalla (limitazione della) legittimazione, data ai soli concorrenti, bensì nel diverso senso che prescinde dall’interesse (processuale) al ricorso, e cioè dalla attualità e concretezza della lesione lamentata. L’azione non è accordata a chiunque, ma solamente a coloro che partecipano alla procedura: la novità è che l’azione è data loro senza che le relative sfere giuridiche subiscano lesioni concrete e attuali.

Salvo che non si intenda recuperare l’interesse al ricorso come interesse (presente perché) presunto dal legislatore (G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 6) o come interesse alla diminuzione del numero dei concorrenti e, quindi, all’incremento delle chances di aggiudicazione (senza però rintracciarvi l’interesse strumentale, come fa erroneamente Tar Campania, Napoli, sez. IV, n. 5852/2016 cit., sub 7.2.1, riprendendo uno spunto di G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 7): ma la prima via non convince perché si risolve in un espediente verbale, la seconda perché retroagisce sulla fisionomia dell’interesse legittimo, polverizzandolo in un fascio di sotto-interessi che finiscono per insistere sulla legittimità degli atti di gara, secondo la logica persuasivamente respinta da Cons. Stato, ad. plen., 29 gennaio 2003, n. 1, sub 7 e 9 del “Diritto” (e riproposta, sia pure dubitativamente, da G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 9, il quale si chiede se la precocità della tutela sottenda un “interesse legittimo … alla giusta formazione della platea dei concorrenti alla gara”, come “bene autonomamente tutelabile”; in senso adesivo A. Caiffa, sub art. 204, in I nuovi appalti pubblici, a cura di M. Corradino e S. Sticchi Damiani, Milano, 2016, 739).

Oggi come ieri non è configurabile, a fronte di un ricorso contro l’esclusione, un interesse differenziato e qualificato degli altri competitori alla riduzione della concorrenza nell’ambito della gara (cfr. R. Caponigro, Il rapporto tra tutela della concorrenza ed interesse alla scelta del miglior contraente nell’impugnazione degli atti di gara, in www.giustamm.it, giugno 2016, 24, anche nota 40, cui si obietta soltanto che: a) non di “controinteressati in senso tecnico” dovrebbe in tesi parlarsi, bensì di controinteressati sostanziali, in mancanza del requisito di ordine formale della loro individuazione nel provvedimento di esclusione, considerato come entità autonoma e avulsa dal più ampio provvedimento plurimo determinativo di ammissioni ed esclusioni; b) non essendo stato elevato ad interesse legittimo l’interesse – di mero fatto – a confrontarsi con una più ridotta platea di concorrenti, non è sotto questo profilo che va condotta la critica alla “deriva oggettivistica” del nuovo giudizio – op. ult. cit., 24-25 – bensì sotto il diverso profilo dell’artificiale precocità di un bisogno di tutela giurisdizionale altrimenti futuro ed eventuale, in nome dell’interesse generale, perseguito dalla legge, alla rapida definizione della dimensione partecipativa della procedura, che si inscrive in un più vasto interesse generale alla celere aggiudicazione ed esecuzione delle commesse pubbliche).

([9]) Cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, 7 dicembre 2016, n. 1367, sub 5, ove si legge di un nuovo giudizio allestito “più in vista dell’esigenza di garantire una stabilità a gradi progressivi della procedura di gara che non a tutela di un interesse attuale del ricorrente”, “solo potenzialmente pregiudicato dall’ammissione di altro concorrente … non essendo noto né se il primo (in ragione della definitiva collocazione in graduatoria) avrà interesse a proporre impugnazione avverso il conclusivo provvedimento di aggiudicazione, né se il controinteressato conseguirà il bene della vita agognato”.

Il che, ad avviso di chi scrive, è senz’altro nella disponibilità del legislatore, senza che sia necessario ipotizzare l’inflizione di una lesione concreta e attuale ad un “interesse legittimo, di nuovo conio, alla giusta formazione della platea dei concorrenti in gara” (G. G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 13).

([10]) Il nuovo giudizio prescinde dall’interesse a ricorrere nel senso che postula l’anticipazione dell’onere del ricorso ad un momento in cui la lesione della sfera giuridica del ricorrente è futura ed eventuale, ma non ne prescinde fino al punto di ammettere un ricorso contro un provvedimento favorevole al ricorrente, quale è la propria ammissione, poiché in tal caso la lesione risulterebbe proprio assente, anziché collocata nell’orizzonte delle cose incerte ma pur sempre possibili.

