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ISSN 2532-8913

Il mercato elettrico europeo e il dilemma del banditore (di Salvatore Lanza)

È noto al grande pubblico che la vendita all’asta costituisce una pratica commerciale ampiamente diffusa nelle moderne economie. Non è difficile scoprire che questa modalità di organizzare gli scambi e allocare risorse risale all’antichità: nella Roma imperiale, ad esempio, si organizzavano vendite all’asta di schiavi. I cultori della materia studiano da tempo questo strumento, principalmente per capire gli effetti delle differenti regole di aggiudicazione sul comportamento dei partecipanti e sui proventi generati dalla vendita.

Premi Nobel come Roger Myerson hanno dedicato parte del loro impegno scientifico a scoprire i segreti che si celano dietro le procedure, solo apparentemente semplici, di vendita all’incanto. Gli appassionati del genere, infine, si divertono a comprare e vendere gli oggetti più disparati, frequentando, a seconda delle possibilità, le grandi case d’asta (una per tutte: Sotheby’s) o i più modesti siti di aste on line. Esiste una ricca letteratura in merito, in grado di soddisfare tutte le curiosità, o quasi.

 

Non è altrettanto noto, invece, che in Europa da alcuni anni si sta costruendo uno dei più complessi meccanismi d’asta al mondo, utilizzato per scambiare uno dei beni simbolo della modernità: l’energia elettrica.

Questo meccanismo è già in funzione in 19 Paesi dell’Unione (tra cui l’Italia) ed in tempi relativamente brevi sarà esteso, non solo ai rimanenti Stati membri (esclusi Malta e Cipro), ma anche ai confinanti (la Norvegia è già dentro, la Svizzera è tenuta fuori a causa di mancati accordi politici con la Commissione Europea, i Paesi balcanici sono candidati ad essere ammessi tra i partecipanti).

Cosa rende possibile vendere all’asta l’energia elettrica, al pari di un quadro di Van Gogh, di un appartamento ipotecato o di uno smartphone usato?

Come per tutti i fenomeni complessi, le spiegazioni sono ipotetiche e le cause necessariamente molteplici. Tuttavia non si va lontano dal vero se, istintivamente, si risponde: la tecnologia informatica.

Da qualche anno[1], ogni giorno si tiene una sessione d’asta in cui le offerte di acquisto e di vendita dell’energia elettrica provenienti da operatori dislocati nei vari paesi europei (dal Portogallo alla Finlandia, per intenderci) sono inviate “in busta chiusa” ad un banditore[2] che ne verifica la compatibilità e fissa il prezzo dell’energia per ciascuna ora del giorno successivo. Ovviamente, se il banditore si avvalesse esclusivamente delle capacità umane, questa operazione sarebbe impossibile da realizzare, data la complessità computazionale del problema da risolvere. Innanzitutto la “busta” con cui sono inviate le offerte è telematica e ciò rende praticamente contestuale l’invio e la ricezione. Ma, ovviamente, la tecnologia non si limita a consentire lo scambio di una mole considerevole di dati: fondamentalmente ne consente l’elaborazione.  

Il banditore, nel nostro caso, si avvale di un algoritmo, cioè una procedura di calcolo che compara innumerevoli soluzioni possibili per trovare la migliore nel tempo assegnato. A questa procedura è stato dato un nome dal sapore involontariamente ironico, Euphemia[3] , ed un compito non banale: trovare, in soli 10 minuti, i prezzi orari di tutti i mercati elettrici europei in modo tale da generare il maggior benessere[4] possibile per i partecipanti.

