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ISSN 2532-8913

EMERGENZA CLASSE DIRIGENTE

“Il deperimento delle nostre élite è generale. Niente e nessuno si è salvato dal lento processo di decomposizione. Non la politica. Né le grandi burocrazie pubbliche. Ma neppure magistrati, manager pubblici e privati, professori. Non ha risparmiato il sindacato, la finanza, i professionisti di ogni ordine e grado. Né poteva risparmiare la stampa e l’informazione. 
Comincia quando scuola e università smettono di essere non soltanto il fondamento dello sviluppo sociale, ma anche la base per la formazione delle classi dirigenti. Prosegue con i partiti ridotti spesso a propaggini di comitati d’affari. Con i politici sempre più concentrati sul proprio interesse personale anziché su quello della collettività. Con l’ignoranza che dilaga, perché essere preparati conta meno che essere furbi. Con il trionfo del conflitto d’interessi. Con i privilegi che allagano gli strati sociali più elevati e le corporazioni più potenti, trasformandoci nel paese delle caste. Con la corruzione tollerata come forma endemica di una società febbricitante. Con l’affermazione di una gerontocrazia narcisista e autoreferenziale, per questo incapace di trasmettere il potere se non ai mediocri. Con la mancanza di prospettive per i giovani migliori, che scappano all’estero perché qui fanno carriera solo le schiappe. Con la speculazione edilizia e il disastro dell’ambiente. Con la burocrazia asservita alla politica e al tempo stesso arrogante. Con la morte delle grandi scuole di classe dirigente, dall’Iri alla Banca d’Italia. Con gli imprenditori che fanno strada grazia alle relazioni, anziché alle idee. Con le privatizzazioni sbagliate, che hanno trasferito le rendite di posizione dallo stato ai salotti. 
Ma soprattutto con la fine del sogno. Eravamo un paese che aveva fame di crescere: adesso siamo la Repubblica dei brocchi”. 
 
Sintesi impietosa e agghiacciante, quella di Sergio Rizzo (La Repubblica dei brocchi, Milano, Feltrinelli, 2016, p.12), dello stato in cui versa una classe dirigente già in passato definita “riluttante” (C. Galli, I riluttanti, Bari-Roma, Laterza, 2012), dallo “sguardo corto” (L. Ornaghi - V.E. Parsi, Lo sguardo corto, Bari-Roma, Laterza, 2001), e da ultimo “implosa” (C. Carboni, L’implosione delle élite, Soveria Mannelli, Rubettino, 2016).  
 
Qualcuno ha ancora il coraggio di affermare che in Italia non c’è un’emergenza classe dirigente? Solo i folli o i sognatori possono pretendere di cambiare le cose? O è ormai la forza della necessità a imporre un cambiamento. Per non affondare, tutti insieme, i “brocchi”, per dirla con Rizzo, e l’Italia che “sa fare” (descritta da A. Giunta - S. Rossi, Che cosa sa fare l’Italia, Bari-Roma, Laterza, 2017).   
 
Di seguito trovate raccolti i contributi pubblicati da Il Merito. Pratica per lo sviluppo su alcuni aspetti di quello che, in tempi di crescita economica stentata ed elezioni politiche (più o meno) imminenti, pare assurgere a vero “problema dei problemi”: la selezione della classe dirigente. Ma ne riparleremo, magari in occasione del prossimo convegno della Rivista.    
 

Il merito nell’Università: nord e sud a confronto (di Irene Polito)

Prosegue il ciclo delle interviste proposte da  “Il Merito. Pratica per lo sviluppo”.

Questa volta il tema  è l’Università e, in particolare, l’esperienza accademica di due Professori, entrambi Ordinari di Diritto Amministrativo, in due diverse Università, Napoli e Milano.

Seguendo lo stile del noto format dell’“intervista doppia”, ho proposto le stesse domande al Professor Ferdinando Pinto, Ordinario di Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, e al Professor Luca Bertonazzi, Ordinario di Diritto Amministrativo presso l’Università Statale di Milano.

Entrambi i Professori, che ringrazio per l’entusiasmo e la disponibilità, ci hanno raccontato i loro percorsi ed esperienze, offrendoci non pochi spunti di riflessione.

Lei è un professore universitario, ci racconti della sua formazione e della sua carriera 

Ferdinando Pinto

F.P.: Ho avuto la fortuna di formarmi alla Facoltà di Giurisprudenza di Firenze dove in quel momento c’era forse il top del diritto pubblico italiano: Paolo Barile, Giuliano Amato, Franco Bassanini, Francesco D’Onofrio, Enzo Cheli, Roberto Zaccaria. Quindi, un grandissimo caposcuola moderno e intelligente, il futuro Presidente del Consiglio, il futuro Ministro della funzione pubblica, il futuro Ministro dell’ Istruzione, il presidente della RAI e quello dell’Autorità per le comunicazioni Quando lavori con questa gente qui tutto diviene più facile e gli stimoli continui. E’ stata davvero bellissima l’esperienza con alcuni di loro che ho seguito poi anche dopo il loro trasferimento a Roma. Chiariamo: ero a Firenze non perché ero un cervello in fuga, ma solo perché allora soffrivo pene d’amore. Mi volevo allontanare dalla mia città. Ho avuto fortuna

 Luca Bertonazzi

L.B.: La mia carriera universitaria, fino ad oggi, si è svolta interamente nell’ambito dell’Università degli Studi di Milano. Amo intensamente l’attività didattica e di ricerca, cui mi dedico con passione. Sono grato al mio Maestro, prof. Villata, per gli insegnamenti ricevuti in un arco di tempo quasi ventennale.

E’ di qualche giorno fa l’emanazione del decreto recante criteri e parametri per la valutazione degli aspiranti professori. Ritiene che tali criteri e parametri siano adatti a selezionare i migliori?

F.P.: Non lo so. Le regole rigide mi fanno sempre un po’ paura. Ho un’idea diversa sulla selezione dei più bravi, come in realtà di qualsiasi altra cosa debba essere selezionata dalla pubblica amministrazione (a cominciare dagli appalti). La regola è la trasparenza, piena ed assoluta, di tutti e soprattutto il rapido e semplice accesso. Se ci fosse un sito dove mettere tutte la procedure selettive, tutti i giudizi ... e tutte le parentele …, forse si farebbero meno porcherie e si selezionerebbero davvero i più bravi. E’ paradossale che in una società in cui se ti compri un libro su Amazon o un orologio su e-bay ti offrono subito altre 1000 proposte di acquisto non esista un “allert” per chi vuole conoscere cosa sta succedendo nel mondo universitario. In questo dovrebbe impegnarsi il Ministero, e non a scrivere norme spesso astruse. Faccio peraltro notare che il sistema universitario è già in crisi da tempo negli USA, ossia nel Paese che ha dato ispirazione ad alcune nostre recenti riforme.

I veri padroni del sistema sono infatti diventati i grandi gruppi editoriali (in Italia saranno le piccole congreghe delle riviste) che governano le pubblicazioni. Questo a tacere del mercato delle citazioni e dei controllori degli articoli. Così non andiamo da nessuna parte … non solo in Italia dove l’Università continua comunque ad essere un’eccellenza rispetto a quello che vedo all’estero

L.B.: I contenuti del decreto non mi appassionano: decisivi, allo scopo di selezionare i migliori, sono fattori schiettamente culturali. Pochi tratti di penna non sono certo in grado di propiziare svolte virtuose

Cosa consiglia, alla luce della sua esperienza, ad un giovane che voglia intraprendere la carriera universitaria? Ci si può basare sul proprio merito?

F.P.: Assolutamente si. Ho visto tanti “cretini” sistemarsi ed essere gratificati, ma non ho visto mai, e dico mai, uno bravo restare a piedi. Il punto non è laurearsi in Scienze delle Comunicazioni, per fare un esempio, ma laurearsi in quella Facoltà e non saper almeno l’inglese alla perfezione. Mio fratello è laureato in Lettere e Filosofia e ha fatto una brillantissima carriera in una azienda pubblica dove è entrato per concorso. A proposito di concorsi, ho fatto parte della commissione di quello per la magistratura e posso assicurare tutti che lì le raccomandazioni non funzionano. Basta solo il merito e un pò di fortuna. Ma questa è la vita L.B.: Consiglio di dedicarsi in via esclusiva o largamente prevalente allo studio, di cimentarsi gradualmente con l’attività didattica, dentro e fuori l’Università, di allenare lo spirito di sacrificio e di servizio, di scommettere sul proprio impegno e sulle proprie qualità, di collaborare con docenti che hanno l’intelligenza di favorire tutto ciò. Le strade in salita nascondono insospettabili traguardi: e se anche si frapponessero ostacoli invalicabili, il bagaglio umano e di cognizioni ben potrebbe essere, fruttuosamente, trasferito in altri ambiti professionali. Tutto ciò – osservo con grande franchezza – a dispetto dello scarseggiare delle risorse e di un panorama accademico in via di progressivo deterioramento

La legge di stabilità per il 2016 ha istituito il “fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta”, come canale di reclutamento d’eccellenza aperto anche a studiosi stranieri. Cosa ne pensa? E’ un canale che davvero può premiare il merito o crea soltanto più incertezza in un materia delicata quale il reclutamento dei professori?

F.P.: Sicuramente sì, ma, come ho detto, solo se accompagnato dalla massima trasparenza delle scelte che si faranno  L.B.: Dovrebbe trattarsi di un canale di reclutamento per le c.d. scienze dure. In ogni caso gli strumenti sono quasi sempre neutri: decisivo è l’uso che se ne fa, a sua volta condizionato da fattori schiettamente culturali

Quale è il valore che le interessa di più in un giovane laureando?

F.P.: L’intelligenza … ma questa come diceva Don Abbondio “è come il coraggio: o ce l’hai o non ce l’hai”. Maradona palleggiava con un’ arancia … io non lo so fare … che rabbia! L.B.: Passione per lo studio, voglia di far bene ed anzi di puntare sempre al meglio pur nella sana consapevolezza dei propri limiti, lealtà nei rapporti interpersonali.

Ravvisa differenze di approccio e formazione tra i giovani che vengono a studiare a Milano dal Sud e quelli del Nord ?

F.P.: Al Nord c’è minore rassegnazione…la differenza è tutta lì! Al Sud i giovani sono forse più svegli perché per loro si applica la storia della gazzella che al mattino si alza presto per scappare dal leone. Il punto che al Sud abbiamo sempre più spesso questa voglia di farci mangiare … perché “Anto’ fa caldo … perchè mi devo mettere a correre?” L.B.: Nessuna particolare differenza.

Le classifiche Censis ed Anvur fotografano un Paese “spaccato in due” anche per quanto riguarda l’Università: le “migliori” al nord e le “peggiori” al sud. Lei crede sia uno scenario realistico?

F.P.: Le classifiche sono sempre inquietanti e la mia facoltà a Napoli figura tra le peggiori … ma allora come mai i primi tre classificati - tutti e tre! - all’ultimo concorso in magistratura vengono da lì? Saranno mica le stesse classifiche che dicono che il miglior caffè d’Italia si beve a Verona (!) o che nella mia città, a Sorrento, esistono tre ristoranti con stelle Michelin, ma al primo posto c’è uno che vende (con tutto il rispetto) il kebab?

Quando ho fatto il Sindaco sono riuscito ad ottenere per il mio mare una bella bandiera azzurra. Mi ero studiato benissimo il questionario e avevo detto qualche (innocente) bugia o, come dicono le donne (a seguire una nota canzone), qualche mezza verità …

L.B.: Si tratta, purtroppo, di fotografie della realtà.

(27 luglio 2016)

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