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ISSN 2532-8913

Se l’Unione fa la forza: un mercato unico digitale per abbattere i confini interni (di Francesco Laschi)

Se l’Unione fa la forza: un mercato unico digitale per abbattere i confini interni

di Francesco Laschi

 

 

La rivoluzione digitale è la nuova rivoluzione industriale. Molti storceranno il naso davanti a questa affermazione, ma prendere coscienza di tali cambiamenti costituisce la base per formare il nuovo mercato.

Come ogni rivoluzione il mercato viene distrutto e ricomposto da nuovi competitor, che utilizzano le nuove tecnologie in modo totalmente nuovo e spezzano, quindi, i legami con il passato. Chi resta indietro è perduto e, con un po’ di ritardo rispetto ad alcuni paesi guida nel settore, anche l’Europa sta riconoscendo l’importanza di uno sviluppo del settore digitale. Il commissario per l’economia e le società digitali della Commissione Juncker, Günther H. Oettinger, si è espresso in questi termini sull’argomento: “Stiamo andando verso economie e società digitali. La prosperità futura dipenderà in larga misura da come avremo affrontato questa transizione. L’Europa dispone di punti di forza su cui far leva, ma deve ancora lavorare molto, in particolare per assicurarsi che le industrie si adeguino e i cittadini sfruttino appieno il potenziale dei nuovi servizi e beni digitali. Dobbiamo prepararci per una società moderna e presenteremo proposte che sapranno trovare un equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli dell’industria” (conferenza stampa di presentazione del Mercato Unico Digitale, 6 maggio 2015). La prosperità del sistema-mercato Europa dipenderà, dunque, anche dal modo in cui verranno affrontate queste nuove sfide. Gli strumenti ci sono, e certo non mancano valide idee; carente è stato invece, fin qui, l’impegno e l’appoggio delle istituzioni.

Il nuovo progetto della Commissione Europea mira a lanciare un Mercato Unico Digitale Europeo, incentrato su libertà di circolazione digitale, commercio transfrontaliero on line, totale utilizzo dei servizi in rete e digitalizzati. Tale ambizioso obiettivo trae linfa dall’elevato utilizzo della rete (in Europa più di 300 milioni di fruitori) e intende cambiare i, finora sconfortanti, dati sul commercio on line transfrontaliero: soltanto il 4% dei flussi del mercato digitale passa, infatti, al di là delle frontiere, mentre il 54% arriva dagli USA e il restante 42% è interno al paese di provenienza (dati basati sullo studio di 28 paesi membri UE- elaborazione a cura della Commissione Europea, maggio 2015, reperibili su https://ec.europa.eu/digital-single-market/digital-single-market). Sembra assurdo vista la potenzialità del mondo digitale, che permette l’abbattimento dei confini in modo facile e rapido. Come è possibile allora abbattere le barriere interne alla Comunità Europea per liberalizzare e dare spinta al nuovo mercato?

Una Single Market Strategy

Il 6 maggio 2015 è stato presentato il piano sul Mercato Unico Digitale Europeo, con l’impegno di attuarlo entro la fine del 2016. Tale piano di azione, che potremmo definire il manifesto europeo per la crescita digitale, si basa su 3 Pilastri, suddivisi a loro volta in 16 punti, indicanti gli obiettivi da raggiungere. Elenchiamoli velocemente prima di andare a commentare i più interessanti:

Primo pilastro: Migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese

1. introdurre norme intese ad agevolare il commercio elettronico transfrontaliero;

2. garantire un’attuazione più rapida ed omogenea delle norme di protezione dei consumatori, mediante la revisione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori;

3. assicurare servizi di consegna dei pacchi più efficienti e a prezzi accessibili;

4. eliminare il blocco geografico ingiustificato;

5. individuare potenziali problemi relativi alla concorrenza che possano incidere sui mercati europei del commercio elettronico;

6. aggiornare la legislazione sul diritto d’autore, rendendola più moderna ed europea;

7. rivedere la direttiva sulla trasmissione via satellite e via cavo, per verificare se il suo ambito di applicazione debba essere esteso alle trasmissioni radiotelevisive online e per esaminare come aumentare l’accesso transfrontaliero ai servizi radiotelevisivi in Europa;

8. ridurre gli oneri amministrativi che derivano alle imprese dai diversi regimi IVA.

Questi dai tengono conto dell’esigenza di espandere e creare un mercato unico, superando l’attuale stallo: soltanto il 15% dei consumatori acquistano on line in un paese diverso dal proprio; soltanto il 7% delle piccole- medie imprese che si spingono, grazie all’e-commerce, oltre i confini nazionali. Le misure sono quindi volte ad agevolare la formazione del mercato comune, creando un contesto con contrattualistica e tutela del consumatore uniformi. Per prima cosa dovranno pertanto essere abbattuti i c.d. blocchi geografici; spesso, per strategia commerciale, i produttori di App, musica, ebook, scelgono di confinare la vendita all’interno di uno specifico paese, discriminando chi vuole accedere da altri luoghi o praticando prezzi diversi per lo stesso bene in base alla locazione dell’acquirente. Eliminare queste barriere significherebbe aprire davvero il mercato unico a tutti i paesi membri, accelerando il processo di diffusione dei beni e degli investimenti.