Analogo ragionamento spiega l’inammissibilità del ricorso avverso l’altrui esclusione: non v’è alcun onere di allegare ulteriori cause di esclusione a carico del concorrente già estromesso dalla stazione appaltante (così, invece, A. Caiffa, sub art. 204, cit., 740), profilandosi semmai tale onere se e quando il concorrente estromesso conseguirà la riammissione in gara.

([11]) Al rito speciale super accelerato sono applicabili pure i commi 3, 5, 8, 8-bis, 9 (secondo periodo), 10, 11 e 11-bis dell’art. 120 c.p.a. Benché ad esse il comma 6-bis cit. non faccia alcun rinvio, devono ritenersi applicabili a fortiori le disposizioni del precedente comma 6 sulle “dimensioni del ricorso e degli altri atti difensivi” (I. Martella, Le novità processuali, cit., 664).

([12]) Non importa che il provvedimento di ammissione o di esclusione scaturisca, se del caso, da un intervento in via di autotutela (magari a seguito di un parere di precontenzioso o di una raccomandazione di ANAC ex art. 211 del d. lg. n. 50/2016) su una precedente determinazione di segno opposto: contra E. Follieri, Le novità sui ricorsi giurisdizionali amministrativi nel codice dei contratti pubblici, in Urb. app., 2016, 888, sul rilievo del carattere derogatorio e di stretta interpretazione del nuovo (giudizio e) rito speciale super accelerato, ma trascurando, ad avviso di chi scrive, che il contenzioso su ammissioni ed esclusioni maturate, anche in via di autotutela, all’esito dell’accertamento dei requisiti partecipativi, con aggiudicazione di là da venire, ricade, de plano e senza forzature, nel perimetro applicativo che la delega disegna per il nuovo giudizio. Incerta la posizione di M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in www.federalismi.it, maggio 2016, 26, cui si obietta – con E. Follieri, Le novità, cit., 888 – che la regola del contrarius actus attiene al procedimento amministrativo di secondo grado e non alle modalità della tutela giurisdizionale.

([13]) Facoltà che non dovrebbe essere impedita dall’elastico principio di continuità della gara, che fa talvolta capolino nella giurisprudenza (cfr. Tar Puglia, Lecce, sez. II, 30 gennaio 2017, n. 172), poiché il sensibile differimento della fase di valutazione delle offerte risulterebbe non implausibilmente motivato con l’opportunità che sia, previamente e prontamente, definita la platea dei concorrenti ammessi in gara (cfr., per una logica non dissimile, Tar Abruzzo, sez. I, 9 gennaio 2017, n. 17).

([14]) Le esclusioni per carenza dei requisiti partecipativi possono intervenire “in qualunque momento della procedura” (art. 80, comma 6, del d. lg. n. 50/2016).

([15]) Resa materialmente possibile dalla ravvicinata successione temporale degli atti della procedura.

([16]) Facoltà che chi scrive ritiene praticabile dalle stazioni appaltanti, non avendo il d. lg. n. 50/2016 introdotto alcun ordine tra la fase di ammissione/esclusione dei concorrenti e quella di valutazione delle loro offerte. Né si scorgono ragioni per negarne la praticabilità nell’aggiudicazione di concessioni e nei settori speciali, dove anzi le stazioni appaltanti godono di un maggior grado di flessibilità nell’organizzazione delle procedure. Si tratterebbe, in pratica, di celebrare per ultima, anziché per prima, la seduta pubblica dedicata all’apertura ed esame della documentazione amministrativa, mentre già oggi la verifica della (veridicità delle dichiarazioni sostitutive a proposito della) sussistenza dei requisiti partecipativi avviene post-aggiudicazione.

([17]) Cfr. M. Lipari, La tutela, cit., 18; E. Follieri, Le novità, cit., 887.

([18]) Cfr. M. Lipari, La tutela, cit., 16; E. Follieri, Le novità, cit., 888-889.

([19]) Cfr. M. Lipari, La tutela, cit., 16-17, che però sembra ritenere la facoltà non praticabile dalle stazioni appaltanti, non essendo stata “la norma europea … puntualmente recepita dal d. lg. n. 50/2016”. Diversa è l’opinione di chi scrive, come manifestata nella precedente nota 16.

