Cercando un altro Egitto (a partire dalla regolazione) (di Salvatore Lanza)
Giovedì 14 settembre 2017 Giampaolo Cantini si è insediato in veste di nuovo ambasciatore italiano in Egitto, dopo oltre un anno dalla sua nomina avvenuta nel maggio del 2016 a seguito del ritiro del precedente ambasciatore Maurizio Massari, nominato poi Ambasciatore italiano presso l’Unione europea.
Il ritiro di Massari, deciso dall’allora Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, fu un atto di protesta del governo italiano nei confronti di quello egiziano per la scarsa collaborazione sul caso della morte di Giulio Regeni, in merito alla quale un recente articolo comparso sul New York Times ha sollevato nuovamente il tema delle responsabilità delle agenzie di sicurezza egiziane, gettando ombre anche sui vertici delle istituzioni [1].
Nonostante il congelamento dei rapporti diplomatici, gli interessi politici ed economici italiani in Egitto restano tuttavia molto forti[2]: con i circa 3 miliardi di Euro di esportazioni nel 2016, l’Italia è il principale partner commerciale europeo dell’Egitto e nel paese sono presenti 130 grandi aziende italiane, tra cui l’ENI che ha scoperto nell’agosto del 2015 il mega giacimento di gas Zohr.
Da quando il maresciallo Abdel Fattah al Sisi è stato eletto presidente dell’Egitto nel 2014 con il 97% dei voti, ha avuto inizio una dura repressione di tutte le forme di dissenso, favorita anche da un quadro legale che consente alla polizia di fare uso eccessivo della forza, come testimoniato dal rapporto di Amnesty International Egypt 2016/2017[3].A seguito degli attentati alle chiese copte di Tanta ed Alessandria, a partire da maggio 2017 è stato, inoltre, adottato lo stato di emergenza, che consente un ulteriore accentramento di poteri. Generalmente la stampa occidentale descrive la Repubblica Araba d’Egittocome una feroce dittatura militare alle prese con una consistente recessione economica ed un’inflazione a due cifre.
Lo scenario fin qui descritto è sufficientemente inquietante da non lasciare spazio ad alcun ottimismo circa le sorti del Paese. Ciononostante , come ogni realtà complessa, l’Egitto di al Sisi si presta ad essere interpretato anche attraverso chiavi di lettura alternative e complementari a quelle più note, ma non per questo meno preziose, soprattutto se si vuole alimentare con la volontà l‘ ottimismo altrimenti stroncato dalla ragione.
Il breve resoconto che segue è un piccolo esempio di una storia di successo, in controtendenza rispetto alla triste deriva dei rapporti tra sponda nord e sponda sud del Mediterraneo.
Nel 2015, dopo un travagliato iter parlamentare, è stata approvata dal Parlamento egiziano una legge di riforma (Electricity Law 87/2015), con l’intento di introdurre la concorrenza nel settore elettrico fino ad allora dominato da un monopolio pubblico. Certo, la combinazione di dittatura e concorrenza suona come un ossimoro, tuttavia ci sono fondati motivi per ritenere che l’esperimento possa produrre risultati interessanti.
In Italia, nel 1999, una legge analoga[4] ha avviato la trasformazione del settore elettrico, che è passato dal monopolio pubblicoad un sistema di mercato concorrenziale. Sono trascorsi circa 20 anni da allora ed il processo sembra essere giunto finalmente a pieno compimento: con la legge 4 agosto 2017 n. 124 (legge annuale per il mercato e la concorrenza) il Parlamento italiano ha previsto, a partire dal luglio 2019, il superamento del regime di tutela dei clienti domestici e delle piccole imprese[5], sancendo così il definitivo passaggio di tutti i clienti al regime di mercato. Dopo dodici anni da quando, nel luglio del 2007, tutti i clienti finali ottennero il diritto di scelta del fornitore, al “diritto” si aggiungerà anche l’“obbligo”.
