logo il merito

ISSN 2532-8913

Intervista ad Alberto Biancardi (Presidente WAREG)

In un momento in cui, specie dopo Brexit, si parla tanto di Europa, evidenziando i limiti di una costruzione europea talora “calata dall’alto”, l’attenzione de “Il Merito. Pratica per lo sviluppo” è stata attratta da una esperienza (WAREG, European Water Regulators), maturata nel settore idrico, che sembra invece muovere  “dal basso”, traendo spunto dal confronto e dalla selezione delle best practice maturate nei singoli Paesi (peraltro non soltanto appartenenti all’Unione europea), secondo un approccio empirico ed un metodo di lavoro gradualista.   

Il Merito. Pratica per lo sviluppo” ha quindi intervistato il primo Presidente di WAREG, un italiano, Alberto Biancardi, componente dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico e, da maggio 2015, Presidente appunto di WAREG.

Economista, Alberto Biancardi, ha operato soprattutto in ambito istituzionale presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, l’Acquirente Unico, il Ministero dell’Industria e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In quest’ultimo ambito, è stato coordinatore del NARS (il nucleo di consulenza che opera presso il CIPE sui temi regolatori dei servizi infrastrutturali a rete).

Dott. Biancardi, come nasce WAREG e con quali finalità?

WAREG nasce da alcune riflessioni svolte all’interno dell’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico, nelle quali si è ripercorso il cammino che ha portato alla creazione di CEER, vent’anni fa o poco più, e, successivamente, di ACER, l’Agenzia europea dei regolatori dell’energia. Un cammino iniziato con un primo nucleo di coordinamento che comprendeva l’Autorità italiana, quella portoghese e spagnola. Parlando con il Presidente dell’Autorità portoghese Jaime Melo Baptista ci siamo detti: proviamo a rifare questo percorso anche per il settore idrico? Abbiamo cominciato a viaggiare per l’Europa, con riscontri positivi. Siamo stati a Budapest, Dublino, Edimburgo, Londra, abbiamo così cominciato a creare un network informale, poi, in un secondo momento, abbiamo iniziato a dargli una forma, una veste giuridica. Si tratta, comunque, ancor oggi di un network molto leggero, con uno Statuto, alcune regole di voto e alcuni working groups.

Come è organizzato il lavoro di WAREG?

Tendenzialmente, nel corso di ciascuna Assemblea Generale, che si tiene ogni tre mesi nella sede di uno dei regolatori coinvolti (di 25 paesi: 22 membri e 3 osservatori), studiamo un caso nazionale e discutiamo dei report che abbiamo preparato, quindi incontriamo gli stakeholders. Su questa base, decidiamo cosa approfondire nei successivi mesi. Per esempio, a marzo di quest’anno in occasione dell’Assemblea a Tirana abbiamo incontrato Eureau, l’associazione europea degli operatori dei servizi idrici, APE (Aqua Publica Europea, che riunisce gli operatori esclusivamente pubblici) e IWA (International Water Association); nell’ultima Assemblea  abbiamo invece incontrato la società di consulenza Oxera, che ha svolto una relazione sul benchmarking. Le nostre decisioni vengono adottate sulla base della cosiddetta regola del consensus, cioè di una sorta di unanimità attutita o negoziata. Si è prescelto un simile metodo perché ad oggi la funzione principale svolta da WAREG è lo scambio di informazioni nonché la condivisione di principi di buona regolazione ed è importante che tutti si sentano parte di questo meccanismo. Si tenga presente che nel nostro network sono presenti regolatori che, sul modello anglosassone, sono altamente specializzati, indipendenti e con decine/centinaia di risorse, ma anche regolatori che sono composti solo da poche unità o che svolgono funzione tecnica consultiva in staff a organi governativi.

Quindi WAREG, in questa fase, sta soprattutto raccogliendo informazioni?

Il network nasce dall’idea che dal semplice accumulo di informazioni, dalla semplice comparazione, si può pervenire a risultati interessanti. Una stessa regola – se inserita in un contesto istituzionale diverso – può dar luogo a risultati differenti. Chi fa regolazione, solitamente un economista, un ingegnere o un giurista, non è uno scienziato chiuso in un laboratorio, non gli è consentito fare esperimenti. Oltretutto, il regolatore sa che un obiettivo comune (ad esempio, un servizio che funziona o investimenti infrastrutturali adeguati) può essere perseguito in modi differenti e che, anche quando i metodi sono del tutto simili, per il semplice fatto che i contesti in cui si calano le regole sono diversi, i risultati finali possono differire. Si potrebbe dire, in definitiva, che la possibilità di comparare esperienze diverse sopperisce alla mancanza di sperimentazione sociale.