([20]) Trova così applicazione l’intero art. 120 c.p.a., ad eccezione dei suoi commi 2-bis, 6-bis e  9 (secondo periodo).

([21]) Ricorrente è colui che ha impugnato (il provvedimento che determina) l’altrui ammissione e controinteressato colui la cui ammissione è stata contestata.

([22]) Salvo che il ricorrente abbia a suo tempo impugnato l’ammissione di tutti i concorrenti che si sono poi piazzati meglio di lui nella graduatoria finale, tra i quali il controinteressato, perché allora – impugnando l’aggiudicazione sopraggiunta a favore di un terzo concorrente – il ricorrente conserverebbe l’interesse a coltivare tutti i giudizi promossi (eccetto quelli se del caso instaurati nei confronti di concorrenti che si sono poi piazzati peggio di lui nella graduatoria finale), dei quali risulterebbe sommamente opportuna la riunione.

([23]) Salvo che il ricorrente sia tanto disinteressato alle sorti di quella specifica gara, quanto dichiaratamente interessato al prodursi delle ricadute ‘sanzionatorie’ associate all’esclusione del controinteressato (artt. 80, comma 12, e 83, comma 10, del d. lg. n. 50/2016) e impugni, con ricorso autonomo o con motivi aggiunti (cfr. la successiva nota 24), il sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione nella parte in cui vi figura il controinteressato: la conversione del rito (da speciale super accelerato a speciale accelerato), in ragione della sopraggiunta aggiudicazione, preluderebbe ad una decisione nel merito, a dispetto dell’inoppugnabilità dell’aggiudicazione a favore di un concorrente diverso dal ricorrente e dal controinteressato, proprio per il (permanere di un) bisogno di tutela sub specie di innesco dei corollari ‘sanzionatori’ connessi all’esclusione del controinteressato (e non – si badi – per l’impermeabilità/insensibilità del nuovo giudizio agli sviluppi della gara, secondo una tesi su cui si indugerà criticamente nel successivo par. 6).

([24]) L’incipit del comma 7 dell’art. 120 c.p.a. ripristina la regola di cui all’art. 43 c.p.a. (facoltà di ricorso autonomo, in alternativa ai motivi aggiunti), rimanendo così l’eccezione di cui allo stesso comma 7 (onere di motivi aggiunti, con inammissibilità del ricorso autonomo) circoscritta al rito speciale accelerato (e per l’appunto estranea a quello speciale super accelerato). In tal senso Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 1367/2016 cit., sub 3.2; I. Martella, Le novità processuali, cit., 662-663, ove il rilievo per cui la tesi della caducazione automatica dell’aggiudicazione si imbatterebbe, quanto meno nelle ipotesi d’immediata impugnazione dell’esclusione, nell’insuperabile ostacolo del pregiudizio del diritto di difesa dell’aggiudicatario; M. Lipari, La tutela, cit., 33; E. Follieri, Le novità, cit., 885.

Radicalmente diversa, ma incoerente con i confini dettati dalla delega al nuovo giudizio, è la lettura in termini di impermeabilità (e insensibilità) del nuovo giudizio al sopraggiungere dell’aggiudicazione, su cui si indugerà criticamente nel successivo par. 6.

([25]) L’epilogo processuale cambierebbe in caso di impugnazione immediata della propria esclusione e sopravvenienza di un’aggiudicazione non impugnata da un ricorrente (tanto disinteressato alle sorti di quella specifica gara, quanto) dichiaratamente interessato alla sola neutralizzazione delle ricadute ‘sanzionatorie’ associate alla propria esclusione (artt. 80, comma 12, e 83, comma 10, del d. lg. n. 50/2016): la conversione del rito (da speciale super accelerato a speciale accelerato), in ragione della sopraggiunta aggiudicazione, preluderebbe ad una decisione nel merito, a dispetto dell’inoppugnabilità dell’aggiudicazione, proprio per il (permanere di un) bisogno di tutela sub specie di devitalizzazione dei corollari ‘sanzionatori’ connessi alla disposta (e contestata) esclusione (e non – si badi – per l’impermeabilità/insensibilità del nuovo giudizio agli sviluppi della gara, secondo una tesi su cui ci si soffermerà criticamente nel successivo par. 6).

