Un’autorità di regolazione per energia acqua e rifiuti? Appunti per uno studio (di Simone Lucattini)
Un’autorità di regolazione per energia acqua e rifiuti? Appunti per uno studio.
di Simone Lucattini
Le autorità indipendenti vanno assumendo un ruolo centrale anche nel governo dei servizi pubblici locali, e non più soltanto dei grandi servizi a rete (energia, telecomunicazioni). Nel 2012 è stata infatti istituita un’Autorità di regolazione dei trasporti e da più parti si auspica l’attribuzione all’Autorità per l’energia, il gas ed il sistema idrico di funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti. Ci aveva pensato lo schema di decreto legislativo sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (articolo 16), a ridenominare la “vecchia” Autorità per l’energia in Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), dotandola di nuove competenze in materia di rifiuti. Ma è intervenuta la Corte costituzionale ad annullare l’art. 19 della legge delega c.d. Madia (n. 124/2015) nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, prevedeva che il governo adottasse i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata Stato-regioni(sentenza n. 251 del 2016). Poi fu il referendum, la crisi di governo…
Vicende italiane.
Rimangono però validi i cardini del prefigurato sistema di regolazione: un’autorità indipendente, a livello nazionale, e gli enti di governo d’ambito, a livello locale. Un sistema - già sperimentato nel settore idrico - che si caratterizza, da un lato, per la presenza di un regolatore multisettoriale; dall’altro, per una governance policentrica e multilivello, con al centro, appunto, l’Autorità di regolazione.
Una Autorità, quale sarà il nome, che sembra collocarsi in una dimensione reticolare. “In alto”, l’Unione europea come insieme composito di reti di governance; più in basso, la rete territoriale degli ambiti ottimali e dei loro enti di governo; e giù giù, fino alle “cose da regolare”: le reti “strutturali” e “funzionali” dei servizi pubblici. Un simile groviglio di strutture - fisiche e organizzative - interconnesse sembra richiedere, per forza di cose, un sistema di regolazione scalare, articolato lungo un continuum regolatori locali (gli enti di governo d’ambito) - regolatore nazionale - regolatore europeo (ove esistente, come nel settore energetico, con ACER). A sua volta, un assetto così complesso pone esigenze di coordinamento e razionale allocazione dei poteri, affinché la regolazione divenga, per quanto possibile, un “progetto collaborativo” (T. Prosser, The Regulatory Enterprise, Oxford University Press, 2010), condiviso tra regolatori e organi di governo, locali e nazionali. Fine ultimo di questa architettura istituzionale dovrebbe essere un sistema in grado di rispondere al bisogno di certezza degli operatori economici che vogliono investire.
Gli operatori economici hanno oggi più che mai assoluto bisogno di un apparato dei pubblici poteri che agisca in sincronia con i meccanismi dell’economia; che costituisca, non un ostacolo o un freno, ma una “componente” del mercato, chiamata a produrre certezze: regole certe e stabili, un’azione amministrativa coerente e, quindi, certezza del diritto e tutela dell’affidamento. Affinché questa visione oggettiva - attenta cioè agli effetti del potere pubblico nei confronti dei propri destinatari - si affermi a pieno, appare però necessario, anche a livello metodologico, passare da un approccio statico ad uno dinamico, per concentrarsi più che sui soggetti - le istituzioni di governo dell’economia - sui concreti effetti del potere di regolazione complessivamente inteso. Una prospettiva oggettiva e pragmatica. In quest’ottica, uno studio sulla futura possibile Autorità delle reti e dei servizi (con competenze estese ai rifiuti) dovrebbe incentrarsi, prima ancora che sull’analisi dei variegati poteri di regulation e di enforcement del regolatore, sui rapporti - cooperativi e conflittuali - che quest’Autorità è destinata a intrecciare nello spazio regolatorio, nazionale e comunitario. Lungo un percorso che dischiude due prospettive: una, per così dire, “irenica”, volta a valorizzare l’esigenza di coordinamento, cooperazione, leale collaborazione tra poteri e istituzioni; un’altra irriducibilmente “polemica”, che invece guarda alla competizione tra istituzioni e ai suoi spesso negativi effetti. Prospettive, queste, tenute però assieme dai principi di certezza e tutela dell’affidamento, essenziali in settori fondamentali per lo sviluppo economico come i servizi pubblici, dove, per stimolare gli investimenti infrastrutturali, è necessario disporre di regole certe e stabili.