Si può allora dire che la base del lavoro di WAREG sia, per lo più, empirica?

Sì. Abbiamo iniziato a diffondere questionari su due aspetti della regolazione, uno istituzionale e uno più propriamente tecnico. Nel questionario c.d. institutional abbiamo provato anzitutto a capire come è organizzato il servizio, chi sono gli organismi di regolazione del settore idrico nei vari Paesi, cosa significa indipendenza in ciascun contesto nazionale, come sono strutturati i rapporti con le autorità locali, nonché con l’esecutivo. Nell’altro questionario, technical, abbiamo invece cercato di capire come è strutturata la regolazione (quindi se si usano strumenti incentivanti, di benchmarking, come vengono determinate le tariffe, come sono articolate la fase di programmazione e quella, a valle, di regolazione puntuale). Man mano abbiamo quindi identificato delle keywords e abbiamo iniziato a lavorare su queste. Ad oggi stiamo lavorando su due parole chiave: affordability e key performance indicator/benchmarking.

Ci può chiarire cosa intendete voi regolatori per affordability?

Per quanto riguarda l’affordability, muovendo da un’esigenza comune (politici, consumatori e operatori dicono tutti che il prezzo deve essere sostenibile), ci siamo chiesti cosa significhi  questo concetto. Il quadro è davvero vario. Per esempio, in Scozia la tariffa viene fatta pagare sulla base del valore dell’abitazione posseduta. Quindi, in qualche modo, il termine affordability si sovrappone a quello di regolazione. Nella maggior parte dei paesi, invece, la affordability si sostanzia in vincoli alla tariffa e/o ad aiuti che vengono resi disponibili per fare in modo che la parte più povera della popolazione abbia acqua a un prezzo contenuto. Un tipico vincolo è rappresentato dal fatto che la tariffa non possa eccedere una certa percentuale (fra il 2 e il 4 per cento, di norma) del reddito del decile più povero della popolazione. Altra differenza interessante riguarda chi decide le misure di sostegno. In Spagna (e finora anche in Italia, ma questa norma probabilmente verrà cambiata a breve) le decisioni vengono prese esclusivamente a livello locale, mentre in altri contesti è il centro del sistema che decide. In linea generale e come chiave interpretativa dei vari sistemi adottati, si può dire che le misure di affordability sono strettamente connesse alla cultura e alle tradizioni di ciascun paese. Non stupisce, ad esempio, che la Spagna sia il contesto in cui sia presente la maggiore autonomia.

Oltre agli stessi regolatori, chi altro potrà giovarsi dei vostri studi comparativi?

Il nostro fine – rispetto ad esempio all’affordability – è quello di fornire un menu al politico, descrivendogli il quadro, le specificità dei singoli contesti nazionali, senza stilare classifiche su chi sia, eventualmente, il più bravo. Stiamo, peraltro, cercando di fare la stessa cosa anche con riferimento al benchmarking. Anche qui si assiste ad una varietà di soluzioni; il classico sistema di KPI (key performance indicators) può essere identificato sulla base di approcci assai differenti fra loro: bottom-up, top-down o di tipo ingegneristico. Il nostro obiettivo è portare i risultati delle nostre analisi anche alla Commissione europea. Abbiamo già più volte incontrato loro rappresentanti, Commissario all’Ambiente Karmenu Vella incluso, e probabilmente durante la prossima General Assembly, che si terrà a Malta a settembre, vi sarà un ulteriore importante incontro.

Posto che i contesti possono essere molto diversi, ci sono però principi comuni?

L'approccio alla regolazione, ovviamente, è molto simile. In tutti i casi ci si dota di un modello o almeno di parametri quantitativi che vengono utilizzati per interagire con le imprese fornitrici del servizio, al fine di stabilire le tariffe e le altre regole. Così come essendo necessario, di fatto, stilare un contratto assai complesso e di durata decennale con l'operatore idrico, sono sempre presenti clausole di salvaguardia volte a riequilibrare i parametri in caso di eventi inattesi o comunque a resettare il sistema dopo un certo numero di anni. Tuttavia, superata questa prima soglia, i sistemi presentano molte sostanziali differenze. Ad esempio, i parametri a cui ho appena fatto cenno talvolta derivano da modelli econometrici, altre volte da studi ingegneristici, mentre, in altri casi, ancora fondamentale rimane la trattativa fra regolatore e regolato basata sui dati di costo storici. Lo stesso temine indipendenza assume connotati differenti da contesto a contesto. Tutti i regolatori hanno risposto al nostro questionario asserendo di essere indipendenti, ma, se esaminiamo i sistemi con maggior dettaglio, per indipendenza s’intende talvolta mera indipendenza di giudizio o poco più; e magari siamo di fronte ad  un organismo in staff al ministero competente per materia. Una volta dissi, all’OCSE in una riunione del NER (network of economic regulators), “independence is like beauty”, cioè  è molto soggettiva. Il concetto di indipendenza, in un contesto come il nostro o in quello anglosassone, significa avere un effettivo potere decisionale. In tal senso, i regolatori totalmente distaccati dal ministero (seppure con delle differenze) sono, oltre all’AEEGSI, l’autorità portoghese (l’unica prevista anche nella Costituzione) e quelle anglosassoni. Anche il regolatore ungherese ha una struttura abbastanza simile, ma non decide la tariffa, semplicemente la propone, anche se si tratta di una proposta “forte”.

