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ISSN 2532-8913

Società a partecipazione pubblica e giurisdizione amministrativa (di Antonio De Vita)

 

Premessa

 

Il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, come integrato e modificato con il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100) rappresenta il tentativo di disciplinare in maniera organica e tendenzialmente esaustiva tutto il settore delle società costituite o partecipate da un’Amministrazione pubblica.

 

 

Tuttavia, già all’atto di perimetrare l’ambito di applicazione del testo normativo, si chiarisce che la disciplina ivi contenuta, di carattere speciale, va integrata, laddove non disposto diversamente, con quella residuale contenuta nel codice civile e nelle norme generali di diritto privato (art. 1, comma 3)[1]. Inoltre, restano ferme le specifiche disposizioni, contenute anche in atti di natura regolamentare, che disciplinano le società di diritto singolare che sono chiamate a svolgere un servizio di interesse generale o di interesse economico generale o sono state costituite per il perseguimento di una specifica missione di interesse pubblico; similmente, sono fatte salve le disposizioni riguardanti la partecipazione pubblica a enti associativi, non aventi forma societaria, e alle fondazioni (art. 1, comma 4).

 

Le Amministrazioni pubbliche destinatarie della citata normativa sono le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165 del 2001, i loro consorzi e associazioni, gli enti pubblici economici e le autorità del sistema portuale (art. 2, comma 1, lett. a). La partecipazione degli enti pubblici è ammessa soltanto in società di capitali e non anche di persone (art. 3, comma 1).

 

L’oggetto sociale delle società costituite o partecipate da soggetti pubblici non può contemplare attività di produzione di beni o servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali; sono ammesse le attività di autoproduzione di beni o servizi strumentali agli enti partecipanti, di valorizzazione e gestione del patrimonio immobiliare degli enti partecipanti, di gestione e organizzazione di spazi ed eventi fieristici, di produzione di energia da fonti rinnovabili e di ricerca in ambito universitario (art. 4)[2].

 

 

Ambito di operatività della giurisdizione del giudice amministrativo

 

Il principale ambito di operatività della giurisdizione amministrativa riguarda indubbiamente la fase prodromica alla costituzione della società a partecipazione pubblica o all’acquisizione di una quota di partecipazione, trattandosi di fase avente natura certamente pubblicistica[3].

 

La determinazione dell’Amministrazione di addivenire alla costituzione della società deve essere adottata dall’organo competente, individuato nell’organo assembleare cui vengono attribuite le più importanti decisioni per la vita dell’Ente (art. 7); l’eventuale adozione di una determinazione in contrasto con le previsioni di cui all’art. 7 provoca l’annullamento dell’atto di partecipazione e quindi la conseguente liquidazione delle quote sociali.

 

Un regime in parte diverso vige per l’acquisto di quote in società a partecipazione pubblica già costituite, in quanto pur applicandosi le stesse regole con riguardo all’individuazione dell’organo competente a deliberare, l’eventuale violazione delle attribuzioni dei vari organi amministrativi non impone la liquidazione delle quote, ma determina il diverso regime dell’inefficacia del contratto di acquisto della partecipazione, che impedisce all’ente di esercitare le proprie prerogative di socio (partecipazione all’assemblea, alle votazioni, alla ripartizione degli utili, ecc.).

 

L’inefficacia si riferisce alla gestione del pacchetto di partecipazione e quindi si deve ritenere che tutte le problematiche inerenti siano appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario[4], compresa la valutazione in ordine alle conseguenze discendenti da una eventuale pronuncia del giudice amministrativo statuente l’incompetenza dell’organo che ha deciso l’acquisto della partecipazione; un tale controllo, da parte del giudice ordinario, potrebbe spingersi fino alla verifica della legittimità – anche se soltanto in via incidentale, laddove non sia già intervenuta una decisione del giudice amministrativo – dell’eventuale provvedimento di ratifica o convalida adottato dall’organo competente con riguardo alla deliberazione di acquisto viziata dal difetto di competenza.