Indubbiamente il contesto in cui si è sviluppato il processo di riforma del settore elettrico italiano è completamente differente da quello in cui dovrà svilupparsi quello egiziano. Ciò non impedisce, però, di utilizzare l’esperienza in tema di riforme di mercato maturata nel nostro Paese, e più in generale nell’Unione europea, per fornire supporto ad altri Paesi che, come l’Egitto, si avviano, pur tra mille contraddizioni, a modificare strutturalmente un settore critico per l’economia e la società. Partendo da questa constatazione, uno dei principali attori che dovrà guidare il processo di riforma del settore elettrico egiziano, l’autorità di regolazione elettrica egiziana EgyptERA, ha chiesto aiuto all’Unione europea, con l’intento di acquisire le conoscenze tecniche e le buone pratiche necessarie ad assolvere la missione affidatale dalla legge. La politica di vicinato dell’Unione prevede, infatti, strumenti di cooperazione internazionale grazie ai quali Pubbliche Amministrazioni degli Stati membri ed istituzioni omologhe degli Stati confinanti hanno l’opportunità di lavorare temporaneamente insieme per il raggiungimento di uno scopo comune. Uno di questi strumenti è il Progetto di Gemellaggio.
Nel giugno del 2013[6] le autorità di regolazione energetiche italiana e greca sono state selezionate per partecipare ad un Progetto di Gemellaggio mirato a rafforzare la capacità istituzionale dell’autorità di regolazione egiziana. A causa di difficoltà amministrative e del clima di tensione successivo ai disordini in Egitto, il Gemellaggio è entrato nella fase operativa solo nella primavera del 2016 e si è concluso nell’agosto del 2017. Le tre amministrazioni coinvolte hanno avuto circa 19 mesi per elaborare una strategia di attuazione della riforma di mercato prevista dalla legge e per definire le misure da intraprendere.
Seguendo l’approccio di cui tipicamente si servono le istituzioni europee, i tre regolatori hanno delineato un Pacchetto di Riforme di Mercato, basato sull’analisi di della situazione corrente, sulla scelta del modello obiettivo (il c.d. target model) e sulla valutazione dei possibili percorsi. Tenendo ben presente che in Europa i processi di riforma dei settori elettrici nazionali e la loro successiva integrazione in un mercato unico hanno richiesto circa un paio di decenni, i partner del Gemellaggio hanno suddiviso il processo di riforma in tre fasi, concentrandosi sulla definizione della prima.
È stato così individuato quale obiettivo intermedio (ovvero l’obiettivo della prima fase) la creazione di un mercato diviso in due segmenti, di cui uno organizzato in maniera monopolistica e l’altro in maniera concorrenziale. L’assegnazione dei clienti a ciascun segmento di mercato è stata fatta dipendere essenzialmente dalle loro caratteristiche dimensionali: i grandi clienti, connessi in alta tensione, sono stati assegnati al segmento concorrenziale mentre i medi e piccoli, connessi in media e bassa tensione, sono stati assegnati al segmento in monopolio. La fornitura di elettricità ai clienti vincolati (cioè quelli assegnati al segmento in monopolio) sarà garantita da un’impresa pubblica, di proprietà del gestore di rete di trasmissione, che comprerà energia dai produttori e la rivenderà ai distributori, in entrambi i casi applicando prezzi definiti dal regolatore. I clienti liberi, cioè quelli assegnati al segmento concorrenziale, potranno stipulare contratti di fornitura con rivenditori indipendenti, che a loro volta si forniranno attraverso la stipula di contratti bilaterali con i produttori.
Chi è a conoscenza della recente storia del settore elettrico italiano avrà sicuramente riconosciuto in questo schema le analogie con il sistema vigente in Italia nei primi anni della riforma, in particolare dall’entrata in vigore del decreto Bersani all’avvio della Borsa elettrica, avvenuto nell’aprile del 2004. La sostanziale differenza consiste, tuttavia, nel fatto che in Egitto quasi tutta la capacità di generazione è concentrata nelle mani dell’ex impresa verticalmente integrata, l’Egyptian Electricity Holding Company (EEHC). Fanno capo alla holding le sei maggiori compagnie di generazione elettrica del Paese e non è previsto, ad oggi, alcun piano di dismissione. Si ricorderà che, contrariamente alla legge egiziana, il decreto Bersani imponeva ad ENEL la dismissione di capacità di generazione ed un cap antitrust del 50% sull’energia prodotta ed importata in Italia. Per adempiere all’obbligo di legge, ENEL fu divisa in 4 GENCO (generation company), di cui 3 furono vendute, per un ammontare di circa 16 GW di capacità di generazione.