I conflitti che possono insorgere nello spazio regolatorio presidiato dall’Autorità sono di due tipi, verticali e orizzontali, e possono verificarsi a livello nazionale o in ambito comunitario; tali conflitti coinvolgono, a vario titolo, governo, regolatori europei, nazionali, e locali.
Conflitti verticali
Nell’ordinamento interno governo e regolatori si dispongono lungo una ideale “filiera della produzione delle regole”, che muove dall’indirizzo politico del governo - “in alto” - alla regolazione tecnica del regolatore, “al centro”, per poi svilupparsi fino a livello locale dove le regole e i criteri definiti dall’Autorità nazionale costituiscono una “cornice di regolazione economica” (così Corte Cost. n. 41/2013, in materia di trasporto pubblico locale) entro la quale operano i regolatori locali, ad esempio fissando le tariffe in applicazione del metodo tariffario definito dal regolatore centrale. Lungo questa metaforica “filiera” possono insorgere, appunto, conflitti verticali, tra soggetti collocati, cioè, in fasi “a monte” e “a valle” della filiera istituzionale. Per esempio, il funzionamento del meccanismo di determinazione della tariffa idrica o, in prospettiva, dei rifiuti potrebbe incepparsi per la condotta inerte o ostruttiva degli enti d’ambito; ragion per cui il regolatore nazionale è stato opportunamente dotato di un efficace potere sostitutivo (art. 10, comma 14, lett. d), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106) che consente di superare l’inerzia e/o il conflitto istituzionale, in funzione di certezza di regole e condizioni applicabili.
Conflitti di tipo verticale potrebbero insorgere anche ad un più elevato livello, nei rapporti tra governo e Autorità di regolazione; si tratta di conflitti di solito difficilmente risolvibili, in considerazione del rilievo delle rispettive sfere di autonomia e, in particolare, della forte indipendenza del regolatore, sancita peraltro dalla normativa nazionale ed europea. Già oggi, del resto, nel settore energetico si assiste, con una certa frequenza, all’adozione di atti d’indirizzo governativi invasivi delle attribuzioni del regolatore nella definizione della regola tecnica ed è prevedibile che simili dialettiche governo/autorità di regolazione possano svilupparsi, in maniera più o meno intensa, anche in altri settori (acqua e rifiuti).
Al di là del sempre problematico rapporto politica/regolazione tecnica, il punto che interessa qui evidenziare è che simili conflitti, interni alla pubblica amministrazione, molto spesso pregiudicano la certezza delle regole, essenziale per ogni razionale programmazione economica delle imprese. Anche senza giungere alla patologia di un contenzioso tra pubbliche amministrazione (Autorità energia vs. Ministero dello sviluppo economico: Tar Lazio, sez. III-ter, 2 maggio 2006, n. 3017, riformata da Cons.St., sez.VI, 28 marzo 2008, n. 1274), tali conflitti producono, quasi sempre, il negativo effetto di prolungare i tempi necessari per disporre di un quadro regolatorio certo e definito.
Conflitti orizzontali
Analoghe problematiche possono verificarsi anche come conseguenza di conflitti di tipo orizzontale, tra soggetti omogenei; ad esempio, tra Autorità di regolazione e altre autorità amministrative indipendenti, nazionali o appartenenti ad uno Stato membro. Nell’arena nazionale, finora, si è assistito a conflitti tra regolatori di settore (soprattutto l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e Autorità antitrust per la competenza a sanzionare le pratiche commerciali scorrette; actio finium regundorum, questa, che, come noto, ha dato vita a ben due pronunciamenti - nel 2012 (sentenze n. 11, 12,13, 14,15,16) e nel 2016 (sentenze n. 3 e 4) - dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, tuttavia, non sono riusciti a spengere i più o meno latenti conflitti, anche di carattere meramente interpretativo; come dimostra un recente caso in cui il giudice amministrativo ha annullato la sanzione irrogata dall’Autorità antitrust nei confronti di un gestore del servizio idrico per non aver “tenuto in alcuna considerazione il parere reso dall’AEEGSI” (Tar Lazio-Roma, sez. I, 10 maggio 2016, n. 5450). L’effetto della diversa interpretazione della fattispecie di riferimento data dal dominus della concorrenza e dal regolatore è, anche qui in ultimo, d’incertezza, in ordine alla liceità/illiceità di determinati comportamenti sul mercato.