([26]) Cfr. le precedenti note 8, 9 e 10.

([27]) Ciò si manifesta anzitutto, non appena il fatto della sopraggiunta aggiudicazione è allegato in giudizio, nella accennata conversione del rito: da speciale super accelerato a speciale accelerato.

([28]) L’erompere dell’aggiudicazione (e il suo ingresso nell’arena processuale) segna il confine del nuovo giudizio, che non può sopravvivere se non (mutando in profondità la sua natura e atteggiandosi) come giudizio ‘classico’: donde l’accennata conversione del rito (da speciale super accelerato a speciale accelerato) e il ripristino dell’interesse al ricorso come condizione per una decisione di merito.

([29]) Oscillante, in un’ipotesi di impugnazione congiunta di altrui ammissione ed aggiudicazione, è la motivazione offerta da Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 3167/2016 cit., sub 3.2, che dapprima richiama l’art. 32, comma 1, c.p.a., salvo poi constatare il “venir meno, una volta intervenuta l’aggiudicazione, della ratio sottesa al nuovo e speciale microsistema processuale, di definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione”, ma infine ripiega sull’art. 32, comma 1, cit., dal quale desume un “principio di prevalenza del rito” che fornisce “maggiori garanzie” al “diritto di difesa”.

([30]) Cfr. le ricadute processuali enucleate nel precedente par. 3.

([31]) Cfr. il precedente par. 4.

([32]) Cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., 1 aprile 2006, n. 855, sub III.n; Tar Campania, Napoli, sez. IV, n. 5852/2016 cit., sub 7.2.1; G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 8-9; A. Caiffa, sub art. 204, cit., 734-737. Anche in Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059 si discorre di un “nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara”.

([33]) Obiettivo consistente bensì nel garantire uno sviluppo relativamente “pacificato” della gara (espressione che si deve a G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 14), sub specie di definitiva cristallizzazione del novero dei concorrenti ammessi prima dell’aggiudicazione, senza dimenticare, però, che – ad impedire che la definizione del quadro dei concorrenti sia davvero “tombale” – residua in capo alla stazione appaltante il potere di annullamento d’ufficio (magari a seguito di pareri di precontenzioso e raccomandazioni di ANAC ex art. 211 del d. lg. n. 50/2016) dei provvedimenti di ammissione e di esclusione, sia pure per vizi di legittimità diversi da quelli già ritenuti infondati nell’eventuale contenzioso. Argomentando dall’art. 176, commi 1 e 2, del d. lg. n. 50/2016, il provvedimento di ammissione è inquadrabile tra quelli attributivi di vantaggi economici: donde la soggezione del suo annullamento d’ufficio al termine di diciotto mesi di cui all’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241/1990 (l’art. 176, comma 2, cit., nella parte e nei limiti in cui scardina tale termine, è norma derogatoria, come tale soggetta a stretta interpretazione). Il termine di diciotto mesi, ad avviso di chi scrive, va computato dall’adozione del provvedimento di ammissione, quand’anche ad esso segua l’aggiudicazione a favore del concorrente illegittimamente ammesso, proprio in considerazione della (ormai acquisita) natura provvedimentale. Detto termine non trova applicazione allorché il provvedimento di ammissione sia conseguito “sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive … false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato” (art. 21-nonies, comma 2-bis, della legge n. 241/1990). Né il termine di diciotto mesi viene in rilievo rispetto al provvedimento di esclusione, in quanto non attributivo di vantaggi economici, salva l’inattingibilità, in via di autotutela, del provvedimento di aggiudicazione una volta che siano trascorsi diciotto mesi dalla sua adozione.

Inoltre, la (relativa) “pacificazione” dell’ulteriore sviluppo della gara riguarda soltanto l’accertamento dei requisiti di partecipazione (“soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali”), e non anche ogni altra causa di esclusione dalla gara: cfr. Tar Campania, Napoli, sez. I, 20 febbraio 2017, n. 1020, che ritiene inapplicabile il rito speciale super accelerato a fronte di un’esclusione disposta per carenza di elementi essenziali dell’offerta tecnica prescritti dalla lex specialis.