 

Appare opportuno chiarire che il descritto regime normativo si applica anche ai casi di incompetenza assoluta sia da parte dell’organo che dell’Ente, considerato che le norme del Testo unico equiparano la mancanza dell’atto deliberativo alla sua invalidità, che ricomprende le più specifiche figure della nullità e dell’annullabilità.

 

In sede di controllo giurisdizionale da parte del giudice amministrativo risulta determinante la verifica delle motivazioni poste alla base della scelta di costituire una società o di acquisire delle partecipazioni in una già esistente: oltre a doversi rispettare gli ambiti in cui è possibile intervenire (cfr. art. 4), si devono altresì esternare, in maniera analitica, le necessità, le ragioni e le finalità di una tale scelta, anche in rapporto alle due alternative della gestione diretta e dell’esternalizzazione[5], nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa[6]. Va dimostrata anche la compatibilità della decisione con le norme in materia di aiuti di Stato[7].

 

La giurisdizione del giudice amministrativo in tali ambiti dovrebbe avere natura di giurisdizione di legittimità, non essendo prevista una specifica ipotesi di giurisdizione esclusiva[8]; va però evidenziato che le controversie relative a “provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti localisono soggette al rito accelerato di cui all’art. 119 del codice del processo amministrativo[9].

 

Quale elemento peculiare della citata disciplina va richiamato l’obbligo in capo agli Enti procedenti di trasmettere la deliberazione, oltre che alla Corte dei conti, anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che può esercitare i poteri di cui all’art. 21-bis della legge n. 287 del 1990[10]. Secondo tale disposizione, l’Autorità è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. Se, all’esito di un procedimento instaurato con l’Amministrazione che ha emanato l’atto asseritamente lesivo della concorrenza, quest’ultima non si conforma ai rilievi dell’Autorità, è nelle prerogative di quest’ultima adire il giudice amministrativo per il tramite dell’Avvocatura dello Stato[11]. Anche tale giudizio, affidato alla giurisdizione di legittimità[12], dovrebbe essere sottoposto al rito accelerato di cui all’art. 119 del codice del processo amministrativo.

 

Un altro ambito in cui è prevista la giurisdizione del giudice amministrativo è quello in cui si devono applicare le regole contenute nel D. Lgs. n. 50 del 2016, ossia il Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, del codice del processo amministrativo sulle materie di giurisdizione esclusiva).

 

Un primo caso è quello della scelta dei soci privati di una società costituita da un ente pubblico che deve avvenire nel rispetto della procedura ad evidenza pubblica ai sensi dell’art. 5, comma 9, del D. Lgs. n. 50 del 2016. Tale procedura è certamente impugnabile davanti al giudice amministrativo e rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva (si veda il già citato art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, del codice del processo amministrativo), anche se non pare possa essere applicato a tali contenziosi il rito speciale di cui agli artt. 120 e ss. del codice del processo amministrativo, con tutte le relative peculiarità, legate anche alla presenza di plurime regole devianti rispetto all’ordinario processo amministrativo (obbligo di motivi aggiunti per un unico procedimento, immediata impugnabilità delle ammissioni alla gara, declaratoria da parte del g.a. dell’inefficacia del contratto); la natura derogatoria di tale rito speciale ne impedisce l’applicazione ad ambiti non espressamente previsti, anche al fine di non comprimere eccessivamente il diritto alla tutela giurisdizionale, garantito costituzionalmente.

 

Similmente, nel caso di alienazione delle partecipazioni sociali, pur non applicandosi in via espressa la disciplina contenuta nel Codice dei contratti, comunque è richiesto il rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione, anche laddove si proceda ad una negoziazione diretta (art. 10); anche in tali frangenti la giurisdizione sulle eventuali controversie appartiene al giudice amministrativo[13], che potrà sindacare il corretto esercizio del potere correlato ad una procedura di cessione di quote sociali, finalizzata sia a garantire una parità di trattamento dei consociati sia a massimizzare le entrate per l’erario[14].

 

Di più difficile soluzione appare l’individuazione della giurisdizione laddove operi una qualche forma di prelazione, visto che quando ricorre tale istituto la Cassazione ritiene la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario[15].