Allargando la prospettiva a livello comunitario, altri conflitti tipicamente orizzontali sono quelli che possono svilupparsi tra i vari regolatori nazionali, in seno all’ACER (Agenzia per la cooperazione dei regolatori dell’energia), ad esempio nella redazione dei fondamentali codici di rete europei, come nel caso del primo codice di rete, il Capacity Allocation and Congestion Management. Nella creazione di tale corpus di regole si è difatti cercato di comporre, in seno ad ACER, una antinomia tra modelli economici differenti, sostenuti da differenti autorità nazionali, finendo però col dare vita ad una generale soluzione di compromesso. Con due effetti: il considerevole allungamento dei tempi necessari per la definizione di regole definitive e puntuali (il codice di rete alla fine è stato adottato nella forma “soft” di linee guida) e il possibile insorgere di successivi contrasti in fase applicativa, in grado di produrre un’incertezza ancor più lesiva dell’affidamento.
In conclusione, la realtà della regolazione, fatta anche di conflitti e disarmonie, ci porta ad affermare che un aggiornato studio sulla nuova possibile Autorità dovrebbe concentrarsi, non solo e non tanto sui poteri ad essa attribuiti, quanto piuttosto sulle conseguenze della violazione di principi-cardine dell’ordinamento economico, quali la certezza del diritto e la tutela dell’affidamento. In tale prospettiva, il coordinamento e la collaborazione (tra governo e Autorità; tra regolatori nazionali e locali) dovrebbero essere visti come garanzie per i privati e dunque tradursi in una pretesa (azionabile anche dinnanzi al giudice amministrativo e civile) alla sicurezza dei rapporti giuridici: la pretesa ad un comportamento amministrativo razionale, sinergico e armonico.
Un cambiamento di prospettiva (teorica) ad effetto pratico: dalle fredde geometrie della governance alla pulsante vita economica, dove più che alla raffinatezza delle architetture istituzionali ci si interessa agli effetti reali del potere; questi davvero, sì, percepiti, talora subiti, dai privati e comunque sempre condizionanti le decisioni imprenditoriali.
Al centro della scena va dunque collocato il cittadino-imprenditore-utente, e qui il discorso potrebbe portare lontano, ben oltre il tema della regolazione e fino al rapporto tra government (l’indirizzo politico, la politica in senso alto) e governance (la “neutrale” gestione del sistema); tra autorità e libertà, potere pubblico e individuo (illuminante al riguardo, A. Shlaes, L’uomo dimenticato. Una nuova storia della Grande Depressione, Feltrinelli, Milano, 2011).
Una “messa al centro” di chi vive-lavora-investe-utilizza (determinati servizi), mai scontata e anzi sempre più urgente in tempi di crisi economica (da quasi 10 anni …), inefficienza amministrativa (una costante costosa), riforme incerte (annullamento delega Madia), instabilità politica (ordalie referendarie/campagna elettorale permanente), politiche di sempre più corto respiro … alla ricerca del prossimo like. Problemi che, nella limitata prospettiva di questo breve scritto, convergono verso un unico interrogativo, forse modesto o non così angoscioso per chi immagina sofisticate strategie politiche o pensa alle “grandi” architetture amministrative euro-unitarie e alla neutrale governance del sistema (fondamentali, beninteso), ma non per chi lavora e investe in questi settori: quando arriverà il tanto atteso testo unico sui servizi pubblici locali?
(12 dicembre 2016)
*Le opinioni espresse sono a titolo personale e non impegnano l’Istituzione d’appartenenza: Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico