“Professione” orientatore. L’orientatore universitario quale connettore sistemico (di Stefano Benvenuti e Roberto Tofanini)
Il tema dell’orientamento universitario implica la trattazione di molteplici aspetti, sia interni alle strutture di ogni singolo ateneo, sia soprattutto esterni, in riferimento allacrescentedomanda proveniente dal mondo delle scuole superiori, con tutte le loro componenti, studenti, corpo docente e famiglie: una domanda che mira all’individuazione di iniziative finalizzate, in prima istanza, a specifiche attività formative e motivazionali.
Dopo lunghi anni di scarsa attenzione, si è ormai consolidata la consapevolezza di quanto l’orientamento costituisca un elemento fondamentale e strutturale del processo di crescita di ogni studente.In questa prospettiva, un sistema scolastico e universitario “orientante” assume un rilievo fondamentale perché indispensabile quale supporto per i giovani. Esso può facilitare le loro scelte e favorire processi di autodeterminazione piùconsapevoli sia nel percorso di formazione, che nel successivo inserimento lavorativo, nonché, in generale,per i momenti di transizione lungo l’arco della vita.
Da alcuni anninelle normative nazionalila funzione primaria dell’orientamento, espressa anche dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2004, è ormai ampiamente condivisa.
È però con il nuovo ordinamento universitario delineato dalla legge n. 240/2010 che l’orientamento è divenuto compito istituzionale per gli atenei.Peraltro, per ottenere importanti e incisivi risultati, esso necessita del coinvolgimento attivo degli istituti di istruzione superiore in raccordo con le strutture universitarie di accoglienza, orientamento e tutorato, con i dipartimenti e, in particolare con i docenti delegati a tale attività.
L’impegno del corpo docente nel portare avanti le funzioni di orientamento è andato via via rafforzandosi nel corso degli anni, anche in considerazione del ruolo tutoriale ad essi attribuito, che trova fondamento giuridico nella legge n. 341/1990 di riforma degli ordinamenti didattici universitari.
Definire obiettivi, strumenti e regole rappresenta, quindi, una necessità ineludibileonde consentire agli studenti, frequentanti almeno gli ultimi due anni degli istituti di istruzione superiore (opportuno sarebbe, invero, un coinvolgimento anche dei frequentanti delle terze classi), di acquisire non solo informazioni utili in merito all’offerta formativa degli atenei, ma anche (e soprattutto), maturare piena consapevolezza delleproprie scelte e una progettualità che ponga al centro il proprio futuro lavorativo. Ciò potrà essere conseguito grazie a un confronto dialettico con la struttura universitaria, specialmente con i docenti impegnati attivamente sul campo.
Solo la definizione di adeguate e incisive politiche di orientamento̶ collegate ad interventi di cooperazione fra scuola, università, mondo del lavoro e famiglie ̶ consente di realizzare percorsi virtuosi a favore degli studenti. L’orientamento, infatti, èfunzione che si compone di dimensioni trasversali, che richiedono uncoordinamento centrale e di dimensioni specifiche, di pertinenza delle diverse strutture didattiche.
È necessario precisare come la varietà delle scuole superiori renda ancora più complessa la definizione di adeguate politiche di orientamento e conseguentemente la ricerca di tecniche di attuazione opportunamente differenziate. Infatti gli istituti di istruzione superiore italiani si presentano strutturalmentemultiformi e multipolari: scuole statali (gestite direttamente dal Ministero) e scuole non statali, rappresentate da istituzioni pubbliche e private non amministrate dallo Stato(scuole non statali pubbliche quando il gestore è rappresentato dal comune, dalla provincia o dalla regione, scuole non statali private quando il gestore è rappresentato da soggetti privati laici o religiosi). Inoltre, l’offerta formativa è assai variegata,con una molteplicitàdi indirizzi di studio: dal classico allo scientifico, dal professionale al tecnologico, dal commerciale all’agrario, dalle scienze umane all’economico sociale, dal linguistico al musicale-coreutico(solo per citarne alcuni).
Appare evidente che l’attività di orientamento, per avere efficacia nella prospettiva di una ricaduta occupazionale, deveessere attentamente calibrata sulla base di queste specificità, ma anche prendendo in considerazione, fra l’altro,fattori come le caratteristiche socio-economiche del territorio di riferimento, i servizi, i fabbisogni delle imprese.
Autonomia e integrazione devono caratterizzare i due livelli fondamentali,scuola e università, sui quali si fonda tutta l’attività di orientamento: autonomia nell’individuazione degli obiettivi, con la realizzazione di progetti condivisi e integrati. La condivisione costituisce, infatti, un elemento basilare per venire incontro alle aspettative degli utenti (studenti e famiglie in primis)con la promozione, da parte degli atenei, di efficaci collaborazioni con il sistema dell'istruzione scolastica e della formazione professionale, con le istituzioni e gli enti territoriali, con il mondo del lavoro e delle professioni.
Pertanto l’orientamento universitario non può avere, come accadeva nel passato e come purtroppo ancora avviene in alcuni contesti, carattere prevalentemente, se non esclusivamente,informativo, ma deve essere primariamente formativo e motivazionale. Ciò comporta per l’orientatore la necessità di costruirsi una propria “veste professionale” con competenze e attitudini specifiche allo svolgimento di tali attività.
Per migliorare il processo di apprendimento e rendere l’orientamento più significativo ed efficacesono quindi necessari nuovi metodi di insegnamento, nuovi programmi, "nuovi" insegnanti e formatori che sappiano individuare e valutare le capacità e le attitudini dei discenti, sintonizzando su di essi i processi di insegnamento e di accompagnamento epredisponendogli indicatori che consentano analisi e confronti costruttivi.
Ma chi è l’orientatore?
Anche questa figura presenta molteplici accezioni. È opportuno distinguere tra un orientatore “istituzionale” (la famiglia, la scuola, l’università, intese come soggetti che devono adottare politiche e iniziative volte a predisporre mezzi finalizzatiall’orientamento) e un orientatore “professionale” (il genitore, il singolo insegnante, il docente universitario, che, pur non essendo un professionista dell’orientamento, non avendo ricevuto una formazione specifica, è comunque chiamato a svolgere sul campo una tale attività).
L’orientatore “istituzionale”, che necessariamentedeve avereconsapevolezza degli obiettivi, ha mezzi e una propria organizzazione (uffici scolastici e strutturedi ateneo), si avvale sovente dell’orientatore “professionale”, anche se non “professionista”.
Nella società contemporanea assistiamo da tempo a una sempre più marcata trasformazione del ruolo e della funzione sociale dell’insegnante di scuola superiore e del docente universitario. La crescita di nuove professionalità è determinata dalla necessità di confrontarsi con lo sviluppo della tecnologia e di sviluppare nuove e più moderne tecniche e strategie didattiche e comunicative. Per chi si occupa di orientamento un aggiornamento continuo e qualificato è condizione indispensabileper ottenere risultati positivi, a prescindere dalla funzione svolta e dal ruolo ricoperto. Ma, ancor prima, l’orientatore “professionale” deve progettare l’orientamento per programmare e realizzare in concreto le relative attività.
In questo contesto la scuola e l’università ̶che da sempre, insieme alla famiglia, svolgonoil ruolo primario nella formazione dei giovani̶sonoinvestite del difficile compito di predisporre attività propedeutiche al futuro ingresso nel mondo del lavoro, in quella vita reale che è spesso tutt’altro che inclusiva, al fine di incoraggiare, guidare e facilitare gli studenti nel percorso formativo per loro più idoneo, accendendone la motivazione affinché essi riescano a effettuare scelte consapevoli, che tengano conto delle personali aspirazioni e attitudini.
Ciò non può che avvenire attraverso nuove metodologie educative che, come è già stato rilevato, trasformano l’attività di orientamento, in passato episodica e meramente informativa, in attività sia formativa che motivazionale,in parte anche grazie a specifici progetti ministeriali (come, ad esempio, l’alternanza scuola-lavoro) e la predisposizione e l’adesione a iniziative che contribuiscano a stimolare negli studenti la consapevolezza delle difficoltà e delle competenze necessarie per avviare la realizzazione di un proprio percorso.
Sulla base dell’esperienza maturata nel corso di molti anni nell’orientamento, abbiamo rilevatocome attività di supporto, di stimolo e di accompagnamento (quali lezioni “mirate” alle peculiarità degli indirizzi scolastici, effettuazione di test ufficiali, discussioni e presentazioni di libri,partecipazione diretta a lezioni universitarie, stages, interventi in giornate di orientamentoorganizzate dalle scuole,riunioni operative con i dirigenti e il corpo docente degli istituti superioriper sviluppare modelli di progettualità operativa) costituiscano da un lato “connettori sistemici”, dall’altrostrumentiimprescindibili di raccordo strategico per unaconsapevole scelta universitaria, autonoma e responsabile, finalizzata all’ingresso nel mondo del lavoro.
È in tale contesto di accompagnamento e di sostegno che è uscito di recente un volume, scritto in collaborazione con l’amico Emanuele Stolfi, nel quale si è cercato di dare un contributo concreto agli studenti che si accingono a intraprendere lo studio universitario in un percorso quinquennale o triennale attinente al diritto. Il libro ̶scritto per chi si deve misurare con la prova iniziale, di valutazione delle proprie conoscenze e competenze, prevista in ogni percorso di laurea giuridico ̶rappresenta una sorta di supporto a una scelta che di anno in anno risulta sempre più complessa, visti anche gli innumerevoli corsi di laurea che le universitàoffrono alla platea dei giovani diplomati.
L’orientamento è vera e propria formazione, anche per ciò che riguarda l’acquisizione da parte dei giovani di valori etici,inserendosi nella più complessa e articolata costruzione di una cittadinanza attiva.Infatti, l’avvio fin dai banchi di scuola della definizione di un personale complesso di valori e principi da conservare come patrimonio finalizzatoallo svolgimento del lavoro futuro, potrà rivelarsi assai utile per i giovani, perché contribuirà a rendere la loro attività professionale più forte.
Una consapevolezza delle difficoltà e un’eticanella propria realizzazione, prima come cittadinoe poi comelavoratore, che il giovane si potrà costruire anche grazie a un’attività di orientamento efficace, moderna e “professionale”.
(8 luglio 2019)