I tre regolatori hanno dovuto, pertanto, affrontare il dilemma di come mettere in concorrenza produttori che fanno capo allo stesso soggetto, per di più pubblico e quindi direttamente controllato dal potere politico. Va inoltre tenuto presente che, per espressa previsione di legge, i clienti liberi egiziani, fin dall’avvio della riforma, a differenza di quanto previsto a suo tempo per quelli italiani, non potranno godere della facoltà di rimanere nel mercato vincolato in attesa di ricevere offerte economicamente più convenienti dai fornitori del mercato libero. Appare evidente che l’obbligo di acquistare energia elettrica nel mercato libero rende più vulnerabili i clienti finali. Non è, infatti, accidentale che i clienti idonei italiani avessero la facoltà ma non l’obbligo di passare al mercato libero. Né è trascurabile il fatto che, abolito il mercato vincolato, in Italia sia stata introdotta la cosiddetta maggior tutela per i clienti domestici e le piccole e medie imprese, la cui recente abolizione avviene in condizioni di mercato ormai mature.
Prendendo ispirazione da misure applicate in Italia, Francia e Grecia , i regolatori hanno proposto di imporre all’incumbent la vendita di capacità di generazione virtuale (virtual power plant -VPP). Diversamente da quanto accade in caso di dismissione di capacità di generazione reale, con i VPP l’ex monopolista verticalmente integrato non perde la proprietà delle centrali, ma è tenuto a darle in affitto a soggetti terzi, che le gestiscono in maniera indipendente dal punto di vista economo. Il Pacchetto di Riforme di Mercato prevede che la vendita avvenga attraverso aste organizzate dal costituendo gestore del mercato, in conformità con le indicazioni fornite dal regolatore egiziano. Inoltre, a ciascuna GENCO saranno applicati principi di separazione amministrativa e contabile, in modo da mitigare, per quanto possibile, il fenomeno della sussidiazione incrociata tra clienti serviti in monopolio e clienti serviti in concorrenza.
L’attuazione delle misure qui brevemente descritte costituisce il prerequisito per dare avvio ad una forma embrionale di mercato, le cui regole verranno stabilite attraverso Orientamenti espressi dall’autorità di regolazione egiziana. Dal punto di vista giuridico, gli Orientamenti (o Linee Guida) sono sistemi di regole di alto livello che necessitano di essere integrati da metodologie e procedure di dettaglio proposte dagli stessi soggetti regolati. La Commissione Europea ha fatto recentemente largo uso di questo strumento proprio nel processo di completamento delle norme che regoleranno il mercato interno dell’elettricità[7].
Nel caso egiziano, la scelta di avvalersi di Orientamenti in luogo di atti prescrittivi esaustivi è stata dettata da un duplice motivo: da un lato l’incertezza e dinamicità del contesto egiziano richiedono l’uso di strumenti di regolazione flessibili; dall’altro la scrittura delle norme atte a disciplinare il funzionamento del mercato elettrico richiede la partecipazione diretta dei principali soggetti regolati onde tenere adeguatamente conto dell’elevato contenuto tecnico della materia da regolare.
A ben vedere, proprio l’adozione dell’approccio di regolazione partecipativa costituisce l’elemento innovativo e, in un certo senso, dirompente dell’attività condotta dai protagonisti del Gemellaggio.Inserire nell’autocrazia egiziana il germe della partecipazione allargata alla scrittura delle regole è un’operazione che riveste un valore simbolico sul piano politico anche più importante rispetto all’effettiva portata dell’intervento sul piano tecnico-economico.
Il Pacchetto di Riforme di Mercato prevede, inoltre, che i soggetti regolati mettano in consultazione le proposte di metodologie prima di presentarle al regolatore e che giustifichino le loro scelte rispetto alle indicazioni espresse dai soggetti consultati. L’entrata in vigore del Pacchetto è prevista per il giugno 2018, in concomitanza con l’attuazione della separazione proprietaria del gestore di rete di trasmissione egiziano (Egyptian Electricity Transmission Company - EETC) dalla holding (EEHC).