 

La giurisdizione del giudice amministrativo sussiste, seppure soltanto con riguardo alla fase preliminare di scelta, anche nella procedura finalizzata all’acquisto di una quota di partecipazione in una società già costituita: la determinazione attraverso la quale si decide di acquisire la partecipazione deve indicare le motivazioni che l’hanno determinata secondo quanto richiesto dall’art. 5 (art. 8). In sede di giurisdizione di legittimità sarà possibile scrutinare le ragioni della scelta e verificarne la coerenza con le previsioni in precedenza richiamate. Non appare, invece, riconducibile alla giurisdizione del giudice amministrativo la fase successiva di acquisto delle quote, visto che il costo delle stesse dovrebbe essere già predeterminato dal loro valore nominale – e quindi non si pone il problema di ottenere il prezzo migliore – e i soggetti da cui acquistare sono ben individuabili e non dovrebbero essere in una posizione di concorrenza, con la conseguente inapplicabilità delle regola dell’evidenza pubblica: vanno in tal caso applicate le regole di natura prettamente civilistica e societaria dell’abuso del diritto, che dovrebbero ricondurre la giurisdizione sulla fattispecie al giudice ordinario[16].

 

La decisione di costituire una società in house[17] è sindacabile, in linea con quanto già evidenziato in precedenza, davanti al giudice amministrativo, mentre tutta la restante attività societaria è riservata alla giurisdizione ordinaria o contabile. È invece dubbio se lo sforamento, in diminuzione, del limite dell’ottanta per cento del fatturato rispetto all’ente pubblico o agli enti pubblici soci possa determinare conseguenze sull’affidamento tali da innescare contenziosi che potrebbero essere ricondotti alla giurisdizione amministrativa. In senso contrario, sembrerebbe deporre il tenore dell’art. 16, laddove si richiama il concetto di irregolarità nella gestione della società e si individuano quali rimedi quelli previsti dall’art. 2409 del codice civile, ossia il ricorso al Tribunale ordinario, unitamente alla circostanza che il precedente art. 15 si riferisce soltanto al monitoraggio, indirizzo e coordinamento delle società partecipate e quindi anche di quelle in house. Ciononostante appare possibile che, a fronte di rilevanti scostamenti in negativo nelle percentuali di fatturato in favore degli enti partecipanti e alla inefficacia dei rimedi già predisposti, oltre un ragionevole lasso temporale (il comma 5 indica il termine massimo di tre mesi per sanare lo sforamento e sei mesi ulteriori per dismettere l’affidamento), si possa agire davanti al giudice amministrativo per far dichiarare la sopravvenuta illegittimità dell’affidamento in house, al limite utilizzando la procedura di messa in mora dell’Amministrazione partecipante, attraverso un meccanismo simile a quello riconosciuto al terzo che si reputi danneggiato da un’attività avviata con d.i.a. o s.c.i.a., ossia la possibilità di sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3, del codice del processo amministrativo (art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990).

 

Le società in house sono tenute al rispetto del Codice dei contratti pubblici nella loro attività di acquisto di beni e servizi, anche laddove non dovessero soddisfare esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale e commerciale, ossia non possedessero tutti i requisiti per poter essere qualificate come organismi di diritto pubblico (art. 16, comma 7)[18].

 

Una ulteriore problematica afferente alle società in house riguarda la sussistenza dell’obbligo in capo all’ente socio di affidare alla predetta società anche le parti di servizio che dovessero venire in essere successivamente, oppure si deve ritenere che una tale scelta rientri nella discrezionalità dell’Amministrazione che potrebbe in alternativa ricorrere ad un altro strumento per svolgere quel servizio (ad esempio, affidandolo con gara). In ogni caso tale vertenza sarebbe attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di modalità di gestione di un’attività di rilievo pubblicistico, anche solo di natura soggettiva[19].

 

Altra questione da sottoporre ad attenzione – anche se involgente aspetti di carattere più generale – è quella legata alla possibilità per una società in house di agire in giudizio nei confronti dell’ente controllante, considerato che l’ammissibilità di un tale modus procedendi farebbe emergere l’assenza sulla società di un controllo analogo da parte dell’Ente controllante e, quindi, dimostrerebbe la carenza del principale presupposto per procedere ad un affidamento diretto.