Per quanto riguarda l’IVA, il progetto prevede una soglia massima di applicazione comune per sostenere le start up ed avvantaggiare chi vende al di là della frontiera nel commercio dei beni materiali. Secondo la stessa Commissione, i vantaggi per il consumatore sarebbero immediati; infatti, potendo beneficiare di un’offerta in un mercato unitario on line, si avrebbero risparmi per circa 11,7 miliardi di €uro. Considerando poi che le PMI che offrono on line i loro prodotti hanno dei costi medi aggiuntivi di 9 mila €uro per adattarsi alle differenti normative nazionali, l’UE ha stimato che l’abbattimento di tali costi farebbe crescere del 50% l’e-commerce transfrontaliero. Si pensi che solamente i costi derivanti dalle varie normative sull’IVA aumentano le spese a carico dell’azienda di 5 mila €. Ciò dimostra quanto sia oneroso e anacronistico un sistema di mercato digitale su base nazionale. Peraltro, i cambiamenti suggeriti dalla Commissione potrebbero favorire i nuovi mercati in ascesa, come quelli legati alla diffusione di audio-visivi in streaming. È infatti opinione condivisa che il settore, data la forte crescita, deve trovare il modo di abbattere le barriere che gli si frappongono, in primis quelle riguardanti il diritto d’autore.                   

Secondo pilastro: Creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi

9. presentare un’ambiziosa revisione della regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni;

10. riesaminare il quadro dei media audiovisivi per adeguarlo al XXI secolo, mettendo in rilievo il ruolo dei diversi operatori del mercato nella promozione delle opere europee (emittenti televisive, fornitori di servizi audiovisivi a richiesta, ecc.);

11. effettuare un’analisi dettagliata del ruolo delle piattaforme online (motori di ricerca, social media, app store, ecc.) nel mercato;

12. rafforzare la fiducia nei servizi digitali e la sicurezza degli stessi, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati personali;

13. proporre un partenariato con l’industria sulla sicurezza informatica nell’ambito delle tecnologie e delle soluzioni per la sicurezza delle reti.

Il secondo pilastro è dedicato, al di là dei più minuti aspetti tecnici, alla gestione della concorrenza e della trasparenza delle aziende operanti on line, oltre che alla generalizzazione dell’accesso alla banda larga. A proposito dello spettro della banda larga, un adeguamento e unificazione di tariffe e potenza porterebbe un incremento del prodotto interno lordo UE tra lo 0,11% e lo 0,16% in soli 5 anni, riducendo di conseguenza i costi dei servizi di connessione. Rifacendosi sempre ai dati forniti dalla stessa Unione, dai quali traspare che soltanto il 22,5% dei cittadini europei è in possesso di un abbonamento alla connessione veloce, si intuisce, piuttosto facilmente, come una riforma delle telecomunicazioni risulti essenziale per la crescita digitale.

I punti relativi a trasparenza, concorrenza e audiovisivi hanno invece portato la Commissione a promuovere un vero e proprio rilancio della creatività in Europa. Di maggio infatti è la proposta di richiedere ai produttori di show tv, film e intrattenimento distribuiti on line (come ad esempio Amazon e Netflix) di produrre almeno un quinto dei propri prodotti all’interno del territorio europeo.

Infine, il trattamento dei dati personali e la sicurezza informatica, ai punti 12 e 13, hanno valore non soltanto in un’ottica di tutela del consumatore ma anche nella misura in cui possono rappresentare barriere alla fruizione. Si consideri, in proposito, che il 72% dei web-nauti europei si lamenta dei troppi dati richiesti durante la navigazione.

Terzo pilastro: Massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale

14. proporre un’iniziativa europea per il libero flusso dei dati, per promuoverne la libera circolazione nell’Unione europea;

15. individuare le priorità per l’elaborazione di norme e l’interoperabilità in settori fondamentali per il mercato unico digitale, quali la sanità elettronica, la pianificazione dei trasporti o l’energia;

16. promuovere una società digitale inclusiva in cui i cittadini dispongano delle competenze necessarie per sfruttare le opportunità offerte da Internet e aumentare le possibilità di trovare un lavoro.

L’ultimo pilastro mira a far crescere il “paese-Europa” attraverso i nuovi strumenti a disposizione e la massimizzazione delle utilità da essi ricavabile. Perciò è necessario un corretto utilizzo e archiviazione dei mega-dati attraverso il cloud computing, con un risparmio complessivo per le aziende stimato in 425 miliardi di €uro. In sostanza, le barriere poste alla circolazione dei dati vanno abbattute, in virtù anche del fatto che è quasi un assurdo permettere la libera circolazione dei beni fisici e ostacolare, invece, quella dei servizi telematici.