I requisiti “soggettivi” coincidono, ad avviso di chi scrive, con quelli enumerati nell’art. 80 del d. lg. n. 50/2016 e con i “requisiti di idoneità professionale” di cui all’art. 83, comma 1, lett. a), del d. lg. n. 50/2016; nello spettro dei residui “criteri di selezione” di cui all’art. 83 del d. lg. n. 50/2016 (che coincidono con i requisiti “economico-finanziari” e “tecnico-professionali”) ricadono pure i “criteri oggettivi e non discriminatori” impiegabili per la “riduzione del numero di candidati altrimenti qualificati da invitare” ai sensi dell’art. 91 del d. lg. n. 50/2016: contra, sia pure dubitativamente, E. Follieri, Le novità, cit., 888.

Esulano dal nuovo giudizio gli aspetti inerenti alla tempestività ed integrità delle offerte: contra M. Lipari, La tutela, cit., 25, sulla base di un’identità di ratio ad avviso di chi scrive non utilmente invocabile a fronte del connotato derogatorio e di stretta interpretazione del nuovo (giudizio e) rito speciale super accelerato.

Infine, il carattere soltanto relativo della “pacificazione” dell’ulteriore sviluppo della gara è ancor più accentuato dalla circostanza che, non di rado, la carenza dei requisiti partecipativi emerge soltanto in sede di accesso agli atti di gara, successivamente all’aggiudicazione (art. 53 del d. lg. n. 50/2016), senza trasparire in alcun modo nella (antecedente) seduta pubblica all’esito della quale, viste le dichiarazioni sostitutive presentate dai candidati in ordine ai rispettivi requisiti generali e speciali di partecipazione (art. 85 del d. lg. n. 50/2016), è adottato il provvedimento plurimo determinativo di esclusioni dalla (e ammissioni alla) procedura. Inutile obiettare che l’art. 76, comma 3, del d. lg. n. 50/2016 impone alla stazione appaltante, contestualmente alla pubblicazione sul proprio sito informatico (art. 29, comma 1, del d. lg. n. 50/2016), di comunicare ai concorrenti il provvedimento plurimo determinativo di ammissioni ed esclusioni, “indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti”, poiché tra questi ultimi non figurano certamente i documenti a comprova dei requisiti partecipativi autodichiarati, destinati ad essere acquisiti solamente a valle dell’aggiudicazione (art. 32, comma 7, del d. lg. n. 50/2016). Ebbene, l’esegesi che configurasse un onere d’immediato ricorso avverso le altrui ammissioni anche quando non emergono – né nell’ambito della seduta pubblica dedicata all’apertura ed esame della documentazione amministrativa, né in sede di accesso prefigurato dall’art. 76, comma 3, cit. – cause di esclusione dalla gara, altererebbe il ragionevole equilibrio tra le ragioni della tutela giurisdizionale e quelle della certezza del diritto, violando la garanzia, europea e costituzionale, del diritto di azione (L. Bertonazzi, Ordine di esame delle censure escludenti incrociate nelle controversie relative a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici: la precisazione dell’effettiva portata applicativa della c.d. sentenza Puligienica, in questa Rivista, 2016, 1216-1217, anche note 43 e 45).

([34]) Non del tutto perspicue appaiono a chi scrive le ragioni che inducono A. Carbone, L’accentuazione del ruolo di modello processuale differenziato del contenzioso sugli appalti pubblici. Sull’art. 120, co. 2 bis, c.p.a. e ancora sul rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale escludente, in www.giustamm, aprile 2017, 12-13 ad esprimere un cauto e perplesso apprezzamento per Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059.

([35]) “Ritenuto, altresì, che un’interpretazione della vigente disciplina processuale nel senso di ammettere il cumulo e la trattazione congiunta delle domande con applicazione ad entrambe del rito ‘speciale’ in luogo del rito ‘specialissimo’ o ‘super speciale’ …”.

([36]) Viene così ripreso, alla lettera, G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 4. Ma quest’ultimo – si badi – riconosce l’incidenza di fatti esterni sulla sorte del “ricorso anticipato”, facendo l’esempio della “aggiudicazione allo stesso ricorrente” (op. ult. cit., 9); così pure, benché tra le righe, I. Martella, Le novità processuali, cit., 662 e M. Lipari, La tutela, cit., 29-30, 33-34, 36; più esplicito E. Follieri, Le novità, cit., 890.

([37]) In tal senso Tar Puglia, Bari, sez. I, n. 3167/2016 cit., sub 3.2. Così pure M. Lipari, La tutela, cit., 35-36; E. Follieri, Le novità, cit., 891-892.