A quanto pare, il mercato elettrico, per poter funzionare, non ha bisogno (non ce ne voglia il buon Adam Smith) di una mano invisibile, ma di un “cervello elettronico”. L’aspetto più interessante, almeno a parere di chi scrive, è che questo cervello artificiale ha anch’esso capacità limitate, proprio come il cervello naturale di chi lo ha progettato. Il problema che il nostro banditore si trova ad affrontare ricorda vagamente quello del giocatore di scacchi: per trovare la soluzione ottima (nel caso degli scacchi, la sequenza di mosse che porta con certezza a fare scacco matto), l’algoritmo dovrebbe confrontare tutte le possibili soluzioni e calcolare per ciascuna di esse il valore del benessere complessivo, in modo da scegliere quella che lo rende massimo. Riguardo al gioco degli scacchi, si sa che una soluzione esiste, ma nessuno (uomo o macchina) è riuscito fino ad oggi a calcolarla, a causa del numero elevatissimo di possibili combinazioni di mosse e contromosse. Analogamente, il banditore, nella sua partita quotidiana con i partecipanti al mercato elettrico, si trova a dover confrontare combinazioni di offerte in numero così elevato che, a detta degli esperti, occorrerebbe disporre  di tutti i 14 miliardi di anni di vita dell’Universo per trovare, con  certezza, la soluzione migliore in assoluto. Stando così le cose, nessuno potrà biasimare Euphemia, o meglio i suoi ideatori, per la “rinuncia all’assoluto” ed il “ripiego sul relativo”: viene scelta la migliore soluzione tra quelle trovate nei 10 minuti a disposizione.   

Fin qui la questione non sembrerebbe di particolare interesse: tutti noi siamo abituati a fare i conti con i limiti della tecnologia di cui disponiamo, fiduciosi che tali limiti siano progressivamente spostati in avanti.

La difficoltà del problema che il banditore del mercato elettrico europeo si trova ad affrontare dipende però, tra le altre cose, dal modo in cui i partecipanti al mercato formulano le loro offerte di acquisto e di vendita. Per farla breve, più libertà si dà ai partecipanti di formulare offerte fantasiose, maggiore è il numero di combinazioni da esplorare e quindi maggiore lo sforzo che dovrà fare l’algoritmo per trovare una soluzione. Onde evitare che la complessità diventi ingovernabile e che la procedura si inceppi, è necessario porre dei limiti alla fantasia degli operatori. In definitiva, ciascun operatore che formula un’offerta sottoposta a condizione[5] impegna una parte della capacità di calcolo dell’algoritmo; quando questa capacità si satura, la macchina va in tilt e non viene più trovata una soluzione al mercato.

Da quanto detto discende che la possibilità di funzionamento di un mercato reale (quello europeo dell’elettricità) dipende dalla capacità che ha il banditore di calcolare la soluzione di mercato. Sembrerebbe emergere una nuova causa di fallimento di mercato: l’impossibilità di calcolare la soluzione, pur sapendo che questa esiste.

A ben vedere questa nuova causa di fallimento di mercato è riconducibile a quelle note in letteratura. Ciò che metaforicamente chiamiamo capacità di calcolo del banditore è, essa stessa, un bene economico. Entro certi limiti, il bene si presenta non rivale al consumo: il banditore può ammettere a partecipare al mercato un certo numero di operatori e consentire loro di formulare un certo numero di offerte “difficili” da processare, senza che ciò comprometta il risultato, ovvero il calcolo dei prezzi di mercato e la determinazione dello stato delle offerte[6]. Superata tale soglia, il banditore è esposto al il rischio che la capacità di calcolo si saturi e che si verifichi quindi una congestione. Ci troviamo dunque in presenza di un bene classificabile come club[7]. A differenza dei beni comuni, i beni club non sono protagonisti di alcuna “tragedia”: sono escludibili ed è pertanto possibile fissare un prezzo che ne consenta il razionamento.

A quanto pare, però, nel caso di specie non si è ancora riusciti a misurare la capacità di calcolo complessiva del banditore, né a valutare l’impatto che l’aggiunta di un ulteriore partecipante (o di un’ulteriore offerta) ha sulla probabilità che il banditore continui a fornire il risultato. Ciò ha impedito di allocare la capacità di calcolo del banditore attraverso meccanismi di mercato ed ha consentito di utilizzare solo incerti criteri di razionamento basati sull’ordine di prenotazione[8].  

Ciò che l’esperienza concreta del mercato elettrico europeo sembra mostrarci è che il problema dell’allocazione di risorse scarse può presentare un aspetto ricorsivo: per allocare una risorsa scarsa occorre risolvere un problema matematico; per risolvere un problema matematico occorre disporre di capacità di calcolo; la capacità di calcolo è essa stessa una risorsa finita e quindi suscettibile di diventare scarsa; se il problema matematico è molto complesso la capacità di calcolo diventa effettivamente scarsa e quindi economicamente rilevante; in quanto risorsa scarsa la capacità di calcolo va allocata, ma per allocare una risorsa scarsa occorre risolvere un problema matematico …

Per quanto riguarda gli effetti che questo fenomeno ha, in concreto, sullo sviluppo del mercato unico in Europa, va tenuto presente che la cosiddetta funzione di banditore si configura come monopolio naturale: due o più banditori che allocano lo stesso bene non solo sono ridondanti, ma generano anche una gran confusione. Si sa che dove c’è monopolio là c’è, o ci dovrebbe essere, anche la regolazione. Pertanto dovrebbe spettare al regolatore risolvere il dilemma del banditore, stabilendo i criteri con cui allocare la capacità di calcolo.

Nell’Unione Europea, però, di regolatori energetici ce ne sono 28, 26[9] dei quali cooperano per regolare il mercato interno dell’energia. Il regolamento europeo che ha istituito la funzione di banditore ha anche attribuito ai regolatori nazionali il compito di stabilire le modalità con cui tale funzione dovrà essere organizzata e svolta[10], prevedendo però che l’approvazione di tali regole avvenga all’unanimità.

A rendere ancora più complesso il problema interviene il fatto che il regolamento consente che la funzione di banditore sia svolta congiuntamente da una molteplicità di soggetti, ciascuno dei quali è nominato da uno o più Stati membri.

Pertanto due funzioni, quella di banditore e quella di regolatore, che idealmente sono appannaggio di singole entità, nel variegato panorama dell’Unione Europea sono svolte da entità collettive, una delle quali – il regolatore – si confronta peraltro con una regola di voto scarsamente efficace (l’unanimità, appunto) che rischia di incepparne il funzionamento.

In conclusione, la governance progettata dalla Commissione per il mercato elettrico europeo, nonché la stessa microstruttura del  mercato, non appaiono ad oggi sufficientemente robuste.

Quale è la morale della favola che abbiamo provato a raccontare? Forse che laddove il politico e l’economista non riescono a fornire una soluzione efficace ai problemi di rispettiva competenza finiscono per chiedere al matematico la quadratura del cerchio. Non sempre però la quadratura riesce …   

 (28 febbraio 2017)

 


[1] Per quanto riguarda l’Italia, l’ingresso nel mercato elettrico sovranazionale data febbraio 2015.

[2] Nella terminologia del Regolamento EC 2015/1222, il banditore è chiamato Market Coupling Operator.

[3] Acronimo che sta per: Pan-European Hybrid Electricity Market Integration Algorithm.

[4] Il welfare, in questo caso, è misurato come differenza tra quanto sono disposti a pagare gli acquirenti e quanto sono disposti a ricevere i venditori.

[5] Un esempio di offerta condizionata è: o la quantità offerta è accettata integralmente oppure l’offerta è ritirata (cioè, non si è disposti a vendere quantità parziali).

[6] Lo stato di un’offerta può essere: “accettata” oppure “rifiutata”.

[7] Il concetto di bene club è stato introdotto nella letteratura economica da Buchanan (An Economic Theory of Clubs, Economica, New Series, Vol. 32, No. 125 (Feb., 1965), pp. 1-14). In breve, secondo l’autore la nota dicotomia tra beni pubblici e beni privati non è sufficiente a rappresentare l’intera gamma di beni economici. Tra i due estremi si collocano, infatti, altre due categorie intermedie: i beni comuni ed i beni club. Questi ultimi, sono escludibili come i beni privati (si può impedirne la fruizione a chi non paga per acquistarli ) ma sono anche non rivali (l’ingresso di un ulteriore fruitore non  riduce la fruizione da parte dei precedenti, almeno fino al sopraggiungere della congestione), proprio come i beni pubblici.

[8] Ha priorità nell’utilizzo delle offerte complesse chi per primo ne ha fatto richiesta.

[9] Cipro e Malta, si ricorderà, sono esclusi.

[10]Vedi articoli 7 e 9 del Regolamento 2015/1222.

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