Punto assai interessante è quello che ruota attorno all’acquisizione di competenze informatiche da parte dei cittadini per consentire il corretto e consapevole utilizzo dei sistemi oggi a disposizione. Il mondo di internet spesso destabilizza e spaventa l’utente, soprattutto quello in età più avanzata , spesso inerme davanti all’enorme mole di dati disponibili e alla frequenza delle frodi in rete. Le istituzioni, nazionali e sovranazionali, hanno oggi il dovere di includere il cittadino nel mondo digitale attraverso una continua ed efficace formazione, altrimenti una gran fetta della popolazione sarà travolta dalla rivoluzione, senza fruire per lo più dei benefici che essa può produrre. In un futuro, molto più prossimo di quanto si immagini, il 90% delle professioni richiederà competenze digitali ed è quindi quantomai allarmante il dato che evidenzia come, attualmente, l’alfabetizzazione digitale riguardi solo il 53% dei cittadini dell’Unione Europea. Sarà bene, quindi, giovarsi delle best practices, provenienti anche dal mondo privato, che hanno avuto successo nel “digitalizzare” i propri clienti; pensiamo ad esempio ad una nota azienda del campo informatico che ha introdotto, all’interno dei propri store, figure professionali addette alla formazione della clientela.

Conclusioni e panorama italiano     

L’Europa necessitava da tempo di un piano strategico, anche per mettersi al passo dei propri competitor. Paesi come gli USA o la Cina, di estensione territoriale e popolazione ben più estesa, possono contare su sistemi on line unitari che, oltre che semplicità di utilizzo, consentono una forte spinta a crescita e circolazione di idee. John Phelan, della Beuc (Bureau Européen des Unions de Consommateurs, l’Organizzazione dei consumatori europei), ha utilizzato una immagine a mio avviso molto calzante per indicare quello che un mercato digitale frammentato può voler dire: “Ora è come avere 28 diverse serrature sulla porta di un mercato unico digitale, una per ogni Paese dell’UE. Si tratta di un problema di lunga data. È necessario che l’Unione europea utilizzi questa strategia come trampolino di lancio per dimostrare il coraggio politico e normativo per superare gli interessi commerciali che oggi frenano l’accesso per i consumatori europei a tutti i contenuti digitali”.

Coraggio è quello di cui ha bisogno in questo momento l’Europa, perché il coraggio chiama altro coraggio, da cui nascono poi idee “intrepide”, rivoluzionarie. La ricerca Future of Europe di Frost & Sullivan (2015) ha evidenziato come l’Europa possa diventare un mercato fertile e dinamico dal punto di vista digitale. Secondo questa ricerca nei prossimi dieci anni il mercato del vecchio continente subirà una re-industrializzazione verso fabbriche intelligenti, una crescita della presenza di smart city (fino ad arrivare al secondo posto per città smart) e lo sviluppo di una nuova “economia della condivisione”, per un indotto di 18 miliardi di Dollari. Lo scenario sembra fantascientifico di fronte ai dati odierni che rilevano il 75% di industrie tradizionali con soltanto l’1,7% di integrazione tra sistemi digitali e catena di valore. La nuova strategy da invece il via, inizialmente attraverso la spinta al commercio e all’utilizzo di metodi di pagamento innovativi, ad un’ipotetica industria 4.0, smart, accessibile e senza barriere territoriali.

L’Italia attualmente è fanalino di coda per quanto riguarda la digitalizzazione, in 25esima posizione per digitalizzazione in Europa (Digital Economy and Society Index 2016). Il gap con i paesi concorrenti è enorme, specie se si pensa che l’Italia occupa addirittura l’ultimo posto per utilizzo di internet e il penultimo per connettività secondo il DESI 2016. Ciononostante, il nostro paese ha solo da guadagnare dalle qui descritte politiche europee. Per due motivi: in primo luogo, come detto, l’Italia, trovandosi agli ultimi posti per digitalizzazione, potrà inizialmente andare a rimorchio degli stati più avanzati, migliorando così sicuramente la propria (drammatica) situazione di partenza; inoltre, il piano europeo è rivolto soprattutto allo sviluppo, sul web extra nazionale, delle PMI e, l’Italia, essendo un paese caratterizzato dalla forte presenza di piccole imprese (pensiamo al settore manifatturiero), potrà quindi trarre significativi vantaggi dallo sviluppo del mercato digitale europeo.

Ora, con l’uscita del piano, vero e proprio manifesto della digitalizzazione europea, il nostro governo dovrà applicarsi per seguirne la roadmap e preparare il paese allo (già ormai decollato) sconvolgimento digitale, creando crescita economica e culturale.

Concludiamo dicendo che, solo portando i cittadini a pensare in modo digital friendly, si potranno creare le condizioni favorevoli alla crescita economica e alla proliferazione di idee innovative… Think digital to survive the revolution!

 

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