Cosa riserverà il futuro a WAREG?

In Commissione si sta discutendo, ormai da tempo, di qualche norma comunitaria per il settore idrico. Le direttive attualmente vigenti riguardano per lo più la qualità del servizio o della risorsa idrica. Tuttavia, le istituzioni europee si stanno ponendo il problema se servano norme comuni, al fine di agevolare gli ingenti investimenti che pressoché ovunque dovranno essere realizzati nei prossimi anni, anche al fine di garantire una adeguata salvaguardia dell’ambiente. La consapevolezza che una regolazione stabile e trasparente sia una pre-condizione essenziale a questi fini è fortunatamente assai diffusa. A riguardo, ritengo che l’esperienza di WAREG potrebbe tornare utile almeno per colmare il gap informativo dei funzionari di Bruxelles che si dovessero trovare a scrivere la futura direttiva. 

Più in generale posso dire che, in poco più di due anni, ormai si è creato un gruppo solido che consente un proficuo scambio di informazioni e l’individuazione delle best practice. Soprattutto per i paesi più deboli il network sta assumendo grande importanza; pensiamo un attimo a chi fa regolazione oggi in Grecia, o in paesi fuori dell’Unione (perché a WAREG non partecipano solo paesi membri dell’Unione; ci sono anche Albania e Georgia), ovvero a quei paesi che si sono appena avvicinati o che si stanno avvicinando all’Europa. Ebbene, la regolazione, in tutti questi casi, può servire a portare trasparenza nella creazione delle regole e a rafforzare le istituzioni in senso più generale. Peraltro, debbo dire che, almeno per la mia esperienza diretta, all’interno delle amministrazioni di questi paesi si scoprono anche delle eccellenze. E, in linea generale, il confronto con altri sistemi e regole aiuta ciascuno di noi ad essere più consapevole e ad affinare l'azione regolatoria.

(7 luglio 2016)

Email

Internet, siti web e compliance nella regolazione dell'AEEGSI. Il caso degli esercenti la vendita e dei gestori delle reti di distribuzione del gas naturale (di Francesco Piron)

Internet, siti web e compliance nella regolazione dell’AEEGSI. Il caso degli esercenti la vendita e dei gestori delle reti di distribuzione del gas naturale

di Francesco Piron

L’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (in seguito “AEEGSI”), sin dalla sua prima operatività, ha fatto ampio ricorso al web, anzitutto come strumento attraverso il quale garantire la pubblicità legale dei propri provvedimenti. Inizialmente infatti la pubblicazione dei provvedimenti avveniva contemporaneamente sul proprio sito internet, sulla Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino previsto dalla legge istitutiva dell’Autorità n. 481/1995; in un secondo tempo, ossia dall’entrata in vigore dell’art. 32, comma 1, della legge 69/09, la pubblicità legale degli atti e dei provvedimenti di carattere normativo ed a contenuto generale dell’Autorità,  viene invece assicurata attraverso la sola ed esclusiva pubblicazione sul sito internet istituzionale. Questa circostanza, senza dubbio, ha rappresentato una importante occasione di semplificazione e razionalizzazione degli oneri connessi alla pubblicità legale.

Ma specie negli ultimi anni, l’Autorità ha utilizzato il web anche come formidabile strumento interattivo, peraltro in continua evoluzione, per consentire il flusso comunicativo con i soggetti regolati. Si pensi all’anagrafica degli operatori nel sito web dell’AEEGSI, come unico punto di accesso ai servizi online creato allo scopo di dematerializzare i flussi informativi; oppure, in tema di risoluzione extragiudiziale delle controversie, al nuovo Servizio di conciliazione clienti energia che si svolge interamente on line, nonché, anche da ultimo, al Registro on-line degli operatori ai fini della normativa Remit (che utilizza la medesima piattaforma informatica dell’anagrafica operatori).