 

Passando all’esame del regime giuridico applicabile alle società a partecipazione mista pubblico-privata, la scelta del socio deve avvenire tramite procedura ad evidenza pubblica[20], attraverso una c.d. gara a doppio oggetto, ossia il soggetto che si aggiudica la gara otterrà, contemporaneamente, sia la qualità di socio della futura società mista che l’affidamento del servizio o dell’attività alla società così formata (art. 17). La quota di partecipazione da riservare al socio privato, affinché sia qualificante e utile per l’Amministrazione, non può essere inferiore al trenta per cento, come pure non è consentito di assumere la qualità di socio a soggetti non aventi requisiti di qualificazione in linea con la prestazione che dovrà svolgere la società mista una volta costituita e divenuta attiva: il socio privato deve essere un c.d. socio operativo e non meramente finanziatore[21].

 

Alle società miste non si applica il Codice dei contratti pubblici se non sono organismi di diritto pubblico e se sono state “costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per la realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite (…) se ricorrono le seguenti condizioni: a) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica; b) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita; c) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo (art. 17, comma 6); residua il dubbio sulla disciplina applicabile alle società miste che non siano organismi di diritto pubblico e non rientrino nelle previsioni di cui alla disposizione citata in precedenza. Una interpretazione di tipo letterale del comma 6 dovrebbe indurre a ritenere che l’unica eccezione all’applicazione della disciplina del Codice dei contratti pubblici sia rappresentata da quella prevista nello stesso comma, mentre tutte le altre tipologie di società miste sarebbero da assoggettare al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica di matrice codicistica. Tuttavia sembra preferibile optare per l’esclusione dell’obbligo di gara in capo alle società miste che non siano anche organismi di diritto pubblico e non siano tenute, per altre ragioni, all’applicazione della normativa contenuta nel Codice dei contratti pubblici, tenuto conto che imporre un determinato regime giuridico a soggetti che dovrebbero sottostare esclusivamente alle regole del libero mercato rappresenta ugualmente una violazione del principio di libera concorrenza e potrebbe produrre dei contraccolpi negativi sul mercato complessivo[22].

 

Quanto alla materia dell’accesso agli atti, va richiamato il disposto di cui all’art. 22 della legge n. 241 del 1990, secondo cui sono assoggettati al relativo regime giuridico anche “i soggetti di diritto privato, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale e comunitario” (comma 1, lett. e); tale materia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. a, n. 6, del codice del processo amministrativo). Tuttavia non tutte le società a partecipazione pubblica sono assoggettabili alla normativa in materia di accesso, ciò dovendo riguardare soltanto quei soggetti che hanno la qualificazione di organismi di diritto pubblico, ossia cui è affidata la cura concreta di interessi della collettività, seppure trattasi di soggetti esterni all’Amministrazione intesa in senso stretto. Naturalmente, l’applicabilità della normativa è relativa soltanto all’attività di pubblico interesse, mentre quanto viene svolto in regime di mercato concorrenziale e in ambito esclusivamente imprenditoriale ne rimane escluso[23].

 

Infine, è previsto l’assoggettamento delle società a partecipazione pubblica alle norme in materia di trasparenza, ai sensi del D. Lgs. n. 33 del 2013, e quindi l’applicabilità alle stesse della disciplina sull’accesso civico, che dà luogo ad un’altra ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attraverso lo speciale rito sul silenzio, ex art. 116 del codice del processo amministrativo (art. 5, comma 7, del D. Lgs. n. 33 del 2013 e art. 133, comma 1, lett. a, n. 6, del codice del processo amministrativo).