La Commissione Europea, in occasione della cerimonia di chiusura del Gemellaggio, ha manifestato il proprio favore a che l’azione di supporto al regolatore egiziano da parte dei regolatori europei continui anche nella fase successiva e altrettanto delicata di lancio del Pacchetto. A Bruxelles evidentemente non sfugge l’importanza che il processo di riforma del settore elettrico riveste in un Paese come l’Egitto, importanza accresciuta dall’impatto sociale che le misure previste potranno avere.
Il 6 luglio scorso il ministro dell’Energia Elettrica e delle Fonti Rinnovabili, Mohamed Shaker, ha annunciato il taglio dei sussidi al consumo di energia elettrica, prevedendo che essi siano completamente rimossi nell’arco di 5 anni[8]. Ciò comporterà un aumento della bolletta dal 18% fino al 42%, a seconda della classe di consumo[9]. Gli interventi sulle tariffe fanno però parte delle condizioni richieste dal Fondo Monetario Internazionale per aver concesso, nel novembre del 2016, un prestito di 12 miliardi di dollari all’Egitto per supportare un programma di riforme economiche[10].
La scelta operata dal governo egiziano di introdurre meccanismi di mercato nel settore elettrico è, quindi,in linea con le riforme strutturali in campo economico sostenute dal FMI per far fronte alla crisi fiscale in cui versa il Paese. La bolletta elettrica egiziana è fortemente sussidiata dal governo, che impone prezzi amministrati alla vendita dei combustibili utilizzati per produrre energia elettrica. Per l’anno fiscale 2016/2017 l’Egitto ha speso 64 miliardi di Lire egiziane (al cambio attuale circa 3 miliardi di Euro) per finanziare i sussidi al consumo di energia elettrica. Le società energetiche egiziane, tutte di proprietà pubblica, hanno così accumulato una consistente esposizione debitoria, divenuta non più sostenibile. L’inevitabile aumento dei prezzi dovuto al taglio dei sussidi potrà, in parte, essere mitigato dall’efficientamento dei processi lungo tutta la catena del valore.Tuttavia è verosimile che effetti apprezzabili sui costi si potranno scorgere solo nel medio-lungo periodo. Il regime rischia quindi di perdere consensi e l’instabilità sociale che potrebbe derivarne porterebbe a conseguenze imprevedibili. Da qui nasce, verosimilmente, l’esigenza di intraprendere un percorso di riforme cauto e possibilmente condiviso.
I Paesi della sponda nord del Mediterraneo hanno, dunque, tutto l’interesse a favorire il processo di riforma del settore elettrico egiziano, esportando strumenti regolatori affinati da una pratica ventennale. Tra le sfide con cui il neo Ambasciatore Cantini dovrà misurarsi va, pertanto, considerata anche quella di favorire la continuazione di un percorso virtuoso di cooperazione già avviato.
[1] Si veda in meritol’articolo di Declan Walsh, Why was an Italian graduate student tortured and murdered in Egypt?,comparsosu The New York Times Magazine il 15 agosto 2017.
[2] Si veda in merito l’articolo di EmanualeaScridel, Tutti gli affari dell’Italia con l’Egitto di al-Sisi, comparso su L’Espresso del 21 agosto 2017.
[3] Si veda la pagina web www.amnesty.org/en/countries/middle-east-and-north-africa/egypt/report-egypt/.
[4] Il decreto legislativo n. 79/99, noto anche come decreto Bersani, con cui è stata recepita la direttiva comunitaria 96/92.
[5]Attraverso l’abrogazione del comma 2 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 93/2011.
[6] Nel 2013 l’approvazione della legge sull’elettricità sembrava imminente, al punto da spingere l’autorità di regolazione egiziana ad avviare il progetto di cooperazione inter-istituzionale in anticipo rispetto all’avvio formale del processo di riforma.
[7]Si veda ad esempio il Regolamento 2015/1222.
[8] Si veda in proposito l’articolo comparso su EgyptToday (www.egypttoday.com).
[9] Si veda al riguardo l’articolo comparso su ESI Africa (www.esi-africa.com).
[10] Si veda in proposito merito la press release n° 16/501 del Fondo Monetario Internazionale (www.imf.org).