Allo stesso modo, negli ultimi anni il web è divenuto fondamentale anche per gli operatori del settore energia, nel senso che l’attuale regolazione dell’AEEGSI impone ai soggetti regolati per il tramite dei loro siti aziendali numerosi obblighi informativi e di trasparenza del loro operato nei confronti dei clienti-utenti e/o di altri soggetti della filiera.   

Da ciò discende la crescente importanza per gli operatori soggetti alla regolazione dell’AEEGSI di verificare la compliance anche dei propri siti web rispetto alle previsioni regolatorie di rilievo.

In un’ottica pragmatica, seppure senza alcuna pretesa di esaustività, con il presente contributo verranno, di seguito, presi sinteticamente in rassegna alcuni dei principali obblighi di compliance via web - divisi per area tematica (Testi Integrati) e prediligendo quelli più recenti - cui sono tenuti, da un lato, gli esercenti la vendita di gas naturale e, dall’altro, i gestori delle reti di distribuzione del gas naturale.

Esercenti la vendita di gas naturale

I più recenti provvedimenti dell’Autorità in materia di morosità, standard di qualità e fatturazione hanno introdotto nuovi e numerosi obblighi informativi a carico dei siti internet degli esercenti la vendita (che si vanno ad aggiungere a quelli già previsti).

Morosità dei clienti finali. Il nuovo art. 20 del TIMG (come modificato con Delibera 501/2014/R/com, relativa alla c.d. “Bolletta 2.0”) impone, in particolare, agli esercenti la vendita, con riferimento alle forniture di gas naturale, di “pubblicare sul proprio sito internet le informazioni relative alle tempistiche e alle modalità per la costituzione in mora e agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto di tale disciplina”. Parimenti l’art. 17 del TIMOE (ex art. 10-bis.1, della Delibera ARG/elt 4/08, come modificato con Delibera 501/2014/R/com) prevede che “la controparte commerciale è tenuta a pubblicare sul proprio sito internet le informazioni relative alle tempistiche e alle modalità di costituzione in mora e agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto di tale disciplina”. Tali informazioni, oltre che nelle condizioni contrattuali, a partire dal 1° gennaio 2016 dovranno, quindi, trovare adeguata evidenzia anche sul sito web di ogni esercente la vendita.

Standard di qualità commerciale.  A far data dal 1° gennaio 2016, l’art. 40 del TIQV (come modificato con Delibera 501/2014/R/com) impone espressamente agli esercenti la vendita di pubblicare entro il 30 giugno di ogni anno, sul proprio sito internet, le informazioni relative agli standard specifici e generali di qualità di competenza, nonché relative agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto per ciascuna categoria di clientela, e al grado di rispetto di tali standard, con riferimento all’anno precedente a quello di informazione (cfr. nuovo art. 40.1, TIQV). Per i regimi di tutela, inoltre, gli esercenti la vendita dovranno pubblicare, sempre sul sito proprio internet, anche le informazioni relative agli standard specifici e generali di qualità di competenza del distributore, nonché agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto di tali standard” (cfr. nuovo art. 40.2, TIQV).

Contratti non richiesti. Ai sensi dell’art. 3 Delibera 153/2012/R/com (Protocolli di autoregolazione) i venditori che si dotano, singolarmente o in forma congiunta, di un protocollo di autoregolazione volontaria in materia di contratti e attivazioni non richiesti, devono indicarne i contenuti sul proprio sito internet con adeguata evidenza e renderne scaricabile il testo integrale. Diversamente, l’art. 10 (“Ambito di applicazione delle procedure di ripristino”) prevede che l’adesione, da parte dell’esercente la vendita, alla c.d. procedura di ripristino debba essere indicata nel protocollo di autoregolazione di cui al precedente articolo 3, nonché nel sito internet dell’esercente medesimo e nelle informazioni precontrattuali di cui all’articolo 9, commi 9.1 e 9.5, del Codice di condotta commerciale.

Trasparenza dei documenti di fatturazione. La Delibera 501/2014/R/COM, art. 20, ha introdotto, a far data dal 1° gennaio 2016, l’obbligo di pubblicare sul sito internet degli esercenti la vendita di energia elettrica e/o gas una guida alla lettura della bolletta, contenente una descrizione completa delle singole voci che compongono gli importi fatturati. Tale guida dovrà essere aggiornata in caso di introduzione di nuove componenti che concorrono alla determinazione delle voci che compongono gli importi fatturati. Si segnala, altresì, che dovrà essere pubblicata una guida alla lettura per ciascuna offerta scelta dai clienti finali, da redigersi utilizzando un linguaggio semplice, comprensibile e in coerenza con il Glossario emanato dall’AEEGSI. Per i soli regimi di tutela la guida alla lettura è stata predisposta dall’Autorità e approvata con Delibera 300/2015/R/com.