 

 

Ambito di operatività di giurisdizioni diverse da quella del giudice amministrativo

 

Venendo ora ai casi di possibili interventi giurisdizionali in materia di società a partecipazione pubblica non riconducibili alla giurisdizione amministrativa, oltre a quanto già rilevato in precedenza, in via generale va evidenziato come tutta l’attività legata alla vita societaria, a partire dall’atto della costituzione della stessa fino al momento del suo scioglimento, è assoggettata alla giurisdizione ordinaria; ne risultano escluse, si ripete, soltanto le decisioni prodromiche a tali atti – relative alla costituzione, alla cessione o all’acquisto delle quote o alla cessazione del ente societario – da ricondurre alla giurisdizione del giudice amministrativo. La giurisdizione viene esercitata dal giudice ordinario[24], tramite le sezioni specializzate in materia di imprese[25].

 

Anche la violazione delle disposizioni in materia di procedimento amministrativo o degli impegni assunti nei contratti di servizio o nelle carte dei servizi va attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di aspetti legati al rispetto di obblighi contrattuali e di correttezza e buona fede, sia nei confronti degli Enti partecipanti che degli utenti, che si fondano su posizioni paritetiche, non riconducibili nemmeno mediatamente all’esercizio di pubblici poteri.

 

Al giudice ordinario, nella specie ai tribunali fallimentari, spetta la verifica in ordine alla ricorrenza dei presupposti per dichiarare il fallimento delle società a partecipazione pubblica (art. 14); dopo che la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina fallimentare anche alle società a partecipazione pubblica, anche il legislatore ne ha preso atto, adeguandosi espressamente. Un dubbio potrebbe residuare rispetto alla fallibilità delle società in house, vista l’assenza di una specificazione in tal senso, ma la pacifica riconducibilità delle predette società in house al genus delle società a partecipazione pubblica e l’ormai evidente indirizzo assunto dalla giurisprudenza, anche di legittimità, inducono a ritenere applicabile anche alle società in house la disciplina sul fallimento[26].

 

Le azioni di responsabilità spettano alla giurisdizione ordinaria allorquando si verta in tema di danni arrecati alla società da parte degli amministratori o dei propri dipendenti. Sono invece assoggettate alla giurisdizione della Corte dei conti le azioni di responsabilità per danno erariale causato dagli amministratori o dai dipendenti delle società in house: si deve trattare però di un danno che sia diretto alla finanze pubbliche e non riguardi soltanto la società[27]: “costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione (art. 12, comma 2).

 

Ulteriore ambito attribuito alla giurisdizione del giudice ordinario è quello relativo alla gestione dei rapporti di lavoro del personale, non soltanto con riguardo alle fasi riguardanti il singolo rapporto – come avviene anche per le categorie di dipendenti pubblici contrattualizzati (artt. 2 e 63 del D. Lgs. n. 165 del 2001) –, ma anche in relazione alle procedure di assunzione, che in tale ambito sono espressamente attribuite al predetto plesso giurisdizionale (art. 19, comma 4, secondo periodo)[28].

 

Infine, va richiamata anche la previsione di cui all’art. 13, secondo la quale nelle società a controllo pubblico, indipendentemente dall’entità della partecipazione, ciascuna Amministrazione socia, può presentare al Tribunale denuncia di gravi irregolarità, derogando ai limiti minimi di partecipazione richiesti dall’art. 2409 cod. civ.[29].

 

 

(28 luglio 2017)

 



*Trascrizione, aggiornata e implementata, dell’intervento al Convegno, Il nuovo volto delle società pubbliche partecipate, fra tradizione ed innovazione. Dialoghi a margine della riforma Madia, tenutosi presso la Scuola Superiore Sant’Anna Pisa il 31 maggio 2017.

**Magistrato T.A.R. Lombardia, Milano.

[1] Sulle implicazioni di tale disposizione, H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, in Giorn. dir. amm., 2016, n. 6, 723-724; la società non muta la sua natura privatistica solo in ragione della qualità di socio di un ente pubblico, secondo Cass. civ., SS. UU., ord. 25 gennaio 2015, n. 1237.

[2] Evidenziano un duplice vincolo di ‘scopo’ o ‘funzionale’ e di ‘attività’ per le società a partecipazione pubblica, H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 725-726.

[3] Cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, Ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10; da ultimo, T.A.R. Liguria, II, 14 giugno 2017, n. 516.

[4] Cfr. Cass. civ., SS. UU., ord. 25 gennaio 2015, n. 1237.

[5] Si tratta di scelta ampiamente discrezionale, che va adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano, secondo Consiglio di Stato, V, 9 dicembre 2016, n. 5193.

[6] Per un esempio sull’onere di motivazione in sede di costituzione di una società in house, T.A.R. Lombardia, Milano, III, 3 ottobre 2016, n. 1781; per un ulteriore riferimento anche T.A.R. Valle d’Aosta, 20 febbraio 2017, n. 7.

[7] In tal senso, Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 638/2017 del 14 marzo 2017.

[8] In senso contrario, Cass. civ., SS. UU., 20 settembre 2013, n. 21588, richiamata da Consiglio di Stato, V, 24 aprile 2017, n. 1894; anche, Cass. civ., SS. UU., ord. 25 gennaio 2015, n. 1237.

[9] La giurisdizione del giudice amministrativo si riferisce certamente all’affidamento del servizio ad una società in house, secondo T.A.R. Lombardia, Milano, III, 3 ottobre 2016, n. 1781, che richiama Consiglio di Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22.

[10] Per un cenno, H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 731-732.

[11] Per un’applicazione della norma, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Bollettino n. 11 del 27 marzo 2017, 23 ss.

[12] A meno di non far rientrare anche tale ambito nello spettro applicativo dell’art. 133, comma 1, lett. l, del codice del processo amministrativo, in quanto la controversia ha ad oggetto un provvedimento dell’Autorità antitrust, seppure come atto di introduzione del giudizio e non come atto finale oggetto di impugnazione.

[13] In tal senso, Consiglio di Stato, V, 28 settembre 2016, n. 4140; tuttavia, in senso contrario, trattandosi di “scelta a valle” del modello societario, Consiglio di Stato, V, 24 aprile 2017, n. 1894.

[14] Distingue tra alienazione (a privati) e trasferimento (ad un altro soggetto pubblico) T.A.R. Lazio, Roma, III, 31 maggio 2017, n. 6417.

[15] Cfr., di recente, Cass. civ., SS. UU., 7 gennaio 2014, n. 62.

[16] Consiglio di Stato, V, 24 aprile 2017, n. 1894.

[17] A. Maltoni, Le società in house nel T.U. sulle partecipate pubbliche, in Urb. app., 2017, n. 1, 7 ss.

[18] H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 731; in giurisprudenza, T.A.R. Liguria, II, 14 giugno 2017, n. 516.

[19] Per un caso concreto, T.A.R. Valle d’Aosta, 20 febbraio 2017, n. 7.

[20] In argomento, M. Ceruti, È ammessa la procedura negoziata per la scelta del socio privato nelle società miste? L’attualità della comunicazione interpretativa della Commissione sui PPPI del 2008, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2017, n. 1, 247 ss.

[21] In tal senso, Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 638/2017 del 14 marzo 2017; M. Ceruti, È ammessa la procedura negoziata per la scelta del socio privato nelle società miste? L’attualità della comunicazione interpretativa della Commissione sui PPPI del 2008, cit., 260.

[22] Propende invece per una lettura restrittiva dell’esenzione, Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 638/2017 del 14 marzo 2017; in argomento anche H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 731.

[23] Cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Ad. plen., 28 giugno 2016, n. 13.

[24] In tal senso, T.A.R. Liguria, II, 14 giugno 2017, n. 516.

[25] Cfr. art. 2, legge 24 marzo 2012, n. 27, conversione, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1.

[26] Cass. civ., I, 7 febbraio 2017, n. 3196; Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 638/2017 del 14 marzo 2017.

[27] In tal senso, Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 638/2017 del 14 marzo 2017; critico su tale soluzione A. Maltoni, Le società in house nel T.U. sulle partecipate pubbliche, cit. 22-23.

[28] A. Maltoni, Le società in house nel T.U. sulle partecipate pubbliche, cit., 18 ss.; H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 724, 728; T.A.R. Liguria, II, 14 giugno 2017, n. 516; T.A.R. Toscana, I, 29 maggio 2017, n. 745.

[29] H. Bonura – G. Fonderico, Il Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, cit., 729-730.

 

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