([38]) Aderiscono a quest’impostazione Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 8 febbraio 2017, n. 2881 e Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 8 febbraio 2017, n. 2113, che decidono nel merito ricorsi diretti da chi è nel frattempo divenuto aggiudicatario contro le ammissioni di coloro che nel frattempo si sono classificati secondo e terzo. All’argomento della “separazione delle due fasi processuali, cui corrispondono anche riti diversi” (che è l’unico che figura in Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 8 febbraio 2017, n. 2092, che decide nel merito il ricorso rivolto da chi si è nel frattempo classificato secondo contro le ammissioni di coloro che nel frattempo si sono classificati, rispettivamente, primo e terzo), queste sentenze ne aggiungono un altro: “dichiarare … il ricorso … improcedibile, in ragione del raggiungimento del bene ultimo dell’aggiudicazione da parte del ricorrente, e quindi del mancato ottenimento di ulteriori benefici dall’esclusione dei controinteressati … comporterebbe … una situazione alquanto singolare, ove non del tutto violativa del diritto di difesa, per cui il ricorrente aggiudicatario si vedrebbe precluso l’esame delle proprie doglianze nei confronti degli altri concorrenti, i quali, invece, ben potrebbero ottenere l’accoglimento delle proprie ragioni contro l’ammissione del ricorrente ed [ottenere] in via derivata [l’annullamento del] l’aggiudicazione ottenuta”.

Ma è agevole obiettare che l’aggiudicatario, nonostante l’improcedibilità del suo ricorso contro le altrui ammissioni, non si vedrebbe affatto precluso il ricorso incidentale escludente, proprio per avere a suo tempo impugnato le ammissioni di coloro che ora insidiano la sua aggiudicazione. E’ “l’omessa impugnazione” delle altrui ammissioni – e non la cessata materia del contendere per avere il ricorrente conseguito l’anelato bene della vita – che “preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti” della procedura “con ricorso incidentale” (art. 120, comma 2-bis, secondo periodo, cit.).

([39]) Aderisce a quest’impostazione chi, a primissima lettura, ha intravisto nell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. i segni della fine della tormentata questione dell’ordine di esame di ricorso principale ed incidentale escludenti: A. Squazzoni, Sul necessario esame delle censure escludenti incrociate a prescindere dal numero dei concorrenti e dalla differenza tra motivi ad effetto escludente. Il monito (forse tardivo?) della Corte di giustizia, in questa Rivista, 2016, 799-801.

([40]) Da speciale super accelerato a speciale accelerato.

([41]) Improcedibilità del ricorso per l’eclissi dell’interesse a ricorrere, se la sopravvenuta aggiudicazione è disposta in favore di un concorrente diverso dal ricorrente e dal controinteressato (salvo che il ricorrente abbia a suo tempo impugnato l’ammissione di tutti i concorrenti che si sono poi piazzati davanti a lui nella graduatoria finale, tra i quali il controinteressato, perché allora – gravando l’aggiudicazione sopraggiunta a favore di un terzo concorrente – il ricorrente manterrebbe vivo l’interesse a coltivare tutti i giudizi promossi, dei quali risulterebbe sommamente opportuna la riunione); cessazione della materia del contendere, se la sopravvenuta aggiudicazione è disposta in favore del ricorrente; impugnabilità, con ricorso autonomo o motivi aggiunti, della sopraggiunta aggiudicazione a favore del controinteressato, pena l’improcedibilità del ricorso contro la sua ammissione (senza che venga in rilievo, per via della conversione del rito, una fattispecie di cumulo di domande soggette a riti diversi). Cfr. il precedente par. 3.

([42]) Sempre che ciò sia reso materialmente possibile dalla ravvicinata successione temporale degli atti della procedura.

([43]) Così è orientato, sia pure con motivazione non del tutto perspicua, Tar Puglia, Bari, sez. III, 14 aprile 2017, n. 394, sub 7.2, 7.3 e 7.4; e pochi giorni prima, pur senza alcuna motivazione, Tar Puglia, Bari, sez. III, n. 340/2017 cit.

([44]) Il discorso cambierebbe qualora, nelle more del precoce contenzioso sulla liminare fase delle ammissioni/esclusioni, intervenisse l’estromissione dalla gara del ricorrente e/o del controinteressato per cause di esclusione non inerenti ai requisiti partecipativi (es. anomalia dell’offerta o applicazione di una clausola di sbarramento prevista dalla lex specialis della gara). Dato che l’obiettivo assegnato dalla legge al nuovo giudizio consiste nella cristallizzazione definitiva della platea dei concorrenti prima che intervenga l’aggiudicazione e che soltanto l’erompere di quest’ultima ne rende impossibile il conseguimento, l’inoppugnabilità della sopravvenuta estromissione del ricorrente e/o del controinteressato non impedirebbe la decisione nel merito del (super accelerato) contenzioso sulla liminare fase delle ammissioni/esclusioni e quest’ultimo risulterebbe capace di pregiudicare il (e incapace d’essere pregiudicato dal) giudizio (accelerato) che fosse (separatamente) promosso avverso l’esclusione maturata per ragioni estranee ai requisiti partecipativi. Ciò conferma, per un verso (e nell’ipotesi in cui sopravvenga la definitiva estromissione del controinteressato), che il nuovo giudizio prescinde, per l’intero arco della sua esistenza, dall’interesse a ricorrere, ed evidenzia, per altro verso, che in detto giudizio si realizza una perpetuatio legitimationis che gli permette di approdare ad una decisione nel merito anche quando il ricorrente è, nelle more del giudizio contro l’altrui ammissione, definitivamente estromesso dalla gara (per ragioni che nulla hanno a che fare con i requisiti partecipativi). Identico fenomeno si verificherebbe anche quando l’espulsione dalla gara del ricorrente fosse sancita, in pendenza del giudizio promosso avverso l’altrui ammissione, da una sentenza che ne annullasse l’ammissione su ricorso d’altro concorrente (non importa se coincidente o meno con il controinteressato). La perpetuatio legitimationis, quale ulteriore tratto di specialità (delle condizioni per la decisione nel merito) del nuovo giudizio, risolve negativamente il dubbio – avanzato da A. Carbone, L’accentuazione, cit., 13-14 – intorno alla legittimazione di un concorrente escluso a contestare le altrui ammissioni pur senza censurare (o avendo censurato senza successo) la propria esclusione.

([45]) La lettura di tale precedente impone due puntualizzazioni: a) il termine di trenta + trenta giorni “entro” cui celebrare l’udienza di merito, di cui all’art. 120, comma 6-bis, primo periodo, c.p.a., non è dilatorio (decorsi almeno trenta + trenta giorni) ma finale (entro trenta + trenta giorni), ché dilatorio è solo il primo segmento temporale, nel senso che l’udienza di merito mai potrà essere celebrata prima del decorso di almeno trenta giorni dalla notifica del ricorso (e salvo il rispetto dei termini processuali a difesa a ridosso dell’udienza di merito, così come stabiliti dal terzo e quarto periodo del comma 6-bis cit.); b) la “richiesta delle parti [rectius: di almeno una delle parti]”, menzionata nell’art. 120, comma 6-bis, secondo periodo, c.p.a. ha per oggetto la modalità, pubblica anziché camerale, di svolgimento dell’udienza di merito e non va confusa con un’istanza di fissazione dell’udienza, inesistente in un rito in cui l’udienza di merito è fissata d’ufficio.

([46]) Come se non vi fosse un problema di congestione dei ruoli di udienza.

([47]) L’art. 120, comma 3, cit. rinvia all’art. 119 cit., in quanto non derogato dallo stesso art. 120; il comma 4 dell’art. 119 cit., a sua volta, rinvia all’art. 60 cit.: nell’art. 120, commi 2-bis e 6-bis non v’è nulla che deroghi alla possibilità di definizione immediata del giudizio in esito all’udienza cautelare. E lo stesso varrebbe pure per il comma 6 che, in ipotesi, non contenesse l’esplicito richiamo dell’art. 60 cit.

([48]) Come modificato dall’art. 204, comma 1, lett. l), del d. lg. n. 50/2016.

([49]) A tali esiti si è pervenuti interpretando il pertinente diritto positivo, senza invocare il canone europeo, costituzionale e sovranazionale dell’indefettibilità della tutela cautelare ai fini di una tutela giurisdizionale effettiva (formula vaga che troppe volte tutto giustifica a prescindere dal dato positivo). A identiche conclusioni perviene E. Follieri, Le novità, cit., 884, al netto di un dubbio, originante dall’art. 120, comma 8-ter, c.p.a., che ad avviso di chi scrive non ha ragion d’essere, trattandosi di disposizione non applicabile al precoce contenzioso sulla fase delle ammissioni/esclusioni (G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 16).

([50]) Ne è in fondo consapevole anche Cons. Stato, Comm. spec., parere 1 aprile 2016, n. 855, sub “IV. Esame dei singoli articoli”, sub “articolo 204 (ricorsi giurisdizionali)”, 5), ove – dopo una discutibile considerazione generale sulla superfluità, “di fatto e nella ordinarietà dei casi”, della tutela cautelare, “attesi i tempi strettissimi in cui si perviene alla decisione di merito” nel rito speciale super accelerato (così pure G. Severini, Il nuovo contenzioso, cit., 16; R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. app., 2016, 542) – si suggerisce lucidamente di sopprimere, nel comma 8 dell’art. 120 c.p.a., l’inciso “salvo quanto previsto al comma 6-bis” (poi in effetti soppresso dal Governo), foriero di “dubbi sul piano dei principi comunitari e costituzionali in tema di indefettibilità della tutela cautelare”, la quale “non può essere preclusa ex ante, in via generale, anche ove, di fatto ed ordinariamente, ex post non sia necessaria” (così ricadendo, infine, nell’opinabile considerazione di partenza).

([51]) Desta non lievi perplessità, sia pure per ragioni diverse da quelle testé accennate, Cons. Stato, sez. V, ord. 14 marzo 2017, n. 1059, laddove sospende in via cautelare il provvedimento di ammissione del controinteressato (per la presenza del fumus boni iuris e perché “può ritenersi provato il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per il ricorrente nelle more del giudizio”), dopo aver dichiarato inammissibile la domanda (e l’appello) cautelare avverso il provvedimento di aggiudicazione contestualmente impugnato e disposto la “separazione”, da parte del tribunale amministrativo regionale, del giudizio inerente la domanda (cautelare e di merito) avverso il provvedimento di aggiudicazione.

Anche a voler prescindere dall’avvenuto rigetto in prime cure della domanda cautelare, congiuntamente articolata nei confronti dell’altrui ammissione ed aggiudicazione (Tar Puglia, Bari, sez. I, ord. 9 febbraio 2017, n. 70), la dichiarazione di inammissibilità della domanda (e dell’appello) cautelare avverso il provvedimento di aggiudicazione lascia intatta l’efficacia di quest’ultimo e, nel contempo, segna la fine del c.d. stand still processuale di cui all’art. 32, comma 11, del d. lg. n. 50/2016: a cosa vale, allora, la disposta sospensione cautelare del provvedimento di ammissione del controinteressato? La tutela cautelare, in quanto si appunta sul solo provvedimento di altrui ammissione, non è sincronizzata con il fattore generativo del periculum in mora, e cioè quel provvedimento di aggiudicazione che rimane estraneo ad un rito raffigurato come ad esso impermeabile ed insensibile.

E’ probabilmente per tentare di ovviare all’inconcludenza dell’accordata misura cautelare che, nella motivazione dell’ordinanza n. 1059/2017 cit., è inserito un fugace cenno alla nullità della “trattazione cautelare già avvenuta” in primo grado (“ … essendo … nulla e priva di effetti la trattazione cautelare già avvenuta in occasione della qui impugnata ordinanza …”): se anche così fosse, il provvedimento di aggiudicazione resterebbe comunque efficace e il c.d. stand still processuale sarebbe comunque cessato con la pubblicazione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato. A conclusioni diverse non induce l’enigmatico passaggio in cui l’ordinanza, nel dare atto dell’impossibilità di esaminare la domanda cautelare avente ad oggetto il provvedimento di aggiudicazione, fa “salvi comunque gli effetti della decisione” sulla “istanza di sospensiva dell’atto di ammissione”.

Superfluo precisare che simili (insolubili) problemi processuali, che mettono in crisi la pienezza della tutela cautelare, non si porrebbero neppure sol che si riconducesse il nuovo giudizio di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. nell’alveo segnato dalla delega che ne sta alla base, dal quale esula l’impugnazione congiunta di altrui ammissione ed aggiudicazione.

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