Infine, sempre a fare data dal 1° gennaio 2016, debbono essere pubblicati i nuovi glossari (per le forniture di energia elettrica e gas naturale) emanati con Delibera 200/2015/R/COM (All. A e B).

Ovviamente quelli sopra illustrati non esauriscono il novero degli obblighi di compliance regolatoria a cui sono tenuti gli esercenti la vendita tramite i siti web aziendali; ve ne sono molti altri tra i quali ricordiamo:  gli artt. 9 e 21 del TIQV in tema di obblighi di pubblicità dei contatti a cui i clienti possono inviare eventuali reclami (modulo reclamo, anagrafica operatore e standard di qualità);  l’art. 18 del TIVG in tema di pubblicità delle condizioni di fornitura dei mercati (libero e tutelato) applicate dall’esercente;  l’art. 31 del TIBEG di cui alla Delibera 402/2013/R/com circa gli obblighi di informativa sui regimi di compensazione della spesa sostenute dai clienti domestici disagiati, sia per le forniture di energia elettrica che di gas naturale; l’art. 13 della Delibera 40/2014/R/GAS in tema di pubblicità sugli accertamenti della sicurezza post contatore; ancora in tema di sicurezza, l’art. 5 della Delibera 191/2013/R/GAS circa gli obblighi informativi in materia di assicurazione a favore di clienti finali del gas; infine l’art. 5.1 del Codice di Condotta Commerciale come modificato dalla Delibera 269/2015/R/COM circa  gli obblighi di pubblicità relativi alle aliquote delle imposte applicate alla fornitura.

 

Gestori delle reti di distribuzione del gas naturale

 

TIVG – Calendario Letture.  Nell’ambito del riformato testo integrato dell’attività di vendita al dettaglio di gas naturale distribuito a mezzo reti urbane valido dal 1 gennaio 2016, è utile evidenziare come all’art. 14 (Modalità di rilevazione e archiviazione delle misure nei punti di riconsegna), in particolare all’art. 14.4.lett. a), si prevede che “ (…) nell’espletamento delle attività programmate ai fini del rispetto di quanto previsto ai precedenti commi 14.1 e 14.2 (i.e. tentativi di raccolta della misura), l’impresa di distribuzione è tenuta a: a) pubblicare sul proprio sito internet il calendario dei passaggi del personale incaricato di raccogliere le misure organizzando le informazioni almeno per CAP comunale (…)”.

 

TIMG – Capacità settimanale di sospensione residua. Le recenti disposizioni di modifica della disciplina sulla morosità hanno previsto una serie di nuovi obblighi informativi, non solo per le società esercenti la vendita, ma anche in capo ai distributori di gas naturale. Ad esempio, l’art. 5 (“Richiesta di Chiusura del punto di riconsegna per sospensione della fornitura per Morosità”) prevede che, qualora la capacità settimanale di sospensione residua sia stata completamente allocata, l’impresa di  distribuzione può mettere a disposizione, in maniera non discriminatoria e secondo le modalità dalla medesima definite, ulteriore capacità mensile di sospensione (v. art. 5.11). In tale ipotesi l’impresa di distribuzione “entro il 30 settembre di ogni anno è tenuta a pubblicare, sul proprio sito internet il prezzo della prestazione accessoria e le modalità di messa a disposizione in vigore nei 12 mesi successivi” (v. art. 5.12).

 

TUDG- RQDG 2014-2019. Piano di ispezione mensile: l’art. 12.1 lett. e) prevede che l’impresa distributrice ha l’obbligo di “(…) e) pubblicare a consuntivo, sul sito internet e con visibilità per almeno 24 mesi, il piano di ispezione mensile degli impianti entro il mese successivo quello dell’ispezione, indicando il Comune, il codice e la denominazione dell’impianto di distribuzione, l’elenco delle vie/piazze/strade oggetto di ispezione, le parti dell’impianto ispezionate, distinguendo tra rete in AP/MP, rete in BP, impianto di derivazione di utenza parte interrata, impianto di derivazione di utenza parte aerea, gruppo di misura”; Pronto intervento: l’art. 14.1 lett. g) prevede che l’impresa distributrice “(…) g) é tenuta a pubblicare sul proprio sito internet i recapiti telefonici per il servizio di pronto intervento ed a comunicarli in forma scritta, per la dovuta informazione ai clienti finali, al venditore al momento della sua richiesta di accesso alla rete di distribuzione ed all’Autorità con le modalità da essa definite”. Ancora l’art. 14.1 lett. h) prevede che l’impresa distributrice “(…) h) nel caso di eventuale variazione dei recapiti telefonici per il servizio di pronto intervento, è tenuta alla pubblicazione immediata sul proprio sito internet dei nuovi recapiti telefonici ed alla loro tempestiva comunicazione in forma scritta ai venditori che svolgono l’attività di vendita sul suo territorio ed all’Autorità con le modalità da essa definite”. Costi verifica gruppi di misura: l’art. 46.2 prevede che “in assenza di specifiche disposizioni dell’Autorità, l’impresa di distribuzione determina i costi di verifica del gruppo di misura per ogni tipologia di utenza, sia presso il cliente finale sia in laboratorio, e li pubblica nel proprio sito  internet. Il venditore informa di tali costi il cliente finale che richiede la verifica. Costi verifica pressione di fornitura: l’art. 48.2 prevede che “in assenza di specifiche disposizioni dell’Autorità, l’impresa di distribuzione determina i costi di verifica della pressione di fornitura e li pubblica nel proprio sito internet.”. Preventivi: l’art. 65.4 prevede che “l’impresa distributrice pubblica nel proprio sito internet i dati necessari per la predisposizione su richiesta di un richiedente del preventivo per l’esecuzione di lavori semplici o complessi di cui all’Articolo 40, comma 40.5.”

TUDG - RTDG 2014-19. Tariffe. L’art. 3.3. prevede che “entro 30 (trenta) giorni dalla data di pubblicazione delle tariffe da parte dell’Autorità, le imprese distributrici pubblicano a loro volta, sul proprio sito internet, le tariffe obbligatorie e le opzioni tariffarie relative ai servizi erogati. Le  medesime devono essere altresì rese disponibili presso i propri uffici aperti al pubblico”.

TIBEG – Bonus sociale. L’AEEGSI, con il Testo Integrato di cui alla Delibera 402/2013/R/com, ha previsto precisi obblighi di informativa sulla disciplina in tema di regimi di compensazione della spesa sostenute dai clienti domestici disagiati, sia per le forniture di energia elettrica che di gas naturale. In particolare l’art. 31 del TIBEG prevede che di tale disciplina ciascun distributore del gas (così come ogni venditore) provveda a dare la più ampia pubblicità, anche tramite il proprio sito internet.

 

TIQV – Reclami scritti multipli.  Nel caso (art. 11.2) di più reclami che si riferiscono al medesimo disservizio, qualora il disservizio sia riconducibile all’attività di distribuzione (disservizio aventi le caratteristiche di cui all’art. 5.11 del TIQV), il venditore segnala al distributore la necessità di fornire la risposta a mezzo stampa e il distributore “è tenuto a provvedere, facendo pubblicare, a proprie spese, un comunicato su almeno un quotidiano a diffusione adeguata rispetto all’estensione del disservizio e sul proprio sito internet, nonché a darne comunicazione diretta agli altri venditori interessati dal medesimo disservizio”.

Vi sono molti altri obblighi di compliance, tramite il sito web, a cui sono tenuti i distributori di gas naturale (Delibera 40/14/R/Gas art. 11.6 in tema di sicurezza impianti utenza gas; Delibera 191/13/R/Gas art. 5.1. in tema di assicurazioni clienti finali; Delibera 108/06 (CRDG) artt. 2.1. e 2.2. informazioni su impianti gestiti, artt. 4.4. e 4.6. su profili di prelievo e utenti operanti su porzioni dello stesso impianto o su impianti interconnessi, artt. 11.3.1. e 12.3.1. rispettivamente su modalità di misura e ripartizione consumi; Delibera 157/07 art. 6.2 su accesso ai dati di base; Delibera 294/06 All. A in tema di standard di comunicazione; Delibera 138/04 artt. 4.1. e 6.1 rispettivamente su descrizione dell’impianto e programmi di estensione, potenziamento e manutenzione, ecc.). Tra i vari obblighi di compliance merita un ultimo cenno (specie per l’evoluzione della compliance sul tema in prospettiva) quello che deriva dalla normativa di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica (v. D.Lgs. 4/7/14 n. 102) con cui si è previsto, in tema di misurazione e fatturazione dei consumi energetici (art. 9 D.lgs. 102), un obbligo, anche per le imprese di distribuzione, di provvedere “affinché i clienti finali abbiano la possibilità di accedere agevolmente a informazioni complementari sui consumi storici che consentano loro di effettuare controlli autonomi dettagliati (…)Tali dati sono resi disponibili al cliente finale via internet o mediante l’interfaccia del contatore per un periodo che include almeno i 24 mesi precedenti o per il periodo trascorso dall’inizio del contratto di fornitura, se inferiore (…)”.

   

Già da questo breve excursus si può comprendere la crescente importanza dei siti web degli esercenti la vendita e dei distributori del gas naturale, ma più in generale di tutti i soggetti regolati dall’AEEGSI, come fondamentali strumenti di compliance regolatoria.

A motivo di ciò è ragionevole aspettarsi una altrettanto crescente attenzione da parte del regolatore in termini di attività di monitoraggio e vigilanza (verifiche ispettive, indagini di settore, ecc.) specifica sui siti web degli operatori; attenzione peraltro che suggerisce agli operatori di non trascurare l’analisi di confronto dei propri siti web aziendali con l’articolato sistema di obblighi informativi imposti dall’AEEGSI.

(23 giugno 2016)

Email

L’acqua è un “servizio a rete” come gli altri? (di Nicola Costantino)

L’acqua è un “servizio a rete” come gli altri?

di Nicola Costantino

Lo scorso aprile la Camera dei Deputati ha approvato il d.d.l. “Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento”. Il testo, contraddicendo in parte il titolo del provvedimento (che voleva rappresentare, nell’originaria stesura, l’implementazione degli esiti del referendum del 2011) sancisce definitivamente la possibilità di gestione del servizio idrico integrato da parte dei privati, di fatto oggi già abbondantemente messa in atto da importanti imprese multiutility a capitale pubblico-privato. Il tema è stato, ed è tuttora, oggetto di un elevatissimo livello di ideologizzazione, che ha visto impegnata una larga parte dell’opinione pubblica (non è un caso che il referendum sull’acqua pubblica sia stato l’ultimo a raggiungere il quorum), contrapposta ai sostenitori dell’efficienza delle privatizzazioni, in termini di economie di scala e di scopo.

Senza voler entrare nel merito del pur interessante dibattito ideologico, e quindi politico, può essere utile evidenziare alcune caratteristiche del servizio idrico integrato (captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua potabile; collettamento e trattamento dei reflui e loro reimmissione nell’ambiente) che lo rendono oggettivamente” differente dagli altri servizi a rete, e meritevole pertanto di specifiche attenzioni, anche prescindendo dal carattere di risorsa assolutamente vitale dell’acqua:

  1. L’acqua non è una commodity. La privatizzazione di molti servizi a rete, come l’energia elettrica, il gas, la telefonia, è fondata - in tutto o in parte - sulla separazione tra proprietà della rete (che - per ovvi motivi - costituisce un “monopolio naturale”, in quanto è impensabile che ogni singola utenza sia servita da tante reti di distribuzione quanti sono i possibili fornitori), e proprietà del “prodotto” (bene o servizio) venduto. Lo stato, attraverso le autority, regola l’insopprimibile monopolio delle reti, lasciando alla libera concorrenza la fornitura del prodotto attraverso esse distribuito. Così, quando scegliamo di cambiare il nostro fornitore di energia elettrica, la rete che ci alimenta resta la stessa: un’unica rete nella quale riversano kw/h tutti i produttori presenti sul mercato, e non c’è nulla che distingua il kw/h da me consumato (e pagato al mio fornitore) da quello consumato dal mio vicino, che ha un differente fornitore; entrambi i kw/h transitano negli stessi cavi. Discorso analogo vale per il gas e, in una certa misura, per la telefonia e la trasmissione dati (“ultimo miglio”). Ciò è possibile perché un kw/h, un mc di gas, un gigabyte di dati sono delle commodity, prodotti cioè fondamentalmente standardizzabili e standardizzati, e - di conseguenza - indistinguibili (se non per il prezzo). Un kw/h fornito (ma sarebbe più corretto dire: immesso in rete) dal produttore X è indistinguibile cioè dall’analogo (identico) prodotto dall’azienda Y, e così via. Per l’acqua, soprattutto se potabile, non è così: ogni fonte di approvvigionamento (sorgente, invaso, impianto di desalinizzazione, ecc.) fornisce la “sua” acqua, delle cui specifiche (ed estremamente articolate) proprietà fisico-chimiche il gestore del servizio è unico responsabile. Ciò significa che, nella pratica, non è pensabile mettere una stessa rete in comune tra differenti fornitori: il contesto di monopolio naturale (cioè insopprimibile) per l’acqua (e solo per l’acqua) è esteso non solo alla rete di distribuzione, ma anche al bene distribuito.
  2. Il “cliente” del servizio idrico integrato non è solo il singolo sottoscrittore del contratto. Mentre il fornitore del kw/h o del mc di gas esaurisce il suo compito al contatore dell’utente, il gestore del servizio idrico integrato deve “chiudere il ciclo”: raccogliere cioè i reflui, trattarli negli impianti di depurazione, e reimmettere nell’ambiente sia la porzione idrica depurata, che la parte solida, trattata per massimizzarne il riuso. L’impatto ambientale di questa chiusura del ciclo (il cui “cliente” è l’ambiente, e quindi la collettività) è enorme, nel bene (si pensi all’utilizzo delle acque affinate per l’irrigazione, o dei fanghi di depurazione e del compost per il contrasto alla desertificazione dei terreni) o nel male (inquinamento delle falde e/o del mare).
  3. Le infrastrutture del servizio idrico integrato sono, nel nostro paese, tuttora largamente inadeguate al fabbisogno. Per le altre utility a rete, il sistema infrastrutturale nazionale è - nel suo complesso ed in prima approssimazione - sostanzialmente definito e configurato: il fabbisogno di investimenti, pur se localmente cospicuo, è prevalentemente relativo ad interventi di “normale” mantenimento ed adeguamento tecnologico. Per il servizio idrico integrato, invece, la situazione è molto diversa. Secondo l’ISTAT (Censimento delle acque per uso civile, giugno 2014; dati riferiti al 2012), il sistema di adduzione e distribuzione dell’acqua, anche  se raggiunge la quasi totalità dei territori e degli utenti, è soggetto ad una inaccettabile obsolescenza fisica (e in parte tecnologica): “.. il 37,4% dei volumi [di acqua] immessi in rete non raggiunge gli utenti finali. Si registra un peggioramento rispetto al 2008, quando le dispersioni di rete erano del 32,1%”. Ciò significa che ogni anno le perdite aumentano di oltre l’1%: gli attuali interventi sulle reti non riescono nemmeno a mantenere costanti le (enormi) perdite! Ancora più preoccupante, per molti versi, è la situazione sul fronte della “chiusura” del ciclo. Sempre secondo l’ISTAT (ibidem), a livello nazionale solo il 57,6% dei carichi inquinanti di origine civile  è trattato negli impianti di tipo secondario o avanzato (cioè a livello adeguato al rispetto delle minime esigenze ambientali). Dal 2012 ad oggi la situazione è migliorata, ma certo non in misura rilevante, né tanto meno risolutiva. Gli investimenti annui nazionali nel Servizio Idrico Integrato oscillano attualmente intorno ad 1,5 Miliardi di €, mentre l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico stima in 5 Miliardi di € all’anno, per almeno 10 anni, l’investimento necessario per portarci al livello minimo di servizio richiesto dalla Comunità Europea (che infatti continua a moltiplicare le contestazioni di infrazioni comunitarie a nostro carico). Ciò significa che i gestori del servizio idrico integrato sono chiamati non solo a “gestire” e mantenere le infrastrutture esistenti, ma anche (e, nel transitorio, soprattutto) a progettarle e realizzarle: infrastrutture che - è forse il caso di sottolineare - hanno tutte le caratteristiche sostanziali, oltre che giuridiche, della “opera pubblica”, realizzata cioè nell’esclusivo interesse della comunità.
  4. Privato non è (sempre e necessariamente) meglio che pubblico. Un argomento fortemente  ribadito a favore della privatizzazione del servizio idrico integrato è che alcune (molte?) società in house del settore hanno bilanci deficitari, che fanno gravare le loro inefficienze sulla comunità. Ciò è certamente vero in alcuni casi (soprattutto per le più piccole ed inefficienti gestioni comunali in economia), ma ci sono molti ottimi esempi di gestori pubblici del servizio idrico integrato (come SMAT, CAP Holding, Abbanoa, Viveracqua, Acquedotto Pugliese, solo per fare qualche nome) i cui bilanci sono sistematicamente in attivo, con utili che possono essere (e sono) destinati al miglioramento del servizio ed agli investimenti infrastrutturali (assolutamente indifferibili, come si è visto), piuttosto che a soddisfare le (pur assolutamente legittime) aspettative di dividendi degli azionisti.

E’ pertanto opportuno richiamare l’attenzione del legislatore sul dato di fatto, incontrovertibile, che - indipendentemente dalle preferenze aprioristicamente ideologiche per il pubblico piuttosto che per il privato - il servizio idrico integrato ha caratteristiche sostanziali assolutamente uniche, che meritano pertanto un trattamento regolatorio attento, e non una superficiale e frettolosa assimilazione ad altri, strutturalmente differenti, servizi di utility. Non è un caso che - come rilevato anche dall’autorevole associazione Aqua Pubblica Europea - in tutto il mondo si stiano moltiplicando gli esempi di “ripubblicizzazione” di gestori del ciclo idrico troppo frettolosamente, e superficialmente, assimilati ad operatori di altri settori, e pertanto privatizzati.

(23 giugno 2016)

Email

Altri articoli...